Giuseppe Zuccarino, 'Il farsi della scrittura'
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Giuseppe Zuccarino, 'Il farsi della scrittura'

In bilico tra critica letteraria e filosofia, attraverso l'analisi dell'opera di alcuni scrittori francesi contemporanei questo saggio offre un affascinante passepartout per penetrare i misteri della scintilla creativa

Cosa ci muove a scrivere, una specie di satori (l'illuminazione del buddhismo zen), l'epifania che il narratore proustiano sperimenta alla fine del Tempo ritrovato, oppure un ricordo da tenere in vita, un evento da decostruire e ricostruire con la fatica dell'artigiano? Un impulso primario, un incidente, un lutto, la noia o l'insoddisfazione, una casualità di circostanze? La dedizione all'arte, la speranza di un riconoscimento, lo strabordare dell'ego, la sindrome dell'immortalità?

Tra le pieghe sinuose di questi interrogativi si affaccia Il farsi della scrittura di Giuseppe Zuccarino, critico e traduttore fra gli altri di Mallarmé, Bataille, Klossowski. È una raccolta con qualche passaggio criptico ma che minuziosamente esplora la progettualità di alcuni romanzi nell'atto del loro compimento, dissezionando l'opera di quattro assi della letteratura francese come Mauriche Blanchot, Claude Simon, Pascal Quignard e Roland Barthes, per concludere con uno studio di Jacques Derrida sul genio di James Joyce e Antonin Artaud. Il dietro le quinte di un processo che non ha certezze.

Roland Barthes verso la fine della carriera sente l'impulso di sperimentare una "vita nuova" attraverso una nuova pratica di scrittura. La lettura di Tolstoj e Proust lo convince che solo nel romanzo è possibile trasferire "momenti di verità", dare voce a emozioni autentiche con le quali forse parlare delle persone care. Eccoci allora seguire con trasporto il tentativo del grande saggista di approdare al romanzo partendo dagli haiku giapponesi, e intanto tenere un corso universitario su quello stesso tema: accostandosi cioè al romanzo non in maniera storico-critica ma come se volesse scriverne uno.

Diversamente Claude Simon, premio Nobel per la letteratura poco conosciuto in Italia, avversa i miti dell'ispirazione, della spontaneità e della scrittura automatica. Per lui il libro è il risultato della paziente costruzione di un narratore che non smette mai di cercare. E la mano che scrive (quella che potete osservare nel disegno di copertina, Simon era anche raffinato pittore) non esprime qualcosa che preesisterebbe alla scrittura ma soltanto "ciò che accade nello scrittore al momento in cui scrive". Attraverso l'opera di Pascal Quignard, Zuccarino esplora invece le radici inconsce della narrazione, rivelando i nessi simbolici tra scrittura e musica e i processi di identificazione fra autore e personaggio.

Ma può la scrittura in quanto atto "democratico" produrre intossicazione culturale? È quello che ai nostri giorni in molti hanno cominciato a pensare, puntando il dito contro la fame insaziabile dell'industria editoriale, perfino in tempi di crisi. Per un Philip Roth che annuncia di smettere c'è un'infinita schiera di aspiranti eletti che attende la chiamata. E intanto si autopubblica. Ha fatto scalpore in Germania un volumone recentemente tradotto anche in Italia, Kulturinfarkt, poderosa analisi della modernità alle prese con opere di genio più numerose dei potenziali fruitori. Il crepuscolo degli idoli, per dirla con Nietzsche: l'artista offre cibi che nessuno vuole.

Il segreto, come sempre, è trovare qualcosa di divertente. Per esempio il "manuale di pronto intervento per il recupero in otto giorni di 12.000 infettati in forma grave", stilato da Francesco Muzzioli: Come smettere di scrivere poesia . La scrittura come epifania, come emozione pura o linguaggio dell'anima? Ma mi faccia il piacere. "I poeti nascono ovunque, come i vermi", diceva lo scrittore polacco Witold Gombrowicz. Con un certo tatto, bisogna ammettere.

Il farsi della scrittura contiene invece il messaggio etico di un maestro come Roland Barthes, formulato attraverso il disvelamento del suo progetto incompiuto: cercare l'Irriducibile della letteratura, ciò che in essa sopravvive ai discorsi stereotipati che la circondano. Per il suo romanzo aveva in serbo un'ambizione presa a prestito dalla musica: "scrivere un'opera in Do maggiore". Ma il destino aveva altri progetti e Barthes morì poco dopo, vittima di un incidente stradale. Era il 26 marzo 1980. Da allora molti hanno provato a scriverlo. Invano.

I libri:
Giuseppe Zuccarino
Il farsi della scrittura
Mimesis
pp. 144, 14 euro

AA.VV.
Kulturinfarkt. Azzerare i fondi pubblici per far rinascere la cultura
Marsilio
pp. 268, 18 euro

Francesco Muzzioli
Come smettere di scrivere poesia
Lithos
pp. 108, 9 euro

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Michele Lauro