Educazione caucasica

«È gente stupidissima», ribatté lui. «Ci credete che non sono capaci di far nulla e che sono refrattari a qualsiasi educazione? Per lo meno i nostri kabardini o ceceni, sebbene siano dei briganti e degli straccioni, in compenso sono delle …Leggi tutto

«È gente stupidissima», ribatté lui. «Ci credete che non sono capaci di far nulla e che sono refrattari a qualsiasi educazione? Per lo meno i nostri kabardini o ceceni, sebbene siano dei briganti e degli straccioni, in compenso sono delle teste disperate, mentre questi non hanno nessuna propensione nemmeno per le armi: non vedrete mai un pugnale decente addosso a nessuno di loro. Sono davvero degli osseti!».

Michail Lermontov, Un eroe dei nostri tempi.

Quanto tempo è passato da Beslan? Nove anni, nove anni oggi. Non se ne parla più, mi pare (pensavo a quella strage, che parve sul momento indelebile, qualche giorno fa); non se ne è mai parlato granché, più precisamente. In Russia, dove pure una simile brutalità avrebbe potuto fungere da potente veicolo di propaganda e di mobilitazione, si è gettata molta sabbia su quella storia, che racconta di troppe inefficienze e complicità (il fatto che quel fato feroce sia capitato ai figli di un popolo caucasico semisconosciuto, e più affine ai propri aguzzini ceceni che ai dominatori russi, di certo ha facilitato il tutto); in Occidente, dopo l’inevitabile emozione del momento, qualcuno ha dimenticato, qualcun altro ha provato persino a invertire le responsabilità, che così come sono nella realtà storica stonano con la vulgata ondivaga ma sostanzialmente russofoba degli ultimi decenni.

Si parla invece, e molto, di etica e di morale; ci sono comportamenti inumani, si dice (e fin qui siamo d’accordo; non saremmo umani se non compissimo disumanità), ed è moralmente inaccettabile che restino impuniti. Altri ribattono che l’etica è anche e soprattutto coerenza, e che chi ha compiuto ben di peggio, e chi copre e favorisce alleati che compiono ben di peggio, non ha titoli per cianciare di morale*.

È che etica e morale sono fattispecie difficili da definire, giacché si trovano ben di rado in natura. Allora vorrei partire da Beslan, per parlare di etica: vorrei parlare di quei guerriglieri ceceni e di quei militanti di altri luoghi e nazioni che hanno pianificato e compiuto la strage di Beslan, che sono partiti dai loro nascondigli decisi a violentare le ragazzine e uccidere i bambini, e l’hanno fatto; sono riusciti a farlo non perché fossero bestie o perché non avessero coscienza, ma perché erano verosimilmente convinti che fosse giusto farlo. Anche questa è un’etica; un’etica nera, certo, il rovescio di quella che andiamo cercando – essendo esseri umani – e che – essendo esseri umani – ci pare di non raggiungere mai.

Di certo non è giusto uccidere in piena consapevolezza duecento bambini. Ma non è giusto neanche ucciderne venti o due, magari contando che quelle morti servano a qualcosa e che siano giustificate da qualcosa. Questa, in estrema sintesi, è l’etica: non fare del male un mezzo per nessun bene. Sul male non si costruisce.

Sarebbe contraddittorio, allora, che io chiudessi questo testo sostenendo che i morti di Beslan servono a qualcosa, o che la loro memoria può essere utile a questo o quest’altro. La memoria non serve a nulla, temo, e la storia non è maestra di vita; non nel senso che dai fatti storici giungano lezioni percorribili, perlomeno. L’unica lezione che dà la storia, ed è fondamentale, è questa: che ci dice cosa sono gli esseri umani e come si comportano, e di cosa siamo capaci tutti. La storia è la chimica degli esseri umani, in un certo senso: ci definisce e in parte ci spiega. E i morti bambini di Beslan, di cui non siamo responsabili (lo sono soltanto i loro assassini), devono pesarci, perché quegli stupidissimi osseti sono comunque i nostri morti; e dovrebbero indurci a muoverci meno leggeri e meno illusi, ma in direzione – questo sì – di un’etica umana, che se non esiste come punto d’arrivo esiste certamente come direzione e come volontà.

Ed è la volontà di non lasciare soli i nostri morti.

 

 

* Queste sono considerazioni generali. Ma non vorrei fare del benaltrismo; sia chiaro che nella questione siriana contingente gli Stati Uniti e “l’Occidente” hanno torto marcio, e Russia e alleati una parte di ragione.

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Tommaso Giancarli

Nato nel 1980, originario di Arcevia, nelle Marche, ho studiato Scienze  Politiche e Storia dell'Europa a Roma. Mi sono occupato di Adriatico e  Balcani nell'età moderna. Storia e scrittura costituiscono le mie  passioni e le mie costanti: sono autore di "Storie al margine. Il XVII  secolo tra l'Adriatico e i Balcani" (Roma, 2009). Attualmente sono di  passaggio in Romagna.

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