Dalle Filippine a Erdogan: quando è la tecnologia a cambiare la storia
La generazione sms, i social della primavera araba, la videochiamata FaceTime in Turchia. Tutte le volte che un cellulare ha riscritto i destini del mondo
Sliding Doors è un film del 1998 con protagonista Gwyneth Paltrow. La trama si basa su un momento fondamentale della vita di Helen (la Paltrow appunto): mentre esce da lavoro e si dirige alla metropolitana perde un orecchino e un ragazzo lo raccoglie. Da quel momento la sua esistenza si divide in due dimensioni parallele, decise dal prendere o perdere la metropolitana.
Come nella pellicola di Peter Howitt, anche la nostra storia ha vissuto momenti simili, in cui è bastata un’azione a cambiare le sorti di un paese, di un’intera popolazione, magari di un continente, nel bene e nel male. Al di là delle grandi imprese, rese immortali dai libri di scuola, le vicende che hanno cambiato i destini del mondo nell’ultimo ventennio dipendono sempre più dalla tecnologia.
Abbiamo ancora negli occhi lo sguardo di Erdogan impresso nell’iPhone della giornalista della CNN turca, che lo ha intervistato durante il tentativo di golpe nel paese. Cosa sarebbe successo se l’app di Apple non avesse funzionato o se fosse stata l’intera rete (più volte censurata da Erdogan) a tradire il dittatore?
Domande simili possono riguardare tanti eventi che, negli ultimi anni, hanno sconvolto i già precari rapporti socio-politici mondiali. Tutti sono uniti ad un filo conduttore: la tecnologia, soprattutto quella mobile, senza la quale oggi vivremmo situazioni probabilmente diverse, con equilibri differenti da quelli odierni. Clic sulla freccia a destra per entrare nel dettaglio!
Filippine: la sms generation
Glendale Lapastora, FlickrNel 2000 nelle Filippine vengono inviati più di 30 milioni di messaggi di testo al giorno, il doppio dell’intera Europa. I cellulari sono arrivati nel paese nel 1991; per capire il loro uso basta considerare un dato: gli abbonati a internet sono 2 milioni, quelli con un telefonino oltre 4,5 milioni.
A gennaio del 2001, cominciava a farsi sempre più pressante la movimentazione di massa contro il Presidente Joseph Estrada. Quella che venne definita “rivoluzione EDSA II” venne organizzata quasi totalmente con l’ausilio di sms, uno strumento potentissimo che portò per le strade di Manila migliaia di giovani pacifisti, scintilla del People Power 2.0, che constrinsero Estrada a dimettersi.
La guerra civile in Libia
BRQ Network, FlickrConosciuta anche come “Rivoluzione libica” o “Rivoluzione del 17 febbraio”, rappresenta gli scontri avvenuti dal febbraio all’ottobre del 2011, tra le forze fedeli al colonnello Mu'ammar Gheddafi e gli oppositori del governo. Prima della primavera araba, i social network hanno permesso ai libici di coordinare gli sforzi, fornendo informazioni basilari e di intelligence alla Nato, attraverso Skype, Facebook, Twitter e persino Google Maps. I ribelli misero in piedi anche una rete satellitare temporanea, chiamata Libyan Al Hurra TV, basata sulle informazioni ottenute tramite messaggi, chat e post, modalità decisamente poco consone alle logiche di broadcasting consolidato.
La primavera araba sui social
AK Rockefeller, FlickrL'impatto dei social media sugli eventi che hanno scosso tra il 2010 e il 2011 il Medio Oriente e il Nord Africa è ancora oggetto di discussione, sia da parte della critica che dei sostenitori della cosiddetta “primavera araba”. Resta un dato di fatto: la Twitter o Facebook Revolution è l’emblema di come le moderne tecnologie abbiano facilitato la diffusione della consapevolezza sugli eventi (pacifici e violenti) che si sono svolti principalmente in Tunisia, Egitto, Libia, Yemen, Siria, Bahrain, Kuwait, Libano, Oman e in tante altre parti del continente. Grazie alle foto e ai video diffusi online, abbiamo vissuto quasi in diretta ciò che avveniva in zone calde della protesta contro l’autoritarismo, la violazione dei diritti umani e la corruzione politica dilagante nel mondo arabo.
