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(Ansa)
Economia

La crisi Ucraina-Russia è costata cara all'Italia; eventuali sanzioni sul grano sarebbero disastrose

I prezzi di mais e grano sono cresciuti in maniera esponenziale contribuendo al balzo dell'inflazione. Le sanzioni potrebbero dare il colpo di grazia ad un settore della nostra economia alimentare

Il mondo dell’agroalimentare italiano inizia a fare i conti con la crisi ucraina e guarda con grande preoccupazione alle sanzioni in via di definizione in Europa. In un anno il prezzo del frumento duro è aumentato dell’80%, il frumento tenero è salito del 40% mentre il mais ha subito un rincaro del 38%. A questi balzi delle quotazioni, dovuti soprattutto alla ripresa dei consumi nei Paesi usciti per primi dalla pandemia che hanno fatto incetta di cereali, hanno contributo di recente le tensioni intorno al Paese dell’est. Soprattutto nelle ultime settimane, mettendo il turbo ai prezzi con accelerazioni del 4,5-5% nel giro di pochi giorni.

La ragione è semplice: l’Ucraina, come ricorda la Coldiretti, ha un ruolo importante sul fronte agricolo con la produzione di circa 36 milioni di tonnellate di mais per l’alimentazione animale (5° posto nel mondo) e 25 milioni di tonnellate di grano tenero per la produzione del pane (7° posto al mondo). Inoltre l’Ucraina si colloca al terzo posto come esportatore di grano a livello mondiale mentre la Russia è al primo ed insieme garantiscono circa un terzo del commercio mondiale.

L’Ucraina è il secondo fornitore di mais all’Italia dopo l’Ungheria con circa il 20% dell’import di quel cereale. Per quanto riguarda invece il frumento, l’Ucraina è il sesto fornitore dell’Italia. Inoltre importiamo da quel Paese soia e olio di girasole. Se un’eventuale guerra bloccasse l’export di cereali dell’Ucraina, l’Italia dovrebbe rivolgersi ad altri produttori dell’est Europa, al Canada, alla Francia, alla Turchia. Non è un grosso problema, anche se i prezzi potrebbero salire ulteriormente. E poi c’è il deficit idrico che sta interessando l’Italia e che potrebbe colpire in prospettiva la produzione nazionale con un ulteriore effetto sulle quotazioni. In Italia, ricorda Coldiretti, anche a causa del caro energia sono praticamente raddoppiati i costi delle semine per la produzione di grano per effetto di rincari di oltre il 50% per il gasolio necessario alle lavorazioni dei terreni.

Un altro effetto di un conflitto a più larga scala sarebbe una riduzione del nostro export agroalimentare verso l’Ucraina, che vale circa 415 milioni di euro.

Sul fronte delle sanzioni alla Russia, alla Coldiretti ricordano che il settore agroalimentare italiano è stato già duramente colpito: in seguito alle sanzioni imposte a Mosca dall’Europa dopo l’annessione della Crimea nel 2014, la Russia per ritorsione ha bloccato l’import di una serie di prodotti, tra cui l’ortofrutta, i latticini, i prosciutti e i salami italiani. Si stima che dal 7 agosto 2014 abbiamo perso 1,5 miliardi di export di agroalimentare verso la Russia. I consumatori russi hanno compensato questa mancanza di specialità italiane rivolgendosi ad altri Paesi, come la Turchia, o aumentando la produzione nazionale.

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Guido Fontanelli