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(Ansa)
Economia

L’Europa mette al bando (anche) i gas refrigeranti dei climatizzatori

L’ennesima battaglia green dell’Europa mette a rischio 100.000 posti di lavoro e non garantisce alternative credibili per refrigerare case, ambienti di lavoro e servizi

Centomila posti di lavoro a rischio, 8 impianti di climatizzazione su dieci da buttare via e un’estate torrida in vista a poche settimane dall’inizio della stagione più calda.

E’ questa la prospettiva che si apre davanti all’Italia se l’UE dovesse approvare il pacchetto F-Gas senza ulteriori modifiche.

Cos’è il pacchetto F-Gas

Si tratta dell’ennesima legge green (dopo le case green, le auto elettriche, lo stop alle caldaie a gas e la pesca a strascico) che Bruxelles partorisce e che questa volta prende di mira i gas refrigeranti degli impianti di climatizzazione.

Onde evitare l’aggravarsi della pressione dei gas serra sull’ambiente l’Unione ha deciso di mettere al bando (in Europa) i cosiddetti gas fluorurati a effetto refrigerante a favore della produzione di impianti di condizionamento e climatizzazione realizzati con gas naturali.

8 impianti su 10 non saranno più a norma

Mettere al bando tali sistemi di refrigeramento significa costringere famiglie, aziende, imprese, mezzi di trasporti, case di produzione automobilistica, etc a buttare via 8 impianti su dieci di quelli attualmente in uso.

Chi potrà ancora installarli, vedrà i prezzi salire del 40% per le pompe di calore e triplicare quelli per i climatizzatori. Sulle nuove regole è in corso il negoziato tra Commissione, Parlamento e Consiglio europeo anche perché il mercato della climatizzazione è in continua espansione e fa ruotare un giro d’affari tra i 5 e gli 8 miliardi di euro l’anno e che da solo vale tra lo 0,3 e lo 0,5% del Pil italiano.

100.000 posti di lavoro a rischio

Le nuove regole metterebbero a rischio 100 mila posti di lavoro. Le associazioni di settore si dicono preoccupate in quanto ritengono che il regolamento F-gas non sia chiaro e che rappresenti una sfida troppo ambiziosa e penalizzante per l’industria. Secondo quanto starebbe elaborando l’UE i sistemi di climatizzazione e pompe di calore di nuova produzione dovrebbero utilizzare solo gas naturali come propano e ammonica.

Questi gas, però, oltre ad essere più costosi di quelli già in uso sono più pericolosi in quanto il propano è facilmente infiammabile ed esplosivo e l’ammoniaca è potenzialmente tossica. Già ora, del resto, tali gas sono vietati in ospedali, hotel, cinema e altri spazi pubblici. Quindi bisognerà capire come refrigerare questi spazi e come non mettere in pericolo la sicurezza dei cittadini. Se oggi, infatti, gli impianti possono essere collocati al di fuori degli edifici e appesi ai muri esterni delle case, d’ora in poi non sarà più possibile per questioni di sicurezza.

Secondo Assoclima è “necessario un approccio differenziato ai divieti, che contempli le necessarie tutele della sicurezza per i cittadini e gli operatori nell’adottare le nuove tecnologie proposte dall’impianto normativo”.

Il solito paradosso UE

Il regolamento F-Gas, inoltre – come nel caso della maggior parte delle regole green dell’UE – riguarda solo il Vecchio Continente. America, Asia etc continueranno a produrre, vendere e commercializzare impianti con gas fluorurati con buona pace per l’ambiente. Non solo: le aziende europee saranno tagliate fuori dall’export mondiale che, da solo, vale il 50% dell’intera filiera dato che il divieto di produzione di impianti regifreranti tradizionali dovrebbe essere estero anche alla vendita nel mercato extra UE favorendo così i colossi della climatizzazione cinese e americana.

Il problema c’è, ma l’approccio è sbagliato

Ridurre l’emissione di gas serra è un’urgenza reale e sotto gli occhi di tutti e le conseguenze del cambiamento climatico in atto non riguardano (più) un futuro lontano, ma un presente prossimo. Il problema è la strada che l’UE sceglie di intraprendere e il costo derivato da tali decisioni in termini di peso sociale e importanza economica. In questo caso ad essere colpito è un comparto che vede l’Italia all’avanguardia in termini di produzione e know how e quello che chiede il settore è che venga adottata una linea più morbida e graduale in maniera da non danneggiare famiglie e industrie.

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Barbara Massaro