“Esiste solo un bene: la conoscenza. E un solo male: l’ignoranza”. Parola di Socrate. Ma lo sanno bene anche all’Università di Udine che ha organizzato, in collaborazione con la Fondazione Crup, il festival Conoscenza in Festa, in programma fino a domenica 5 luglio 2015. Un vero e proprio G20 dei rettori, in cui venti “Magnifici” delle principali università italiane si confrontano con filosofi, studiosi, giornalisti, politici e manager dell’imprenditoria culturale.
Argomento clou dell’evento – che debutta quest’anno e si candida a essere un osservatorio privilegiato e permanente sui nuovi percorsi formativi di eccellenza di scuola, università e impresa – è il trasferimento del sapere declinato in tutte le sue forme: piazze, strade e logge del centro storico della città friulana, ribattezzate ad hoc, si trasformano infatti in arene in cui il processo di comunicazione e di condivisione della conoscenza è protagonista assoluto.
“L’obiettivo di Conoscenza in Festa” precisa Alberto Felice De Toni, rettore dell’Università di Udine “è produrre un documento da consegnare alla politica e alla società dal titolo Dire, Fare e Cambiare: proposte per l’Università e il Paese”. Non è un caso, quindi, che un occhio di riguardo sia stato prestato proprio alle start up. In particolare se ne è occupato il fisico Alessandro Garofalo nella sua lectio Leonardo Da Vinci, il primo startupper – uno degli appuntamenti più rilevanti di venerdì 3 luglio, giorno di apertura del festival –, durante la quale lo studioso ha spiegato come diventare acceleratori di innovazione. “Si parla di Leonardo soprattutto per quello che ha fatto come pittore o costruttore di macchine, ma la sua genialità si ritrova soprattutto nel suo metodo di lavoro – precisa Garofalo – ed è proprio questo che va tramandato ai giovani”.
Come innovare più velocemente, dunque, attraverso sette punti individuati studiando l’operato di Leonardo: curiosità, dimostrazione, sensazione, sfumature, arte e scienza, multisensorialità e capacita di connessione. “I giovani devono capire l’importanza di essere curiosi e di saper prendere appunti: i taccuini di Leonardo Da Vinci, in questo senso, sono stati una fonte inestimabile di sapere – continua Garofalo –. Poi è fondamentale impegnarsi sempre a dimostrare le proprie scoperte, verificando ciò che si dice e in cui si crede. Un mezzo utilissimo, in questo senso, è la multisensorialità, cioè l’abituarsi a lavorare con le percezioni incrociate sostenendo il tema della sinestesia, un disturbo neurofisiologico (per esempio, associare un odore a un colore) che può diventare ricchezza per la creatività”.
Attenzione, inoltre, alle sfumature. “La creatività è al confine tra il caos e l’ordine: le idee, come sosteneva Leonardo, nascono dove c’è ambiguità. Nel mondo complesso di oggi, infatti, si crea nelle periferie, non nel centro. E, rimanendo nel tema della creazione, un prodotto della scienza contiene sempre un che di arte e viceversa, perché entrambi nascono dal corto circuito tra la parte razionale e la parte irrazionale, tra logicità e illogicità. Insomma, frequentare bellezza aiuta ad apprendere”.
Dulcis in fundo, la capacità di connessione: “Leonardo pensava sempre a cosa fosse prioritario e a cosa, invece, potesse tralasciare: più che il proprio tempo, un genio deve saper gestire le proprie energie”. Poi è vero, sostiene il fisico, che in pratica l’intuizione conta solamente al 10 per cento del progetto di startup, mentre il restante 90 dipende dall’impegno che viene investito per valutare costi, tempi, mercati, per fare prototipi e poi per realizzare il tutto. “Sono tantissimi, per esempio, i giovani che lavorano con ottimi risultati sul digitale, ma ad avere successo sarà uno solo. Io sono un fan del digitale, perché ritengo sia l’unica strada per innovare i nostri mercati, ma sostengo il digitale a bordo prodotto, non quello fine a se stesso: portiamo il digitale anche nel prodotto manifatturiero, però manteniamo la qualità della manifattura”.
E L’Italia, in termini di start up, come è messa? “L’incubatore per eccellenza in Italia è l’H-Farm di Riccardo Donadon: la qualità delle startup italiani è dove c’è il suo braccio e quello dei suoi uomini – conclude Garofalo–. Però bisogna riconoscere che l’età media degli startupper nostrani è più alta di quella degli americani: ciò significa che si riscontra una maggiore voglia di libertà da parte dell’adulto piuttosto che una volontà di partire all’avventura da parte di un giovane”. Insomma, vi sono più 40enni che vogliono cambiare vita.