Miniera
(Getty Images)
Economia

L’estrattivismo: l’elefante nella stanza alla COP27

La corse al green deal passa, per forza, per una caccia alle materie prime (che è molto inquinante)

Anche quest’anno alla COP si è preferito fingere di non vedere l’elefante nella stanza rappresentato dalla voracità di materie prime necessarie alla transizione energetica del capitalismo multiculturale verde, una versione carbon neutral e più inclusiva del capitalismo, che, a detta sua, impedirà ulteriori catastrofi climatiche.

L'ambientalismo che si vede in Egitto è una nuova forma di governo, che riorganizza il potere politico sulla vita dei cittadini e sulla natura stessa.

La transizione verso le rinnovabili sta lentamente prendendo forma: controllata da investitori privati in ogni parte della catena di approvvigionamento, è guidata dalle economie occidentali e sfruttata dalla Cina, e vede le nazioni in via di sviluppo quale vittima sacrificale, a causa della loro storica “maledizione delle risorse”, e quindi funzionali ad una ipotetica crisi che, peraltro, non è neppure una loro responsabilità.

L'estrattivismo è una modalità di accumulazione di materie prime attraverso la quale alcune regioni, solitamente del nord del mondo, estraggono le risorse naturali di altre regioni, principalmente per l'esportazione ed ha caratterizzato le relazioni dell'Europa con le Americhe, l'Africa e l'Asia fin dall'epoca della loro conquista e colonizzazione.

Oggi, in Africa, l'estrattivismo continua in una veste neocoloniale a cui si è aggiunta, con un ruolo progressivamente dominante, la Cina.

L’estrattivismo è funzionale alla battery economy, questa nuova forma di elitarismo verde, destinata a cambiare il sistema dei trasporti ed il sistema energetico attraverso le energie rinnovabili, in particolare solare ed eolico, la cui inaffidabilità dovrebbe essere attenuata dal miglioramento dei sistemi di accumulo di energia su larga scala generando un’ulteriore impennata nella domanda di materie prime.

Il settore minerario ha una storia costellata di gravi violazioni dei diritti umani: accaparramento delle terre, contaminazione dell'acqua, violenza e criminalizzazione. E’ del tutto normale quindi che questo modello si ripeta con i metalli della transizione come litio, rame, nichel, cobalto e molti altri. La scarsità d'acqua e la sua contaminazione sono i problemi ambientali più comuni connessi al fabbisogno cronico di acqua dell'estrazione mineraria che oggi questo si presenta in aggiunta a siccità sempre più intense e precipitazioni irregolari che rendono questo un problema spesso irresolubile per le comunità i cui territori vengono aggrediti dalle compagnie minerarie.

L’aspetto paradossale è che, per soddisfare le esigenze materiali della transizione, si consentirà ai profitti e all’immagine delle compagnie minerarie di trarne vantaggio consentendo al modello estrattivista di acquisire proditoriamente nuove legittimazioni.

L’estrattivismo si coniuga in molteplici forme di colonialismo derivate dalla inderogabile necessità di salvare il Pianeta, oggi non più, o meglio non solo, legateagli investimenti nei combustibili fossili, diretti prevalentemente verso infrastrutture per l'esportazione piuttosto che privilegiare la fornitura di energia alle popolazioni locali

Anche la transizione verso le energie rinnovabili, secondo il Business and Human Rights Resource Centre, una ONG che monitora gli abusi e i conflitti legati al settore dell'energia verde, rischia di replicare gli abusi del modello estrattivista. Se parliamo di clima ma non parliamo di diritti umani, allora la tecnologia non fa differenza, si tratta di colonialismo energetico.

Com’è noto le energie eolica e solare hanno la necessità di grandi estensioni di terreno: il più grande impianto eolico africano in Kenya ha causato migrazioni forzate, conflitti, violenze di genere, crisi alimentari ed idriche dimostrando come la transizione verde possa trasformarsi rapidamente in un semplice accaparramento di terra. Analogamente alla usuale deregulation del settore estrattivo nessuna delle 15 più importanti società globali di energia rinnovabile ha politiche sul rispetto dei diritti fondiari, e solo una minima parte ha politiche che riconoscono i diritti dei popoli indigeni.

La più recente forma di estrattivismo delle compagnie minerarie è il colonialismo del carbonio, sinergico alla loro attività, in quanto utilizzato per rendere i metalli necessari alla transizione carbon neutral. L'industria mineraria genera annualmente tra emissioni dalle attività dirette (scope 1) e quelle dovute all'energia utilizzata (scope 2) circa 5,1 miliardi di tonnellate, Gt, di CO2 mentre le emissioni lungo la catena del valore (scope 3) sono di ulteriori 14 Gt che rappresentano nel complesso oltre la metà delle 33 Gt di CO2 emesse a livello globale.

I crediti di carbonio sono tipicamente emessi da progetti che preservano le foreste, che assorbono gas serra, e ogni credito rappresenta la riduzione o la rimozione di una tonnellata di anidride carbonica dall'atmosfera. Le compagnie minerarie sottraggono i crediti di carbonio acquistati dalle loro impronte di carbonio annuali per rivendicare operazioni a emissioni zero.

Pertanto rendere “verde” un metallo è un sistema apparentemente semplice: tutto ciò che serve è un software blockchain, una foresta protetta e naturalmente i fondi necessari a pagare i crediti acquistati. Una volta acquistate le compensazioni e tracciate le spedizioni del metallo attraverso la tecnologia blockchain il gioco è fatto.

La foresta protetta ha utilizzato i fondi per assicurarsi che gli alberi non venissero abbattuti: in questo modo il normale tasso di deforestazione è diminuito ed è come se le emissioni per la produzione di quel metallo non si fossero verificate.

Naturalmente le cose non sono così semplici.

Come si norma il tasso di perdita di foreste? E come impatta sulle persone che in quella foresta ci vivono? Una recente esperienza nella foresta dell'Alto Mayo in Perù ha rivelato che la tutela ad oltranza aveva esacerbato i conflitti tra il governo e gli abitanti dei villaggi che vivevano da tempo nell'area ma che all'improvviso venivano trattati come intrusi. Il sequestro del carbonio forestale per la mitigazione del clima è diventato prioritario rispetto a tutti gli altri usi forestali, escludendo di fatto tutti gli altri utilizzi: mezzi di sussistenza, usi culturali, industrie tradizionali, ed altre attività che dipendono dalla foresta.

L'attuale mercato dei crediti di carbonio non è regolamentato e frequentemente esposto a critiche perché questi progetti sono considerati di scarsa efficacia poichè non producono riduzioni durature delle emissioni. Inoltre sono stati documentati abusi che hanno screditato l'uso di un credito di carbonio che è stato compromesso dalla creazione di nuovi progetti di combustibili fossili altrove nella medesima area. In realtà questi crediti andrebbero utilizzati per integrare, non per sostituire, profonde riduzioni delle proprie emissioni altrimenti si tratta di greenwashing.

In assenza di un cambiamento radicale nella politica, senza interventi da parte degli Stati con approcci nuovi e razionali che mettano da parte le ideologie e perdurando, invece, la mancanza di pianificazione che ha contraddistinto finora l’approccio alla transizione energetica, la produzione delle materie prime necessarie al Green Deal potrebbe tradursi in un nuovo, storico, picco di emissioni.

I più letti

avatar-icon

Giovanni Brussato