Arte - L'intervista a Patricia Armocida
Alex Fakso
Lifestyle

Arte - L'intervista a Patricia Armocida

Ho avuto il piacere di intervistare Patricia Armocida, gallerista "illuminata" al punto da avere debuttato nel settore con una personale di Os Gêmeos e da allora non ha mai mancato un'occasione per portare a Milano artisti internazionali, molti dei quali arrivati per la prima volta in Italia grazie a lei.

Questa storia inizia con un vestito rosso, un calice di vino bianco e l'inaugurazione di una mostra.

È l'immagine che si è materializzata nella mente di Patricia Armocida alla domanda "Cosa vuoi fare da grande?". Una premonizione vera e propria.

Raccontaci: come sei diventata gallerista?

Finita l'Università a Bologna e ottenuta la Laurea in Storia dell'Arte Contemporanea al Dams Arti Visive, decisi di tornare a Milano. Dopo un paio di mesi, trovai lavoro per l'organizzazione logistica, relazione con gli artisti e in seguito responsabile vendite per una grande mostra "Urban Edge" in via Pestalozzi 4,  in cui erano coinvolti 50 artisti nazionali e internazionali. È lì che mi sono fatta le ossa ed è in quella occasione che ho provato l'emozione della prima vendita.

Un cliente mi chiese quale tra le opere esposte avrei scelto come investimento e io gli consigliai un'opera unica originale autentica di Shepard Farey - conosciuto come Obey - il soggetto era Noam Chomsky. All'epoca la vendetti per 3000$, ora ne vale dieci volte tanto

L'emozione fu così forte che sentì le farfalle nello stomaco; dopo questa ne ho vendute altre e mi sono accorta che vendevo le opere semplicemente spiegando il valore di ciascun artista, non perchè volessi convincerli a comprare, dato che non avevo diritto alla percentuale.

Ho capito che quella poteva essere la mia strada, ma ero consapevole che per imparare avrei dovuto lavorare in una vera e propria galleria.

Ho lavorato per qualche mese da Emi Fontana e Barbara, la sua assistente, mi ha insegnato l'impostazione professionale e la serietà necessaria sul lavoro.

Venni a sapere che alla galleria 1000eventi cercavano un'assistente. Giuseppe Pero mi chiese cosa mi portasse a volergli fare da assistente personale  e io gli risposi : " Un giorno vorrei aprire una mia galleria", così mi assunse. In quei tre anni Giuseppe direttamente e indirettamente mi ha insegnato moltissimo e gli sono grata per questo.

Nel frattempo al Pac si stava svolgendo una mostra a mio avviso curata malissimo. L'unico lavoro che spiccava in quanto a bellezza e coerenza era l'intervento sulla facciata del Pac di Blu e Ericailcane. Blu in quella occasione mi disse: "Qui la situazione sta prendendo una piega veramente pessima, Patricia devi aprire tu una tua galleria, non può farlo nessun altro se non tu." Ho sentito calore nella pancia : o aprivo la galleria entro i trent'anni o non l'avrei fatto più

La mattina cercavo gli spazi e portavo tutta la documentazione richiesta al Comune e alla Camera di Commercio e il pomeriggio continuavo il mio lavoro da assistente. 

Gli artisti con i quali ero intenzionata ad aprire erano Os Gêmeos: li seguivo da anni ma non avevano ancora esposto in una galleria italiana.

Gli mandai una mail, non risposero. Blu mi avvertì che non potevano perchè erano in volo per Glasgow, gli era stato commissionato un intervento sulla facciata di un castello a 30 km dalla città.

Presi il primo volo per Londra, chiedendo a Alex Fakso, fotografo mio amico che li conosceva, di accompagnarmi, scrivemmo a Os Gêmeos per avvisarli del nostro arrivo e partimmo per Glasgow. Arrivati  a Glasgow pioveva con una forza ventosa che solo l'Atlantico sa dare, salimmo sull'autobus che ci avrebbe portato al castello ma l'autista ci avvisò che non ci sarebbero stati autobus per il ritorno, era l'ultima corsa.

Decidemmo  di scendere e telefonare al responsabile dell'evento che ci comunicò di non andare al castello perchè Os Gemeos ci stavano raggiungendo a Glasgow per incontrarci. 

Per fortuna non abbiamo preso quell'autobus

Una volta incontrati gli raccontai la serietà del mio progetto e mi dissero di sì. Gli artisti avevano già due enormi gallerie: La Fortes Velaca a Sao Paulo e Deitch Project a New York - dei veri e propri giganti -  e a me, piccola e tenace, dissero  si.

Tornai a Milano, informai Giuseppe che avevo deciso di aprire la mia galleria e mi disse: "Hai tenuto fede a quello che mi hai detto al nostro  primo incontro. Sono molto felice della tua scelta e sono fiero di te."

Era metà Giugno 2007 e dopo 15 giorni avrei festeggiato il mio trentesimo compleanno.

Lavorai luglio e Agosto per preparare lo spazio nuovo. Ho aperto la galleria con un piccolo budget di 10.000€, che i miei genitori, mio padre impiegato e mia madre casalinga, hanno messo da parte negli anni con tanti sacrifici. 

Decidemmo la data dell'apertura per il 3 settembre, periodo inusuale per l'opening di una galleria, invece arrivò un fiume di gente  e la mostra di Os Gemeos fece sold out.

