David Byrne, American Utopia: tra bellezza e talento - Recensione
Dia Dipasupil/Getty Images
Musica

David Byrne, American Utopia: tra bellezza e talento - Recensione

Dieci canzoni per il primo album solista dopo 14 anni: Ottimo per le scelte musicali ma anche per i testi. Che vi consigliamo di leggere...

Non pubblicava un album solista da 14 anni. Adesso è tornato e lo ha fatto a modo suo spiazzando come sempre, supportato da una voce inconfondibile e da una scrittura sorprendente. 

Un magico incontro tra attitudine pop, elettronica, world music, new wave e un senso del ritmo che trova radici e ispirazione nel suo lavoro con i Talking Heads. 

Suona benissimo e induce al movimento il primo singolo Everybody's coming to my house, scritto con Brian Eno, featuring Sampha. 

"Queste canzoni "ha spiegato Byrne" parlano della nostra vita oggi, di un sistema, quello americano, che per decenni è stato un esperimento. Pieno di difetti, ma che teneva viva la sensazione che negli United States of America fosse possibile sognare, costruire un futuro, convivere e sviluppare delle idee. Beh, quell'esperimento è a un passo dal collasso e allora mi sono chiesto che cosa possiamo fare in concreto per vivere meglio, esiste una nuova via per questo mondo? Non ho risposte, ma speranze sì" spiega in una nota che introduce al nuovo disco. 

Un album che, a dispetto dei tempi, non è cupo e depresso, ma che anzi pulsa, sfoggiando melodie fresche, accessibili e mai scontate.

Come quelle che esaltano l'ottima Bullet ("The bullet went into him Traveled up into his head Through thoughts of love and hate The living and the dead") l'intrigante Every day is a miracle ("Cockroach might eat Mona Lisa The pope don't mean shit to a dog And elephants don't read newspapers And the kiss of a chicken is hot") e l'ironica Dog's Mind ("Then the press boys thank the president And he tells them what to say There's a photo opportunity And then they're sent away"). 

I più letti

avatar-icon

Gianni Poglio