William Hazlitt, L’ignoranza delle persone colte
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William Hazlitt, L’ignoranza delle persone colte

Stanchi di sentirvi rispondere "lei è troppo qualificato per questo lavoro"? Hazlitt dice che sarebbe bellissimo tornare a essere ignoranti, se solo non bisognasse studiare tanto.

Quanto sono ignoranti le persone colte! Almeno così la pensa William Hazlitt, giornalista e critico letterario vissuto in Inghilterra a cavallo del 1800. Del coltissimo saggista, l’editore Fazi ha appena ripubblicato una raccolta di testi intitolata, per l’appunto,L’ignoranza delle persone colte, una scelta di saggi caustici e brillanti.

Facciamo l’ipotesi, per un attimo, che nel turbinoso processo redazionale la biografia dell’autore sia stata espunta per errore da un editor distratto. Nel caso, non uno fra voi potrebbe immaginare che da quasi due secoli la salma di Mister Hazlitt riposa a Londra, nel cimitero della chiesa di Sant’Anna. La sua scrittura è vivida, la sua amarezza perfettamente intatta, ma soprattutto la stupidità degli intellettuali si conserva che è una bellezza dal momento che duecento anni fa gli uomini di pensiero non erano meno sciocchi, vanesi e astratti di oggi.

L'intellettuale, questo inetto
L’inettitudine dell’intellettuale è uno di quei temi che non passa mai di moda, così come le istituzioni inutili, i fanfaroni, la noiosità dei letterati e la morte (con annessi e connessi da tragicommedia, fra cui il topos inesauribile del testamento), tutte cose su cui Hazlitt riflette, e con gran gusto, in questa piccola raccolta.

Raccolta che, stando alla lettera del testo, forse sarebbe meglio non avessimo mai letto. L’assunto principale dell’autore infatti è questo, forse un po’ contorto ma senz’altro sensato. Seguitemi. Che fatica sapere le cose, e quanto si è più liberi non sapendole. Eppure sapere le cose da non sapere è importante, diversamene come sarebbe possibile evitarle? Insomma, non se ne esce. Con un gusto del paradosso tutto britannico Hazlitt afferma che sarebbe bellissimo tornare a essere ignoranti, se solo non bisognasse studiare tanto.

Contro i secchioni
Sopra tutti, il nostro saggista si scaglia contro il pedante e il secchione, contro quell’intellettuale che fa dell’accumulo il fine stesso del sapere. A morte gli avari della conoscenza che ammassano e ammassano senza mai godere di niente! Evviva invece gli scialacquatori dell’intelletto che vivono come se nulla sapessero quando invece sanno tutto! Perché il vero gentleman della conoscenza, a differenza dello snob patentato, non prova alcun piacere nel superare il suo prossimo in cultura ma solo nell’essere ogni giorno migliore del giorno prima.

L'intellettuale impostore
Le uniche cose che vale la pena sapere, insomma, sono quelle che arricchiscono la nostra vita. E questo è importante dal momento che la moneta della conoscenza non gode i benefici di una valuta uniforme. “Se vuoi fare l’intellettuale”, dice infatti il nostro saggista, “una delle disgrazie è che nove su dieci di quelli con i quali vieni in contatto non sanno se sei un impostore oppure no”. Pensate che tragedia per quelli che investono la vita nell’epigrafica felina o nella numismatica antartica. Il rischio è che facciano la fine del nostro autore: “Finii per vergognarmi di dover rispondere in quel modo dei miei splendidi peccati”.

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Giulio Passerini