Shazam, ecco perché vuole quotarsi in borsa
Economia

Shazam, ecco perché vuole quotarsi in borsa

Possibile un'ipo da 1 miliardo di dollari per una app famosissima e che non ha ancora espresso tutto il suo potenziale

All’inizio era una specie di prodigio, un effetto speciale per lasciare a bocca aperta gli amici che ancora non lo conoscevano. Puntavamo il cellulare verso una sorgente sonora e in pochi secondi ecco apparire sullo schermo il titolo della canzone in ascolto e sul loro viso un’espressione di sincera incredulità. In fretta, con la progressiva diffusione degli smartphone (e dei tablet), Shazam è diventata una app insostituibile e di uso quotidiano. È una delle più scaricate su iTunes negli Stati Uniti, è disponibile in 200 Paesi per tutte le piattaforme mobili, Windows 8 e BlackBerry incluse, a febbraio dichiarava 300 milioni di utenti che crescono al ritmo di 2 milioni a settimana e, complessivamente, taggano – cioè identificano – 10 milioni di brani al giorno.

Il prossimo passo potrebbe essere un’ipo da 1 miliardo di dollari. E che la società con sede a Londra stia seriamente valutando questo passo non è una speculazione, ma una certezza: è scritto all’interno di un comunicato stampa ufficiale in cui si annuncia l’arrivo del nuovo Ceo, Rich Riley, ex vicepresidente di Yahoo! e che sarà di Shazam il braccio operativo. Nel testo si legge che il suo predecessore, Andrew Fisher, figura chiave della compagnia, si incaricherà proprio delle strategie aziendali tra cui una quotazione in borsa definita «ambiziosa» e dunque esplicitamente citata. Fisher, peraltro, lavorerà da New York, il che lascia supporre che il listino scelto potrebbe essere quello di Wall Street, lo stesso di Facebook e di altri big del settore.

Come il celebre social network, anche Shazam ha una straordinaria capacità di attrarre utenti e di renderli fedeli e assidui, però le analogie si fermano qui. È vero che il servizio per telefonini ha già un modello di business avviato (guadagna tramite le canzoni che, una volta avvenuto il riconoscimento, decidiamo di acquistare passando dalla app stessa) e ha generato ricavi complessivi per 300 milioni di dollari, ma rispetto alla creatura di Mark Zuckerberg deve anrcora esprimere buona parte del suo potenziale.

Da poco ha infatti iniziato a sperimentare un’estensione dell’offerta in ambito televisivo in pochissimi Paesi. Funziona così: il nostro dispositivo mobile riconosce che programma stiamo guardando dall’audio che la tv emette e ci mostra sullo schermo tutta una serie di informazioni utili. Biografie degli attori, curiosità o dettagli sulla trama se si tratta di un film, statistiche delle squadre e degli atleti in caso di sport e così via. Utile, interessante, ma non in grado di generare profitti. Proprio per questo motivo Shazam vuole andare oltre e proporre tutta una serie di offerte che creano un filo rosso tra contenuto ed e-commerce o tra contenuto e pubblicità.

Due esempi: oltre a leggere la biografia dell’attore, potrò comprare il vestito che sta indossando in quel momento. Se nell’intervallo di una partita sul campo viene mostrata un’automobile, interagendo con il telefonino è possibile provare a vincerne una oppure prenotarsi per una prova in un concessionario vicino casa. Eccola qui la forza di Shazam, il grande potenziale traslato dalla musica alla televisione: parlare a un pubblico estremamente targettizzato e attivo. Che grazie a un incentivo o spinto da un interesse autentico decide di prendere confidenza con un prodotto fino ad acquistarlo.

Se Facebook e Google ci propongono inserzioni in tema con il contenuto delle nostre mail, dei siti che visitiamo, dei nostri «mi piace», Shazam tenterà di riscrivere le dinamiche della pubblicità in tv. Che ha un bisogno forte di rinnovarsi, di andare oltre il semplice spot, visto che con l'on demand, la pay-per-view e affini non mancano le tentazioni e gli strumenti per saltare a piè pari i classici annunci da 30 secondi.

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Insomma, l’ipo di Shazam poggia su una promessa per il futuro, non è un semplice tirare le somme viste le incoraggianti performance del passato. È una sfida interessante figlia di una spinta in avanti. E Wall Street ha dimostrato di saper essere molto generosa con chi abbina a buone basi il coraggio di osare.    

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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