Elementary – La versione US del nuovo Sherlock Holmes

Elementary – La versione US del nuovo Sherlock Holmes

La CBS ha da poco mandato in onda la premiére del suo nuovo show, Elementary. Di cosa si tratta? Elementare, miei cari lettori (chiedo scusa): parliamo di una nuova versione delle avventure del personaggio creato dalla penna di Sir. …Leggi tutto

La CBS ha da poco mandato in onda la premiére del suo nuovo show, Elementary. Di cosa si tratta? Elementare, miei cari lettori (chiedo scusa): parliamo di una nuova versione delle avventure del personaggio creato dalla penna di Sir. Arthur Conan Doyle, ovvero Sherlock Holmes. Nuova versione non solo perché è datata 2012, ma anche perché il tutto è ambientato ai giorni nostri. Sherlock Holmes ai giorni nostri. Uhm… Fatemi pensare: ma cosa mi ricorda? Ah, già. Mi ricorda Sherlock Holmes ai giorni nostri! Eh sì, come molti di voi sapranno, Elementary è la risposta della CBS a un mossa giocata dalla BBC ormai due anni fa intitolata semplicemente Sherlock. Grazie a quel fenomeno che è Steven Moffat (tra le altre cose: il nuovo Doctor Who e Jekyll, una versione odierna di  Lo Strano Caso del Dottor Jekyll e del Signor Hyde), abbiamo visto fino ad ora due bellissime stagione composte da tre (lunghi) episodi che ci hanno fatto scoprire un nuovo Sherlock Holmes (uno straordinariamente alieno Benedict Cumberbatch), un nuovo Watson (l’imbattibile Martin Freeman, colui che interpreterà Bilbo Beggins nella prossima trilogia dedicata a Lo Hobbit), un nuovo Moriarty (Andrew Scott. Una grande scoperta), ma soprattutto una nuova e intelligente rilettura dei classici scritti di Conan Doyle. Il fascino dello Sherlock inglese è quello di saper riprendere e giocare con i riferimenti originali, tentando quindi creare un forte collegamento con quello che è il giochino iniziale, ovvero spostare Sherlock e il suo mondo nel futuro, aggiornando però il tutto in maniera plausibile. Certo, Sherlock inglese non è esente da difetti: il rischio è che una certa postmodernità figlia delle cose più turpi del decennio scorso riesca a prendere il sopravvento, ma il risultato è più che buono. Tant’è che, come quasi sempre accade, una volta che gli Stati Uniti hanno detto: “Anche noi!”, in molti hanno messo le mani avanti dicendo: “Eh, no! Quello inglese è più bello!”

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Ok, una cosa è chiara: agli americani piace vincere facile. Non ci vuole certo un indovino per capire che Elementary è scritto per approfittare del fatto che Sherlock in Inghilterra (e in giro per il mondo: è stato venduto ovunque) è stato un successo, ma è anche vero che gli americani sono bravi a fare queste cose. Guardate The Office. E “guardate The Office” lo scrive uno che quando ha saputo che esisteva una versione a stelle e strisce del capolavoro di Ricky Gervais aveva giurato di non guardarla neanche dipinta. Poi, fortunatamente, mi sono ricreduto. Perché il trucco è quello di riciclare l’idea iniziale per poi tentare di trovare una propria via. Per ora abbiamo solo visto il pilota di questo Elementary, ma qualche dato importante sembra essere già venuto a galla. In superficie abbiamo le analogie più evidenti: Ci si posta i giorni nostri e Sherlock (il britannico Jonny Lee Miller) è un rompipalle petulante che usa in continuazione device tecnologici. Facile, no? In seconda battuta però si nota qualche sforzo per smarcarsi dall’ingombrante paragone.

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Ma Watson! Ti trovo in formissima!

Primo dato evidente: Watson è interpretato da Lucy Liu, che è un po’ diverso che avere Martin Freeman in ciabatte che vi gira per l’appartamento in ciabatte. Soprattutto se a quanto pare Sherlock non è, come letteratura vorrebbe, impassibile al fascino della gnocca. Sì, la versione inglese è forse un po’ più coraggiosa nell’insistere – neanche tanto velatamente – a un latente omosessualità tra i due investigatori, ma il fatto di far presagire un’evidente love story potrebbe non essere male. Altro dato importante è quello di aver rinunciato ai colti riferimenti ai testi originali. Se Moffat in Inghilterra si impegna per tentare di aggiornare Il Mastino dei Baskerville, il creatore di ElementaryRobert Doherty ha deciso di ripartire da zero: Sherlock Holmes è inglese, ma adesso risiede e lavora come consulente per la polizia di New York e i casi che gli vengono proposti non sembrano avere collegamenti con quelli classici. Questo permette alla serie di muoversi da sola, di far sparire ogni dubbio sulla sua “filiazione” e seguire la propria strada.

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Poi decidete voi...

Questa scelta è però un’arma a doppio taglio. La domanda infatti è: cosa definisce un personaggio come Sherlock Holmes? Il rischio di Elementary è quello di trasformarsi in una “normale” serie gialla con un protagonista molto intelligente, incredibilmente deduttivo e un po’ antipatico. Lo Sherlock inglese, pur con i suoi (accettabilissimi) difetti, è decisamente più rispettoso e in linea con lo spirito del personaggio originale. Questa nuova versione statunitense rischia di essere un po’ vacua. Divertente, su questo non c’è dubbio, ma un po’ inutile.

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Federico Bernocchi

Federico Bernocchi è un giovane di 35 anni. Conduce la trasmissione televisiva Cloud su Coming Soon TV, scrive per Rivista Studio, Wired e Vogue. Sacrifica la sua vita sociale e le sue ore di sonno guardando insistentemente film e serie televisive.

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