Le sommosse di Londra
madtea, FlickrSulla scia della crisi economica del 2011, l’Europa ha vissuto momenti di estrema tensione a causa di tante manifestazioni che hanno avuto come palcoscenico le piazze di Atene, Lisbona e, più duramente, Londra. Proprio in Inghilterra, gli oppositori del governo hanno sfruttato le reti di comunicazione di BlackBerry per organizzare le rivolte, preferendo la piattaforma proprietaria BB Messenger ai soliti Facebook e Twitter.
L’occupazione di Wall Street
Michael Fleshman, FlickrAnno difficile il 2011. A seguito di un tweet lanciato il 4 luglio dall’account @Adbusterdella rivista canadese anti-consumismo (“cari americani, il sogno di questo 4 luglio è l’insurrezione contro le regole delle corporazioni #OccupyWallStreet”) parte la più famosa protesta mondiale contro l’ordine economico costituito. I manifestanti si danno appuntamento per il 17 settembre al Zuccotti Park di Manhattan ma il movimento si estende un po’ ovunque. L’hashtag #OccupyWallStreet (OWS) diventa il simbolo della lotta al potere economico nelle mani di pochi.
Datagate: i rischi del mondo connesso
Ted Eytan, FlickrInternet e l’innovazione come specchietto per le allodole nelle mani della National Security Agency. È il panorama che Edward Snowden ha disegnato con il rilascio di centinaia di documenti appartenenti alla NSA, che utilizzava la tecnologia come fonte primaria di ottenimento di dati e informazioni sui cittadini statunitensi e stranieri grazie a vari software, tra cui Prism. Senza le esclusive del Guardian e di The Intercept, Obama non avrebbe ridiscusso l’ampiezza di azione del Patriot Act e, in generale, saremmo meno consapevoli di quanto conti la privacy digitale per il Grande Fratello statunitense.
Obama: la foto più condivisa della storia
TwitterLa riconferma del Presidente Obama alla Casa Bianca arriva sui social network con una foto che ritrare l’uomo abbracciato alla moglie Michelle. “Per altri quattro anni” diventa la foto più condivisa della storia su Twitter, lo strumento principale usato per entrambe le campagne presidenziali e per rispondere, periodicamente, alle domande degli elettori. Obama è il primo politico al mondo ad aver sfruttato pienamente la forza comunicativa della rete, come canale bidirezionale e non univoco. In Italia ha seguito l’esempio il premier Matteo Renzi con le dirette Facebook Live segnate dall’hashtage #matteorisponde.
Turchia: il supporto di FaceTime
CNN TurkeyÈ storia odierna: Recep Tayyip Erdoğan fugge dalla Turchia che è in preda a sommosse da golpe di stato, disilluso poi dal popolo sceso in piazza. I cittadini e i sostenitori del presidente si sono radunati a seguito di un appello via FaceTime, l’app che permette agli iPhone di videochiamarsi gratuitamente. In diretta sulla CNN nazionale, Erdogan ha parlato al “cuore” dei turchi: “Resistete nelle piazze e negli aeroporti. Sono ancora io il comandante capo”.
La mossa è stata considerata come una presa di coscienza, da parte del dittatore, dell’importanza di internet come arma di diffusione e comunicazione di massa, sebbene in precedenza avesse criticato più di una volta l’accesso alla rete digitale. Poco senso invece hanno le analisi di chi sottolinea un ripensamento circa la censura dei social network, avvenuta più di una volta in passato: FaceTime non è un social, mentre Facebook e Twitter si e per questo sono stati bloccati dal governo durante il tentativo di insurrezione militare della scorsa settimana.