Ray Bradbury, perché “Fahrenheit 451” è un grande libro
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Ray Bradbury, perché “Fahrenheit 451” è un grande libro

È il più celebre romanzo del compianto autore americano, ma soprattutto si tratta di una pietra miliare della letteratura del Novecento. Fantascienza? Non del tutto.

Ha varcato i confini del tempo e dello spazio. Ha creato mondi lontani e dato vita a colonie marziane. Si è cimentato nel ruolo di sceneggiatore (1956, Moby Dick la balena bianca di John Huston) e in quello di scrittore fantasy, senza disegnare una toccata e fuga nel genere giallo (1985, La morte è un affare solitario). Basterebbe questo per inserire di diritto Ray Bradbury, scomparso ieri all’età di 91 anni, nel gotha della letteratura. Eppure, c’è di più. Bradbury, con Fahrenheit 451, il suo indiscusso capolavoro, ha immaginato un futuro senza libri e dominato dalla televisione, affacciandosi così su un baratro ancora oggi di straordinaria attualità.

Nato come estensione del racconto breve The Fireman (uscito nel 1951 sulla rivista Galaxy Science Fiction), Fahrenheit 451 vede la luce nel 1953 nientemeno che su Playboy. Il motivo è presto detto: sugli USA pendeva ancora l’ombra tetra del maccartismo e nessun editore voleva rischiare la pubblicazione di un libro così eccezionalmente fuori dal coro.

A quasi sessant’anni di distanza ancora si discute sul motivo di quel “451”: per alcuni semplicemente il numero sull’elmetto del pompiere Montag, il protagonista della storia, per altri un riferimento alla temperatura di autocombustione della carta (in gradi Fahrenheit). Ma trattasi in fondo di curiosità da bibliofili.

Con Fahrenheit, Bradbury ha visto lontano, anticipando di molto alcuni dibattiti odierni sullo strapotere dei mass media. Il rogo dei libri, la televisione che indottrina, le immagini che ipnotizzano e inebetiscono: per uccidere la libertà non sono necessari despoti o leggi speciali, ma può tranquillamente bastare una scatola con il tubo catodico. E poco importa se formalmente si parli poi ancora di democrazia, perché una cultura di Stato, imposta subdolamente con la tv, può essere nociva tanto quanto una tirannia.

François Truffaut fu uno dei primi a cogliere la grandezza del romanzo, tanto da farci un film nel 1966 con Oskar Werner nella parte di Guy Montag. Da quel momento, anche al cinema, la scena dei libri che bruciano è una sorta di cult, come dimostrano in anni più recenti la pellicola sci-fi Equilibrium o l’originalissimo Pleasantville.

Il consiglio è ovvio: riprendete in mano Fahrenheit 451. Scoprirete un grande classico della fantascienza, ma anche un libro profetico, in grado di prevedere i danni della televisione-spazzatura quando ancora il Grande Fratello era solo una creatura di George Orwell.

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Davide Decaroli