Daniele Rielli, 'Storie dal mondo nuovo' - La recensione
Mercator's Projection. Foto di David Burdeny. © Courtesy of Bau-Xi Gallery
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Daniele Rielli, 'Storie dal mondo nuovo' - La recensione

Comica, bizzarra, dissoluta: la schizofrenia del presente in dieci appassionanti reportage

Daniele Rielli è un cacciatore di storie e a coronamento di un percorso non inusuale nella saggistica contemporanea - dal web, cioè dalla casa virtuale chiamata Quit the Doner, all'editoria mainstream - approda alla prestigiosa collana dei casi Adelphi con una raccolta di pezzi, alcuni inediti e altri ampliati rispetto all'originale short form. Storie dal mondo nuovo aggiorna al terzo millennio un'idea classica del reportage narrativo, quella novecentesca dei Parise e Vassalli, Ceronetti e Piovene, Manganelli e Tabucchi fino a Tiziano Terzani. Brillantezza linguistica, scelta delle fonti, incisività, ritmo, indipendenza e libertà di pensiero sono le sue armi, ma fa da collante una qualità su tutte: l'ironia.

Mettendo a nudo con poche pennellate ben distribuite la generale inutilità degli scrittori nel panorama contemporaneo, Rielli disvela il farsi di un pezzo giornalistico come esercizio di pazienza e pervicacia, basato sul fiuto ma anche sul calcolo, sull'autobiografia e su un background di letture giuste, sul coraggio del rischio e sul rispetto delle persone, e soprattutto sulla capacità di mettere in discussione ogni volta il luogo comune, specie quello viziato dall'ideologia. La cultura del politically correct, ha dichiarato in un'intervista, è una specie di "fascismo light del linguaggio". Così pur attingendo a piene mani dall'attualità, si tiene a distanza dal narcisismo primario dell'epoca social, ossessionato dal consenso e con la capacità di concentrazione limitata al tempo di uno scroll.

Anche se, ironia della sorte, proprio grazie a un post divenuto virale (5 buone ragioni per non votare Bebbe Grillo) il blogger Rielli ha acquisito quella notorietà che lo ha portato fin qui, le sue storie sono asciutte e dissacranti quanto basta per aspirare a diventare un'originale forma di decadentismo contemporaneo (prendo a prestito la definizione da una bella scheda libro sul Bangkok di Lawrence Osborne pubblicata su Linkiesta dallo stesso Rielli, con lo scopo di generare un cortocircuito di citazioni). Il mondo nuovo si offre alla dissezione del reporter come un organismo infettato dalle sue sottoculture, pericolosamente in bilico tra evoluzione e autodistruzione, eppure vitale anche e proprio in virtù di quelle.

Il libro si apre con un'incursione nel transatlantico del Parlamento italiano durante una sessione di voto per il presidente della Repubblica e si chiude con un approfondita disamina del morbido apartheid che ancora regola la vita in Alto Adige, un sistema illiberale e silenzioso nel cuore d'Europa. Passando per alcuni postriboli della modernità come il raduno delle start up tecnologiche nel cuore di Londra e quello dei fan di Valentino Rossi al Mugello, sacerdoti di una liturgia pagana intonata ai motori delle motoseghe. Le mille luci di New York sbiadiscono a Brighton Beach, il quartiere di South Brooklyn "dove le scritte in inglese, quando ci sono, vengono sempre sotto a quelle in cirillico", e nell'intervista a Frank Serpico, il leggendario poliziotto simbolo della lotta alla corruzione, che definisce senza mezzi termini i suoi connazionali "un popolo spiritualmente in bancarotta".

I racconti dell'est hanno ambientazioni più esotiche come Borgo Egnazia, nel brindisino, che nell'agosto 2014 tenne a battesimo le nozze di due facoltosi indiani. O come Tirana, capitale albanese dove ancora oggi il nazionalismo nasconde un complesso di sudditanza verso l'Europa che conta, fra la miseria quotidiana e i macchinoni che sfilano sul lungomare. A Budva, in Montenegro, Rielli si reca al seguito dei giocatori di Texas Hold'em, misterioso sottobosco di professionisti che hanno mollato posti di lavoro anche ben retribuiti per sfidare le regole della varianza e del controllo mentale. Fra i tanti incontri c'è quello illuminante con Andrea Piva, ex professionista del poker on line, sceneggiatore e raffinato scrittore che ha appena ambientato il suo secondo romanzo (L'animale notturno) nel sottosuolo dell'azzardo.

"Stringo il cappuccio della felpa e respiro l'odore chimico della bomboletta". Inizia così I problemi sono altri, il mio racconto preferito, come una spy story in vertiginosa soggettiva calata nel mondo dei writers. Incaricato di un reportage per il Venerdì di Repubblica, Rielli cerca la chiave per accedere a quella rete mondiale sul confine tra arte contemporanea e extraterritorialità. Un confine elettrizzante, motore di una creatività sfuggente eppure più libera e fervida rispetto a molte altre forme d'arte del nostro tempo. Leggendo questo pezzo impariamo fra l'altro a distinguere i murali che danno lustro alle periferie: il writing dei tag e la street art, pur condividendo il medesimo supporto fatto di calce e cemento, hanno alla base una diversa visione del mondo che li porta in direzioni politiche e artistiche opposte, l'una ai margini della società, l'altra verso le grandi mostre internazionali.

Con leggerezza Storie dal mondo nuovo apre uno squarcio profondo sulle anomalie del nostro presente. "Immagina se si stampassero reportage alle fermate dell'autobus, o sui muri del centro" dice un writer al giornalista d'assalto. La provocazione somiglia a una distopia, riflette Rielli, se pensiamo alla letteratura italiana contemporanea. Ma per noi lettori il problema è proprio quello: dove trovare, nell'immenso McDonald's globale della cultura, le storie che stimolano a porci domande, le storie che raccontano la pazzia sotto gli occhi di tutti? Ecco uno di quei libri. Nel finale, l'aneddoto del giornale radio altoatesino che divide le notizie in Sud Tirolo e resto del mondo offre tra l'altro una chiave per interpretare la scheda biografica di Quit the Doner, nato "in una laboriosa cittadina del nord Italia famosa per il suo motto: Non c'è un cazzo da ridere, questa è una laboriosa cittadina del nord Italia".

Daniele Rielli
Storie dal mondo nuovo
Adelphi
316 pp., 19 euro

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Michele Lauro