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Economia

Economia circolare, quelli che in Italia guadagnano con i rifiuti (riciclandoli)

Aziende agricole che tutelano la biodiversità alle costruzioni con muri in canapa. "Settore in espansione, servono regole flessibili"

La chiamano 'economia circolare' nel senso di sistema economico in grado di rigenerarsi da solo producendo un profitto. In Italia è un settore in continua espansione, che vale già diversi miliardi di euro e che promette di crescere rapidamente nei prossimi anni se parallelamente continuerà a crescere la cultura del rifiuto come opportunità e non più come problema.

Sono aziende che fanno agricoltura biologica a impatto (quasi) zero su territorio circostante, producono energia, riciclano virtuosamente platica e ferro oppure, addirittura, costruiscono palazzi utilizzando tecniche per mettere la canapa nei muri. Risultato? Strutture che traspirano, buttano fuori umidità e CO2, resistenti e ottenibili senza servirsi di composti chimici.

Realtà già esistenti in Italia ed Europa e che ormai stanno cominciando a lavorare anche su infrastrutture pubbliche di una certa consistenza. E' il presente e non solo un salto nel futuro. In molti casi siamo all'industria dell'ambiente 3.0.

"Italia all'avanguardia ma servono norme diverse"

L'Italia sta salendo sul treno senza perdere l'appuntamento. Come tecnologie siamo competitivi con il resto d'Europa anche se il settore oggi è sviluppato al massimo per un 20% del suo potenziale. Le imprese si stanno organizzando in un'associazione dentro Confindustria per avere maggior peso contrattuale ed affrontare i nodi ancora da sciogliere.

Il primo è quello fiscale, in comune con tutto il mondo dell'industria. Ma subito dopo arriva quello normativo a due anni dall'approvazione della legge sugli ecoreati nata sulla spinta emotiva dello scandalo della Terra dei Fuochi. Il bilancio è positivo, ma ora alle imprese serve di più: "E' un tema centrale, ci servono norme più flessibili e intuitive per chi opera nel settore e che allo stesso tempo non consentano di stare sul mercato a chi non è in grado di farlo" spiega Lucia Leonessi, direttore generale di Cisambiente Confindustria.

"Le possibilità di sviluppo sono notevoli ed è possibile creare una filiera lunghissima con ricadute positive su giro d'affari e occupazione" è il messaggio di Leonessi. Quanto? L'esempio sono le aziende già operanti nel settore e che stanno creando lavoro con la propria attività e con l'indotto. L'Italia, però, rimane un Paese a macchia di leopardo dove per zone dove le opportunità vengono colte in pieno ce ne sono altre in forte ritardo.

La sfida di ricreare un prodotto dal rifiuto

La sfida è creare un prodotto da un rifiuto. Non si tratta di puro e semplice riciclo della spazzatura, ma di una filosofia che consente di investire in innovazione. Anche in territori piegati dagli eventi. Nel teramano (Abruzzo) c'è chi ha creato e gestisce un'intera filiera di recupero della plastica fino a riportarla nei supermercati sottoforma di pellicole e vaschette.

Alle porte di Milano lavora la Neorurale che produce 120 mila tonnellate di compost, fa agricoltura biologica salvaguardando la biodiversità ("Siamo tornati indietro di diversi decenni restituendo piante che sembravano sparite" dice il titolare) e da questo ciclo ricava anche energia, il biometano che - spiega Lucia Leonessi - "rappresenta la sfida di oggi e del futuro visto che l'eolico e i sistemi solari sono ormai quasi vecchi". Dove per vecchi si intende assimilati. Il futuro è altrove.

"Il rifiuto è un prodotto e un'opportunità, non un problema" è lo slogan di chi guida il settore: "Opportunità di sviluppo, lavoro, innovazione, ricchezza e benessere dell'ambiente" conclude Leonessi. Al sistema Italia viene chiesto lo sforzo di dotarsi di strumenti all'altezza: fisco, contratti di lavoro (in arrivo la firma di un'unica intesa con LegaCoop e Unitalia) e normative non contradditorie.

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Giovanni Capuano