Il Grande Gatsby, quattro curiosità sul libro leggenda
Lifestyle

Il Grande Gatsby, quattro curiosità sul libro leggenda

Le abbiamo trovate spulciando tra le varie edizioni del libro di Francis Scott Fitzgerald

Da qualche settimana Il Grande Gatsby è tornato ad essere un libro molto popolare. Merito del film di Baz Luhrmann, quarta versione cinematografica del romanzo di Francis Scott Fitzgerald: inaugurerà il Festival del cinema di Cannes il 15 maggio, è costato 104 milioni di dollari e ha messo in moto una macchina pubblicitaria colossale, che è riuscita a riportare uno dei classici della letteratura del Novecento in testa alle classifiche di vendita americane.

Sui pregi e i difetti del Grande Gatsby sono stati pubblicati articoli di ogni genere, stroncature colossali e lodi esaltanti. Comunque la si pensi, vale la pena di leggere o rileggere questo romanzo: perché ha segnato un secolo di letteratura e intere generazioni di studenti, ma soprattutto perché è un bel libro, ricco di concetti attualissimi. Racconta la solitudine umana, la vacuità degli oggetti e la superficialità delle persone. E le illusioni, irrealizzabili ma necessarie, come quella luce verde che Jay Gatsby vede al di là della baia di West Egg.

Di questo romanzo si sa molto, ma forse qualche particolare legato alla sua pubblicazione riesce ancora a sorprendere.  

La storia iniziale
La storia così come riportata nel libro si svolge durante l'estate del 1922 - durante l'Età del Jazz - a Long Island (New York), ma il libro era stato originariamente ambientato nel Midwest intorno al 1885. L'idea iniziale di Scott Fitzgerald era quella di avere un "elemento cattolico" di rottura nel romanzo, che dimostrasse l’evoluzione e la ribellione del personaggio ai dettami dell’educazione tradizionale (e l'infanzia di Gatsby ne è la rappresentazione). Durante la stesura però questa parte fu eliminata per essere pubblicata quasi un anno prima dell’uscita de Il Grande Gatsby, nel giugno 1924, come racconto breve dal titolo Absolution (lo si può leggere qui ). È interessante, perché vi si trovano i tratti del giovane James Gatz prima che diventasse Jay Gatsby, con la sua voglia di realizzarsi in un ambiente estremamente chiuso e retrivo, in cui ogni azione viene interpretata come una provocazione nei confronti della religione e del senso comune.

Il titolo definitivo
Fitzgerald non era affatto convinto del titolo del romanzo, esplicitamente ispirato a Il grande Maulnes, pubblicato da Alain Fournier nel 1913 e divenuto oggi un classico tra i romanzi di formazione. Fino a poco prima che Il Grande Gatsby venisse stampato l'autore chiese che il titolo del romanzo venisse modificato in Trimalcione nel West Egg. Altre ipotesi erano titoli come Sulla strada per West Egg, o Gatsby. Di Trimalcione nel West Egg esiste anche una versione stampata. Ma il riferimento a Trimalcione, il libertino arricchitosi immensamente grazie ai suoi traffici commerciali di cui Petronio parla nel Satyricon (I sec a.c.), venne giudicato troppo elitario. Fitgerald chiese allora al suo editore che il libro si intitolasse Sotto il rosso, bianco e blu. Ma il romanzo stava per essere stampato e rimase Il Grande Gatsby.

I primi apprezzamenti del libro
Le recensioni iniziali furono un vero disastro, così come le vendite. Il Grande Gatsby fu un flop, e per tutta la sua vita Fitzgerald non ebbe modo di vederne il successo. Il volume mantenne una tiratura di poco più di 20.000 copie, e l'unico che riteneva questa storia un capolavoro era lo stesso Fitzgerald. Forse i lettori erano troppo calati nell’età del Jazz prima e nella Grande Depressione poi per rendersi conto che lo sguardo di Fitzgerald era riuscito ad andare oltre, disegnando le caratteristiche non di un singolo individuo, ma dell’animo umano. Ci vollero più di dieci anni perché il racconto venisse apprezzato dalla nuova generazione e il libro diventasse un caposaldo della narrativa americana del Novecento.

La copertina della prima edizione
Il libro fu stampato dall’editore Scribner con la sovraccoperta disegnata dall’artista spagnolo Francis Cugat. L'immagine di due enormi occhi tristi di donna che fluttuano su uno sfondo azzurro, guardando da lontano la città sfavillante, ha segnato generazioni di studenti inglesi e americani ed è conosciuta da chiunque frequenti negozi di libri di seconda mano. In Italia è stata recentemente riproposta dall’editore Mattioli 1885 ed è da sempre il simbolo della storia di Jay Gatsby. Il dipinto che ne è alla base, "Celestial Eyes", fu completato da Cugat prima che Fitzgerald consegnasse il manoscritto definitivo. Mentre Scott si innamorò subito della copertina, anche se poi ammise di non amarla più, Ernest Hemingway la definì in Festa mobile la più triste che avesse mai visto, simile a quella di un brutto libro di fantascienza. Eppure per i lettori quell’immagine rappresenta l'essenza del Grande Gatsby, tanto che in questi giorni la ripubblicazione del libro con una nuova veste grafica che riproduce la locandina del film di Luhrmann ha scatenato le opposizioni della stampa americana. Chissà, forse a Hemingway sarebbe piaciuta.

I più letti

avatar-icon

Antonella Sbriccoli