Gli Stati Uniti? "Il più importante paradiso fiscale del mondo"
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Gli Stati Uniti? "Il più importante paradiso fiscale del mondo"

Agevolazioni fiscali, una rete satellite di territori esteri, un'offerta allettante per richiamare capitali: in Le isole del tesoro (Feltrinelli)  Nicholas Shaxson ricostruisce la storia dei luoghi dove è nascosto il denaro della globalizzazione. Con qualche sorprendente novità

I luoghi più sinistramente evocativi, certo. Ma anche il gotha dell'alta finanza mondiale, occidentale o asiatica non importa. Come funzionano i meccanismi  che distraggono ogni anno miliardi di dollari dal regolare flusso di denaro dichiarato? E quali paesi sono in prima fila nella raccolta e nell'investimento di azioni e obbligazioni, spesso non dichiarate? In Le isole del tesoro (Feltrinelli) Shaxon indaga sulle dinamiche, a volte insospettabili, dei capitali esteri al tempo della globalizzazione. Per gentile concessione dell'editore, pubblichiamo un estratto del suo saggio.

di Nicholas Shaxson

Gli Stati Uniti sono il fulcro del terzo polo di centri offshore. In America il ricorso ai paradisi fiscali è sempre stato molto più controverso che in Gran Bretagna, dove la City di Londra ha neutralizzato l’opposizione alla sua strategia offshore globale. I funzionari statunitensi sono impegnati a combattere le frodi fiscali offshore almeno fin dal 1961, quando il presidente Kennedy chiese al Congresso di approvare una legge per spazzar via i paradisi fiscali “dalla faccia della terra”.

Lo Stop Tax Haven Abuse Act, appoggiato nel 2008 anche da Barack Obama prima che salisse al potere, e il successivo svuotamento del provvedimento da parte della lobby dell’offshore, non sono che una recente schermaglia in un’antica guerra. Nel corso del tempo l’amministrazione statunitense è passata gradualmente da un’esplicita opposizione ai paradisi fiscali a un blando atteggiamento di complicità con il sistema. A partire
dagli anni sessanta i finanzieri americani sono fuggiti in massa all’estero per sottrarsi alle norme e alle imposte vigenti negli Stati Uniti, prima verso l’euromercato offshore di Londra, poi verso la ragnatela britannica e oltre.

Il sistema offshore ha permesso a Wall Street di aggirare la rigorosa regolamentazione finanziaria statunitense, riguadagnando progressivamente potere e influenza sul sistema politico americano e poi, soprattutto dagli anni ottanta, trasformando gli stessi Stati Uniti in quello che è attualmente, in una certa misura, il più importante paradiso fiscale del mondo.

Il sistema offshore che ruota attorno agli Stati Uniti opera anch’esso su tre piani. A livello federale, gli Usa promettono una serie di agevolazioni fiscali e disposizioni e normative in materia di segretezza per attrarre capitali esteri in perfetto stile offshore. Per esempio, le banche statunitensi possono legalmente accettare i proventi di una vasta serie di crimini, come la ricettazione di beni rubati, purché le attività criminali vengano commesse all’estero. Gli istituti bancari stipulano particolari accordi che li impegnano a non rivelare l’identità degli stranieri che depositano i loro fondi negli Stati Uniti. Il secondo livello del sistema offshore è quello dei singoli stati degli Usa, che offrono un ventaglio di disposizioni allettanti per richiamare i capitali esteri. Per esempio, le élite dell’America latina effettuano le loro operazioni bancarie in Florida. Generalmente gli Stati Uniti non
condividono le informazioni bancarie con i paesi latinoamericani, dunque molto di questo denaro, che gode della protezione del segreto statunitense, è frutto di evasione fiscale o di attività criminali.

Le banche della Florida, inoltre, accolgono segretamente da anni i capitali della malavita e del narcotraffico, spesso mediante complessi accordi con i paradisi fiscali dei vicini Caraibi britannici. Stati minori come il Wyoming, il Delaware e il Nevada offrono sistemi estremamente convenienti e pressoché impenetrabili di tutela del segreto aziendale in un contesto quasi privo di regolamentazione, attirando enormi volumi di capitali illeciti, e persino le risorse finanziarie dei terroristi, da ogni parte del mondo.

