Venezia, la Biennale degli outsider
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Venezia, la Biennale degli outsider

Dal meccanico abruzzese al minatore francese, Massimiliano Gioni riabilita in laguna i grandi "esclusi" dalla storia dell'arte

di Giuseppe Frangi
 
Hilma af Klint era un’artista svedese, figlia di un capitano di marina. Nel 1907, nel suo eremo sull’Isola di Adelsö, aveva dipinto delle tele astratte, anticipando addirittura di qualcheanno sia Vasilij Kandinskij sia Piet Mondrian. Ma è inutile cercare notizie su di lei in qualche storia dell’arte del Novecento: nessuna la menziona. Stesso destino per Augustin Lesage, francese, nato nel 1876, minatore figlio di minatori, assente dalle enciclopedie cartacee, e che Wikipedia definisce artista "inclassificabile". Anche lui dotato, come Hilma, di energie medianiche, aveva esplorato le tecniche della pittura automatica. Un po’ più noto il caso di James Castle, americano dell’Idaho, classe 1896, sordo dalla nascita, che ha dipinto tutta la vita visioni immaginifiche del suo mondo rurale, usando ogni tecnica all’insegna di uno sperimentalismo spinto.

Sono tre outsider, tre fra i tanti, che Massimiliano Gioni ha scovato, per dar corpo al "Palazzo enciclopedico" di questa sua Biennale (aperta al pubblico dal 1° giugno). Un titolo che Gioni ha preso in prestito dal campione di tutti gli outsider, Marino Auriti, immigrato abruzzese, meccanico in un garage in Pennsylvania e che aveva trascorso la vita a immaginare un monumento che contenesse tutto lo scibile umano. Il prototipo di quella "torre di Babele", abitualmente conservato al Folk art museum di New York ("Il museo che amo più di ogni altro" ha confessato Gioni), è arrivato a Venezia  per fare da fulcro del percorso della Biennale (è esposto all’Arsenale).

Perché tanto spazio agli outsider? Perché questa è una Biennale junghiana, che non a caso si apre, nel Padiglione centrale ai Giardini, con una presentazione del Libro rosso, il manoscritto illustrato al quale il celebre psicologo lavorò per più di 16 anni. "È una raccolta di visioni e fantasie che introduce una riflessione sulle immagini interiori e sui sogni che attraversa l’intera mostra" spiega Gioni. È quindi una Biennale fluida, che naviga nel mare dell’immaginazione umana senza imporre boe e senza preoccuparsi di costruire gerarchie. Secondo Gioni, infatti, in questi anni i valori dell’artisticità sono stati troppo dipendenti dal mercato: la qualità di un artista è stata stabilita in base ai prezzi raggiunti. La Biennale nasce con l’intento di rompere quest’equazione: dare spazio a forme di creatività diverse, a esperienze visive che non hanno mai avuto né accoglienza nel mercato né spazio in contesti istituzionali.

Ma outsider non significa naïf. Gli artisti convocati da Gioni rivelano una vocazione sapienziale; si esprimono con linguaggi fortemente simbolici, portano a galla substrati profondi e visionari. Sono a volte anche ossessivi nella loro insistenza su quell’unico tema che ha dominato il loro inconscio. In questo possono stabilire sintonie con il visitatore di oggi, che facilmente si immedesima nelle immagini, che funzionano da sismografi visivi di quello sbandamento psichico da cui tutti, chi più chi meno, siamo toccati.

C’è da vedere come il mercato reagirà a questa operazione. Intanto si può registrare il rilancio in grande stile a New York dell’Outsider art fair: è stata rilevata dalla Wide open art, una società fondata da Andrew Edlin, titolare di una galleria di tendenza a Chelsea, e quest’anno per la prima volta si è tenuta negli spazi della ex Dia art foundation. Il New York Times ha dato grande spazio alla fiera. Come ha dato grande spazio il 29 aprile scorso alla mostra di Hilma af Klint, che il Museo di Stoccolma le ha finalmente dedicato. Quanto alle quotazioni, si sono registrate immediatamente le prime oscillazioni verso l’alto: a dicembre scorso un ritratto di Hilma af Klint portato in asta al modestissimo valore di 1.200 euro ha strappato un prezzo decuplicato. Augustin Lesage, invece, a marzo ha toccato il suo top price: 62 mila euro per una Composizione del 1930. Per gli outsider il limbo è finito.

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