Google Wallet in aiuto degli editori
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Google Wallet in aiuto degli editori

La grande G modifica il suo borsellino elettronico per permettere alle testate online di offrire articoli a pagamento in modo semplice e immediato. Basterà per modificare le abitudini degli utenti e condurli verso il modello del pay-per-read?

Pagare per leggere le notizie e i contenuti sul Web ? Se ne parla da tempo ma con risultati non sempre convincenti. Prova ne è il fatto che – a parte qualche caso isolato - sia il modello ad abbonamento che quello “a consumo” non si siano ancora imposti all'attenzione dell'utente medio.

Gli esperimenti condotti finora, va detto, si sono scontrati con un problema non indifferente, quello dei micro-pagamenti. Lo sa bene chi in questi anni si è trovato di fronte al cosiddetto paywall, lo "sbarramento" imposto dagli editori per accedere alla lettura di contenuti premium: nuovo software da installare, richieste di dati confidenziali (carta di credito), interfacce di navigazione complicate. Il tutto per ricevere articoli in molti casi non soddisfacenti, o comunque poco pertinenti rispetto alle ricerche. Insomma, tutto si può dire fuorché i lettori siano stati invogliati a comprare l’informazione sul Web.

Per risolvere il problema, Google ha pensato a una nuova versione del suo borsellino elettronico – Google Wallet – arricchita da tutta una serie di accorgimenti pensati proprio per l’acquisto dei contenuti online.

Google Wallet, spiega in questa anticipazione Cnet, consentirà agli utenti di comprare singoli articoli a un prezzo medio compreso fra i 25 e i 99 centesimi in modo estremamente semplice: basterà in pratica disporre di un account Google Wallet per effettuare la transazione in un clic (pigiando su un pulsante Web come quello che vedete qui sotto).

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Una volta acquistati, i contenuti saranno a tutti gli effetti di proprietà del lettore. Che, qualora non fosse soddisfatto, avrà comunque la facoltà di recedere facendosi rimborsare per intero la somma sborsata (purché ne faccia richiesta entro i primi 30 minuti dall’acquisto).

Quanto agli editori, potranno fornire anteprime più o meno sostanziose degli articoli piuttosto che oscurare parzialmente le porzioni di pagina in modo da dare ai lettori un’idea ben precisa su ciò che si apprestano ad acquistare. I banner pubblicitari, in ogni caso, saranno sempre visibili, in modo da garantire una fonte di profitto indipendente dall’acquisto degli articoli da parte dei lettori.

Fin qui la novità. Ora resta da capire quale sarà l’impatto della nuova soluzione di Google sul mondo dell’editoria online. Per il momento hanno già aderito al nuovo sistema di pagamento sia la Pearson che la Oxford University Press (mettendo a catalogo circa 80.000 titoli a pagamento della loro biblioteca), nonché alcune testate online (GigaOm e Motley Fool, fra le più rinomate). Pare chiaro, però, che affinché il processo possa evolvere con successo occorrerà un’intesa su larga scala fra gli editori. L’impressione è che fintantoché gli utenti potranno scegliere fra articoli a pagamento e articoli gratuiti, questi ultimi saranno di gran lunga i preferiti.

Ma il nodo più difficile da sciogliere resta quello della cultura all’acquisto. In una scena che per vent’anni ha vissuto sul concetto del tutto-gratis, imporre il passaggio verso un modello pay-per-read (paghi per quello che leggi) viene visto ancora come qualcosa di anomalo, se non addirittura oltraggioso.

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Roberto Catania

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