La terza componente del sistema offshore statunitense è una piccola rete satellite di territori esteri. Le Isole Vergini americane, un’“area insulare” degli Stati Uniti, hanno con questi ultimi un rapporto costituzionale dai confini incerti, un po’ come i satelliti offshore della Gran Bretagna, e sono un paradiso fiscale minore. Un altro è quello delle Isole Marshall, un’ex colonia giapponese sotto il controllo americano dal 1947, oggi legata
agli Stati Uniti da un patto di libera associazione. Le Isole Marshall sono principalmente una “bandiera di comodo” che, come ha osservato recentemente “The Economist”, è “molto apprezzata dagli armatori per il suo blando regime di regolamentazione”.
Il registro navale delle Isole Marshall è stato istituito nel 1986 con il contributo di Usaid da Fred M. Zeder II, un compagno di golf di George H.W. Bush che è andato poi a dirigere la US Overseas Private Investment Corporation (Opic). Attualmente gestito da un’impresa privata statunitense con sede in Virginia nei pressi dell’aeroporto di Washington Dulles, il registro navale delle Isole Marshall offre una bandiera ombra, tra gli altri, a
Deepwater Horizon, la piattaforma petrolifera operata da British Petroleum che ha provocato il disastro ambientale lungo la costa del Golfo degli Stati Uniti nel 2010.27 Un piccolo, opaco paradiso fiscale si è sviluppato parallelamente al registro navale.

Fingendosi un’armatrice preoccupata degli obblighi di trasparenza, una giornalista sudafricana di nome Khadija Sharife ha appreso che per costituire una società alle Isole Marshall bastavano un giorno e una tassa di registrazione iniziale di 650 dollari, più una spesa di mantenimento annuale di 450 dollari. Inoltre, le è stato detto,

se le autorità [...] contattano il nostro ufficio del registro e la nostra giurisdizione e chiedono di ottenere maggiori informazioni riguardanti gli azionisti, gli amministratori della società ecc. [...] noi non abbiamo accesso a quelle informazioni in ogni caso, poiché tutta l’organizzazione e la gestione dell’impresa è affidata direttamente ai legali e agli amministratori della stessa. A meno che i nominativi degli amministratori e degli azionisti non vengano registrati alle Isole Marshall, diventando informazioni di pubblico dominio (cosa che NON è obbligatoria), non siamo nella posizione di rivelare queste informazioni.

Analogamente, la Liberia è stata costituita come “bandiera di comodo” nel 1948 da Edward Stettinius jr., un ex segretario di Stato americano; secondo lo storico Rodney Carlisle, il suo codice marittimo è stato “letto, corretto e approvato da dirigenti di Standard Oil”. Il registro navale liberiano è oggi amministrato da un’altra impresa privata della Virginia, con sede a circa cinque miglia dal registro delle Isole Marshall.Anche la Liberia
ha tentato di creare un sistema offshore, ma nessuno era disposto ad affidare i propri capitali a un governo dell’Africa nera, e il piano è fallito miseramente. La sovranità, in questi paesi, è letteralmente in vendita al miglior offerente. Il maggior paradiso fiscale sotto l’influenza degli Stati Uniti
è Panama. La piccola nazione centroamericana ha iniziato ad accettare la registrazione di navi straniere nel 1919, per consentire a Standard Oil di evadere il fisco e la regolamentazione negli Stati Uniti. Il sistema finanziario offshore ha visto la luce nel 1927, quando i gruppi di interesse di Wall Street hanno aiutato Panama a introdurre una legislazione molto accomodante in materia di costituzione delle società, che consentiva a chiunque
di dar vita a imprese esenti da imposizione fiscale in maniera del tutto anonima e senza troppe domande.

“Il paese è pieno di avvocati disonesti, banchieri disonesti, agenti di registrazione disonesti e società disoneste,” ha osservato un funzionario delle
dogane statunitensi. “La zona di libero scambio è il buco nero attraverso il quale lo stato del Panama è diventato uno dei più fetidi ricettacoli per il riciclaggio di denaro al mondo.” Questa strana e semisconosciuta rete incentrata sugli Stati Uniti, che ricorda il ruolo coloniale delle giurisdizioni segrete nella zona britannica, è una chiara indicazione del fatto che la finanza offshore si trova da anni al centro delle trame ordite dai neoconservatori per affermare il potere statunitense in ogni angolo del globo. In pochi se ne sono accorti.

© Nicholas Shaxson, 2011 - © Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano

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Filippo Maria Battaglia

Scrivo di politica, storia, narrativa e varia umanità. Quando capita, pubblico persino un libro . Amo molte cose e convivo con molte altre, in particolare con le mie nevrosi.

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