Matteo Nucci, 'Le lacrime degli eroi'
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Matteo Nucci, 'Le lacrime degli eroi'

La Grecia ferita in questo scorcio di presente stimola gli scrittori-viaggiatori a ripercorrerla nel solco degli antichi miti fondativi. A cominciare dai poemi omerici, dove ogni storia finisce e ricomincia.

Iliade e Odissea sono le grandi epopee d'Occidente. Vi è contenuta in nuce ogni fiaba che raccontiamo ai nostri figli, ogni tecnica narrativa e modello comportamentale, ogni passione archetipica. Mentre in ambito accademico l'epica omerica è stata smontata e rimontata, analizzata e psicanalizzata dai più grandi studiosi, a partire da Platone e Aristotele, nel luogo comune i due poemi sono spesso semplificati a saga di vincitori e vinti, a libro di avventure: il ratto di Elena, l'assedio di Troia, Achille e Ettore, Ulisse e Polifemo, la strage dei Proci. Ora un romanziere di grande sensibilità come Matteo Nucci ne riaccende la complessa mitopoiesi in un appassionante saggio, Le lacrime degli eroi , capace di recuperare la misteriosa aura omerica fondata sull'ebbrezza della memoria, quando la circolazione dei due poemi era ancora prevalentemente orale.

L'opposizione tra vincitori e vinti è alla base di tutta la mitologia antica. È il cuore di ogni racconto, la radice della filosofia, il fulcro della tensione narrativa da cui germina il seme emozionale della nostra specie ma anche della società, della morale, del senso comune. È ciò che rende l'arte, fino ai nostri giorni, essenziale alla vita. Eppure c'è qualcosa di più, nel cuore delle grandi epopee attribuite al cantore cieco, spiega Nucci. Vincitori e vinti sono entrambi dominati da una forza superiore di cui gli dei sono depositari - la sventura, il dolore, la morte - e a cui i mortali devono soccombere nonostante l'illusione della propria forza.

Il dolore della finitezza umana, come ha cantato l'aedo moderno Constantinos Kavafis, accomuna Achille e Patroclo nel celebre sogno del guerriero, Achille e Priamo durante il memorabile gioco di identificazioni e proiezioni che si svolge durante il loro dialogo nell'Iliade, Ulisse durante il tormentato ritorno a Itaca. L'odio si stempera nell'amore eterno e disperato degli amici perduti, del padre che sopravvive al figlio. Sopra a tutto e a tutti, sta quella che Simone Weil chiamò l'amarezza della mortalità. Un'amarezza inguaribile che avvolge vincitori e vinti e spiega perché il ritorno di Ulisse sarà sempre corrotto, perché gli uomini si combattono anche quando "il motivo è ridicolo". E perché il genere umano non è capace di essere felice.

Se la forza e l'astuzia trasformano gli uomini in cose, le lacrime restituiscono agli eroi la dignità della coscienza e della vulnerabilità, segno costitutivo della specie. Come gli altri liquidi del corpo umano (lo sperma, il sangue, il sudore), le lacrime sono quindi segno non di debolezza ma di impeto vitale, forza e speranza. Simbolo del ciclo della vita che si rinnova. Argomento sensibile in un'epoca di decadenza sancita dalle leggi materialissime degli uomini. Ci vuole ben altro, insomma, a scalfire l'antico cardine della grecità: conoscere attraverso la sofferenza.  

Così Le lacrime degli eroi non è solo un viaggio nella memoria ma anche una lettura suggestiva del presente, dalle balze dell'Acropoli allo struggente tramonto di Micene all'ombra della Porta dei Leoni. "Dovunque io viaggi la Grecia mi ferisce", cantava Ghiorgos Seferis in piena tragedia novecentesca. Non è un caso che proprio oggi questa terra dalla tradizione ospitale rinnovi l'attrazione su tanti viaggiatori. Il cosiddetto mal di Grecia, l'incantamento svelato da Giuseppe Zanetto, professore di Greco alla Statale di Milano, in un libro dal titolo meraviglioso: Entra di buon mattino nei porti . L'ombelico del nostro mondo è in quel mare color del vino da solcare con "l'allegria del navigante e la pensosità del pellegrino".

Attraverso lo stratagemma metaletterario di Omero, ogni viaggio in Grecia è dunque un ritorno dove tutto termina e ricomincia. L'hanno recentemente sperimentato Vinicio Capossela nel suo Tefteri e Giuseppe Ciulla in un bel reportage intitolato Un'estate in Grecia. 4000 km ai confini dell'Europa nell'anno della crisi . Tuffandosi con ardore nelle ebbre feste d'Arcadia e nelle fumose taverne del rebetiko, nei carrugi del Pireo e nelle aziende agricole di contadini tornati alla terra, fra gli eremiti del monte Athos o sulle spiagge del meltemi fino a quel grande inganno che chiamiamo frontiera.

Anche oggi nell'Ellade l'anima del popolo greco s'annida nel medesimo topos archetipico da cui sgorgavano le lacrime degli eroi: la capacità di fondare un nuovo ordine dal caos, di scendere nell'Ade e tornare alla luminosità della vita.

Matteo Nucci
Le lacrime degli eroi
Einaudi
210 pp., 11,50 euro

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Michele Lauro