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Tecnologia

Cloud, quanto vale in Italia e nel mondo

Tutti i numeri della nuvola, che nel Bel Paese continua a crescere tra imprese di ogni dimensione (anche micro). Con qualche ritardo e alcune diffidenze

Un giro d’affari globale al galoppo, che dovrebbe superare agevolmente i 260 miliardi di dollari a fine 2017, all’incirca 40 in più rispetto al 2016. Un trend che continuerà a irrobustirsi, raggiungendo gli oltre 305 miliardi agli sgoccioli del 2018, oltrepassando il muro dei 410 miliardi entro il 2020. Una crescita esponenziale, inarrestabile. Ecco i numeri delle previsioni, abbastanza da capogiro, diffuse pochi giorni fa dall’autorevole società di ricerca internazionale Gartner, che sanciscono i muscoli portentosi del cloud, l’ingresso della nuvola in quella che, a pieno titolo, può essere definita come la sua età dell’oro.

Verso i 2 miliardi in Italia

Lo stesso accade in Italia, dove l’ultimo accurato rapporto dell’«Osservatorio Cloud & Ict as a Service» del Politecnico di Milano prevede, alla fine dell’anno, un valore per il settore pari a 1,978 miliardi di euro, spiccioli in meno della soglia dei 2 miliardi, il 18 per cento in più rispetto a quanto si registrava in coda al 2016.

Un incremento sostanzioso: «Nel nostro Paese, abbiamo imboccato una direzione forte rispetto al passato. I player internazionali stanno trovando un mercato consapevole in cui muoversi, in grado di adottare il cloud in maniera estensiva» dice Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio. Che nella sua ricerca è andato oltre. Ha innanzitutto analizzato in quali comparti produttivi vada a concentrarsi la spesa per il grande salto nella nuvola: «Il manifatturiero» si legge nel documento «ha il peso maggiore (24 per cento), seguito da bancario (20 per cento), telco e media (15 per cento), utility/oil & gas (10 per cento), altri servizi (10 per cento). Completano il quadro pubblica amministrazione e sanità (8 per cento), grande distribuzione (8 per cento) e assicurativo (5 per cento)».

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La dimensione fa la differenza

Sono segni di una trasversalità, di un raggio ampio. Una prerogativa del 64 per cento delle grandi imprese («la loro consapevolezza ha radici ormai ben piantate» commenta Piva), sebbene vada registrato un generale fermento: nelle piccole aziende, la percentuale di adozione del cloud è passata dal 21 al 35 per cento, nelle medie imprese è quasi raddoppiato, salendo al 52 per cento contro il 29 dello scorso anno. «Le grosse realtà» ribadisce Piva «hanno il vantaggio di avere compreso il potenziale del fenomeno da qualche anno e hanno già spostato nella nuvola porzioni considerevoli del loro sistema informativo. Le più piccole e localizzate sono state frenate da un gap culturale, che però sta venendo progressivamente meno».

Per la prima volta, nella ricerca sono state anche incluse le micro imprese, ovvero quelle che contano meno di dieci addetti. Ebbene, un quarto di loro, il 26 per cento, ha già messo un piede nella nuvola, nonostante non possa contare su risorse sostanziose come quelle più strutturate. «Ma tale scenario ha molto senso» commenta il direttore dell’Osservatorio: «Più è ridotta la dimensione dell’azienda, maggiore è il potenziale ricavabile dal cloud. Ha modo di sfruttare servizi semplici a un costo tutto sommato contenuto, senza la necessità di risorse umane dedicate». Per esempio, può tenere al sicuro i dati in hard disk virtuali affidabili, come potremmo fare noi utenti privati.

Non solo luci

Il rapporto dà inoltre conto del rovescio della medaglia, di quelle imprese che dicono di non essere interessate affatto a utilizzare servizi di digitalizzazione: solo il 9 per cento delle grandi e il 20 per cento delle medie, ma anche il 49 delle piccole e il 55 delle micro. Non poche. È un punto su cui riflettere e, in parallelo, una prateria in cui il cloud può attecchire e prosperare in futuro.

Quanto infine alla sua distribuzione territoriale lungo lo Stivale, la fotografia scattata è quella di un Paese che procede a due velocità. Se il Centro è l’area con maggiore adozione, persino più di Nord Est e Nord Ovest («dipende, in parte, dalla presenza di strutture chiave della pubblica amministrazione nel Lazio»), al Sud e nelle Isole ci si ferma nei dintorni del 10 per cento. Un ritardo che andrà colmato: «Anche perché» rileva Piva «la tendenza del cloud è una specializzazione nei servizi, la sua capacità di diventare una piattaforma di evoluzione per altri trend. Un pilastro su cui edificare algoritmi d’intelligenza artificiale, in cui appoggiare il dialogo dei sensori dell’internet delle cose e su cui fa leva l’analisi dei dati per ottimizzare le proprie risorse». In poche parole: «La nuvola consente alle aziende di sperimentare, a basso costo, ambiti d’innovazione inediti rispetto al passato». Un’opportunità indispensabile per chi vuole crescere, o come minimo procedere al passo di questo tempo digitale.

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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