Il ricavato mi ha permesso di investire sulla ricerca di altri artisti come Ari Marcopoulos, Steve Powers, Todd James, Jim Houser, Blu, Ericailcane, Piet Parra, Marco Mazzoni  Bianca Casady, Matt Leines, Invernomuto, Devendra Banhart, Alessandro Zuek Simonetti, Cheryl Dunn, Yu Jinyoung,  ecc fino ad oggi . 

Sono passati sei anni da allora.

Quando è "scattata la scintilla"?

La prima scintilla l'ho avuta a 14 anni. Un pomeriggio, dopo scuola, fantasticavo con un mio amico sul futuro. Lui mi chiese: "Patricia, come ti immagini tra 20 anni?", in quel momento  ebbi un'immagine molto precisa nella mia mente: io vestita con un abito rosso, con in mano un calice di vino bianco, nella mia galleria.  Specifico: a 14 anni non bevevo.

A questa visione non ho più pensato per moltissimi anni fino a quando mi è riapparsa lucida e vivida nella mente il giorno della mia prima inaugurazione. Di quel ragazzo ne avevo perse le tracce, l'ho rincontrato tre anni fa per una fortuita coincidenza. Ora oltre a essere un amico è anche mio collezionista.

Che caratteristiche deve avere un artista per attirare la tua attenzione?

La mia galleria rappresenta artisti cresciuti all'interno di una cultura indipendente e che riescono a portare in galleria un'evoluzione di quell'immaginario attraverso i loro linguaggi espressivi. La mia ricerca mi porta a scegliere chi è stato il primo e unico nel suo genere, con un proprio stile talmente personale che non avresti bisogno della firma per riconoscerlo

Gli artisti che ho presentato finora in galleria sono già quotati, riconosciuti e hanno esposto in importanti gallerie all'estero e i loro lavori sono presenti in prestigiose collezioni, private e museali. Ho deciso di essere io la prima ad esporli con le loro mostre personali in Italia. È certamente rischioso, ma bisogna essere coraggiosi nelle proprie scelte.

Os Gemeos, Steve Powers, Ari Marcopoulos, BLU...Come ti sei avvicinata a questo genere?

All'età di 12 anni ricordo di aver visto i primi wall paintings o graffiti, se preferite chiamarli così. Ero a Barcellona, mia mamma è spagnola e soleva mandarmi da mia zia per le vacanze estive; nei pomeriggi andavo per la città con i miei cugini e per la prima volta vidi un palazzo interamente dipinto con colori, lettere assolutamente nuovi per i miei occhi, e poi c'era un tale SER che scriveva questo nome con lettere giganti sui tetti in tutta la città.

Ne rimasi colpita. Era il 1989. Tornando a Milano quelle pionieristiche scritte che apparivano sui muri, prima per me indecifrabili come un alfabeto arabo,  ora attiravano la mia attenzione e ne cominciavo a distinguere le lettere. 

Coincidenza ha voluto che, invece che al liceo, decisi di iscrivermi alla scuola di grafica pubblicitaria Caterina da Siena, scuola professionale frequentata da un altissimo numero di writers, tra i più bravi della città, ora affermati art directors, calligrafi, fotografi, stilisti dell'attuale scena creativa di Milano. Mi ricordo le sere in Cadorna ad aspettare i treni dipinti la notte prima per fotografarli, lo studio dei wild style prima di dipingere, la maestria dell'improvvisazione, la velocità  e il rischio dell'esecuzione.

È con loro che sono cresciuta, con quella cultura e con tutto l'immaginario che le ruotava attorno : la musica punk, hardcore, hiphop; lo skate e le grafiche sulle tavole, le Fanzine che si autoproducevano con fotocopie in b/n e graffette, le serigrafie a mano sulle T-shirt, il concetto era quello del do it yourself. Tutto questo aveva un gusto estetico, un'estetica propria di quella cultura. Cominciavano ad emergere i primi artisti capostipiti di questa nuova arte e a esporre nelle gallerie di New York.

Mi si era aperto un mondo che ho continuato a seguire e approfondire a Bologna con gli strumenti che mi dava l'Università. Cominciai a capire che i nomi degli artisti culto amati e rispettati prima dalla subcultura iniziavano ad essere riconosciuti e legittimati dalle istituzioni internazionali.

In Italia vi era una lacuna, era necessario portare qualcosa di fresco, di nuovo, qualcosa che fino ad allora mancava. Nel momento in cui ho deciso di aprire la mia galleria ho scelto di presentare artisti che rappresentassero questa cultura, la cultura in cui sono cresciuta e che mi apparteneva.

Ed era necessario presentarlo con serietà e coerenza.

Tornando per un attimo indietro con i ricordi, quali errori non commetteresti di nuovo? Qualora ce ne fossero ovviamente.

Gli errori insegnano, ma non me ne vengono in mente.

Che consigli daresti a chi volesse ripercorrere i tuoi passi e aprire una galleria propria?

Di trovare una propria linea che la possa distinguere dalle altre.

Facciamo un gioco: avendo a disposizione l'intera storia dell'arte, quale artista vorresti esponesse da te e perchè?

[Ride] Cercando l' origine direi... Fidia. 

Qual è il tuo punto di vista sulla situazione artistica italiana?

Mancano le Istituzioni, gli investimenti, i Musei d'arte Contemporanea.

Quando passerete in galleria per la prossima inaugurazione, cercate Patricia tra la folla e fatele i complimenti, perché se li merita.

Individuarla tra la folla sarà semplice: avrà un vestito rosso e un calice di vino bianco in mano.

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Riccardo Fano

Grafico e illustratore con tante idee quanti difetti. Scrivo di Street art e di comunicazione. Perché l'idea è tutto e la curiosità fa il resto.

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