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Economia

Cerberus, tutti i numeri del fondo americano che vuole Alitalia

Il gruppo gestisce un portafoglio di 30 miliardi di euro e tra l’altro ha già salvato dal fallimento la compagnia Air Canada

Comincia forse a delinearsi in maniera un po’ più certa il futuro di Alitalia. Sul tavolo dei tre commissari della nostra ex compagnia di bandiera, sembra essere giunta infatti una di quelle proposte che, se non da accettare a occhi chiusi, è comunque difficile non prendere seriamente in considerazione.

Secondo il Financial Times infatti, il fondo speculativo americano Cerberus avrebbe fatto un’offerta per rilevare tutta l’azienda, ossia tanto le attività di terra che quelle di aria. Proprio quello che da mesi i commissari di Alitalia stavano cercando, impegnati finora a valutare invece proposte, come quelle più significative di Lufthansa e EasyJet, che prevedono l’acquisto di uno solo degli asset della nostra ex compagnia di bandiera.

Ma l’offerta di Cerberus, qualora fosse confermata, non è allettante solo per la formula proposta, ossia quella dell’acquisto complessivo di Alitalia, ma anche perché arriva da un soggetto finanziario che a livello internazionale vanta una reputazione di altissimo profilo. Cerchiamo allora di capire cosa propone il fondo americano e quali sono le sue robuste credenziali economiche con cui si affaccia alla porta di Alitalia.

Una proposta sul filo del rasoio

La prima considerazione da fare, circa la proposta di Cerberus, è che essa arriva tecnicamente quando i termini della gara d’asta sono stati già chiusi. Non ci sarebbero dunque le condizioni regolamentari per accettarla, se non fosse che la sua straordinarietà potrebbe spingere il governo, o più presumibilmente quello che scaturirà dalle prossime elezioni, a rivedere le scadenze rendendo accettabile l’offerta del fondo americano.

Quest’ultimo da parte sua, a fronte dell’acquisto di tutti gli asset aziendali, chiede non solo che lo Stato italiano resti nella compagine azionaria di Alitalia, ma ovviamente vuole mano libera per operare quei tagli di organico e di costi, che potranno salvare la compagnia aerea.

Tra l’altro Cerberus sarebbe pronto a coinvolgere anche i dipendenti con un piano di partecipazione azionaria. Insomma, un programma di intervento pesante e rigoroso, tipo quello messo in atto dallo stesso fondo per salvare Air Canada: dopo 18 mesi di cura Cerberus, la compagnia nordamericana è tornata in piena attività, con il 24% in meno di dipendenti, ma anche alleggerita di circa 10 miliardi di debiti.

Un portafoglio da 30 miliardi dollari

Il fondo Cerberus è stato fondato nel 1999 da Steve Feinberg e attualmente nel proprio board può contare, tra gli altri, sulla presenza di Dan Quayle, che è stato vicepresidente degli Stati Uniti nel periodo dell’amministrazione di George Bush senior.

Attualmente gestisce un portafoglio valutato in qualcosa come 30 miliardi di dollari, investiti per lo più in aziende da ristrutturare, nel settore immobiliare e in prestiti bancari in sofferenza. E proprio quest’ultima attività è una di quelle che vede più protagonista Cerberus in Italia.

Il fondo americano infatti è in corsa per rilevare i 10,3 miliardi di mutui e rate non pagate dalle quattro banche attualmente in crisi e finite in amministrazione straordinaria: Banca Marche, Banca Etruria, Carichieti, Cariferrara. Ma lo spettro degli interessi di Cerberus ovviamente è molto più ampio.

Il fondo infatti ha investimenti anche nel mondo farmaceutico e in quello della difesa, senza disdegnare partecipazioni nel settore della vendita al dettaglio. La strategia adottata nei casi di aziende in crisi, e che verosimilmente sarà quella messa in campo nel caso ci dovesse essere l’acquisizione di Alitalia, prevede l’ingresso nella compagine azionaria della società in difficoltà, la sua ristrutturazione e poi la successiva rivendita sul mercato o la quotazione in borsa per andare a incassare gli eventuali guadagni.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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