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Economia

Mifid 2: cosa cambia per gli investimenti

Più trasparenza su costi e conflitto di interesse. I risparmiatori potranno scegliere anche la consulenza indipendente pagata a parcella

Oggi, 3 gennaio, entra in vigore la Mifid 2, la direttiva europea, recepita nell’ordinamento italiano la scorsa estate, che ha come obiettivo lo sviluppo di un mercato unico dei servizi finanziari in Europa, nel quale siano assicurate la trasparenza e la protezione degli investitori. È una data storica per la vendita ai risparmiatori di strumenti finanziari quali azioni, obbligazioni, fondi comuni, Etf, fondi pensione, polizze a contenuto finanziario (unit linked) e derivati.

Due le princiali novità introdotte per i risparmiatori, a due anni dalle regole del bail-in che prevedono la partecipazione di azionisti e creditori al salvataggio di un istituto in crisi: più trasparenza sui costi e la possibilità di scegliere il servizio di consulenza finanziaria indipendente. I risparmiatori, quindi, avranno maggiori garanzie e più strumenti informativi per capire che tipo di prodotti stanno comprando e, soprattutto, quante e quali spese dovranno sostenere. 

L'iter legislativo

Sono passati quattro anni dall’adozione del Parlamento europeo, nell'aprile 2014, che fissava il termine ultimo per l’entrata in vigore al 3 gennaio 2017 nei paesi membri della Ue, poi ulteriormente prorogato di un anno. Da oggi sono operative le modifiche al Testo unico della finanza (TUF), che regolamenta il settore, introdotte con il decreto legislativo che ha attuato la direttiva, approvato dal governo a fine luglio ed entrato in vigore il 26 agosto con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

La consulenza indipendente

La direttiva introduce l'importante distinzione tra consulenza finanziaria indipendente e consulenza non indipendente, quest'ultima offerta oggi dalle banche e dai network di consulenti finanziari (ex promotori finanziari): la prima prende in considerazione tutti i prodotti disponibili sul mercato - non solo quelli della banca e delle case terze con cui un istituto ha stretto accordi commerciali - e si paga tramite una parcella (fee only). La consulenza non indipendente, invece, è remunerata con le retrocessioni delle commissioni dei prodotti collocati e prende in considerazione una gamma più ristretta di prodotti.

Costi più trasparenti

Le banche non potranno più nascondere alcune voci di costo, come le fee di performance, cioè la percentuale di guadagni che rimaneva al gestore, che fino ad oggi finivano nel calderone tra le commissioni di gestione, di collocamento, di ingresso e uscita; le prime, tra l'altro, possono superare il 2 per cento e le ultime, che si pagano all'atto della sottoscrizione e al momento del riscatto, possono arrivare al 4-5 per cento del capitale investito.

A partire da oggi, invece, dovranno essere resi espliciti tutti i costi, in modo aggregato e nelle singole componenti, sia in percentuale sia in valore assoluto in euro (e quest'ultima è un'importante novità): il risparmiatore riceverà la rendicontazione almeno una volta l'anno. Prima della sottoscrizione, invece, sarà consegnato al cliente anche il Kid (Key information document): è un prospetto riassuntivo di poche pagine che include indicatori di rischio (da 1  7), costi e performance ipotetiche. Le Authority potranno sospendere la vendita dei prodotti ritenuti pericolosi.

Prodotti ad hoc, con le avvertenze

La Mifid 2 prevede una maggiore tutela nei confronti dell'investitore perché anticipa la salvaguardia dei risparmiatori al momento della creazione del prodotto: il mercato di riferimento, cioè la tipologia di investitori finali (target market), è definito sempre dal produttore e solo in casi limitati dal collocatore, mentre prima il prodotto veniva "messo in mano" ai distributori che poi sceglievano a chi e come piazzarlo.

"Fin dall'ideazione del prodotto finanziario, dovrà essere chiaro a chi il prodotto si rivolge e (forse è la novità nella novità) a chi non si rivolge. Una sorta di tenere lontano dalla portata di questi clienti" spiegano gli esperti dell'Aduc. I prodotti finanziari, infatti, saranno disegnati "a monte" per determinate tipologie di clienti in termini di esigenze, disposizione al rischio, competenze finanziarie, mentre i collocatori (banche, consulenti finanziari) "a valle" dovranno non solo capire l'adeguatezza del prodotto per ogni singolo cliente ma anche monitorarla nel tempo.

Nuovi criteri di valutazione

Per evitare che i risparmiatori si trovino in portafoglio prodotti inadeguati, le banche dovranno capire se un cliente è capace finanziariamente di sopportare potenziali perdite e quanto sia disposto a rischiare (tolleranza al rischio): la valutazione si basa sulla raccolta di una serie di informazioni, che vanno dalle conoscenze ed esperienze in materie di investimento alla sua situazione finanziaria fino ai suoi obiettivi di investimento.

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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