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Quando il clero sclera

Quando il clero sclera

«Un pastore vanitoso non fa il bene del Signore» ha detto Francesco. Ma questi «don» fanno il contrario di quanto prescritto dal Papa: si esibiscono come rockstar, tengono comizi, mostrano moto e celebrano messa dalle gru. Più che per la loro gloria di Dio, per la loro.


Le vie del Signore sono infinite, ma alcune sono più divertenti delle altre. Preti comizianti, parroci antagonisti, sacerdoti che cantano e ballano tra le navate, don motociclisti, Top gun in tonaca. Anche in tempi di pandemia cinese, la Chiesa offre un ampio campionario di pastori d’anime, collettori di like e visualizzazioni, apostoli sempre più sospesi tra evangelizzazione olistica ed esibizionismo piacione. Mezzo secolo fa Guy Debord aveva intuito che la spettacolarizzazione avrebbe probabilmente preso il posto della religione. «Lo spettacolo è la ricostruzione materiale dell’illusione religiosa», scriveva il filosofo francese nella Società dello spettacolo (Tesi 20). Oggi, tocca riconoscere che è successo il contrario: la Chiesa cattolica si è impadronita anche dello spettacolo e i preti situazionisti crescono e si moltiplicano, dalle Alpi alla Sicilia.

Durante il primo lockdown, a Roma, bastava correre intorno a Villa Pamphilj per sentire le urla di partite di pallavolo, basket e calcetto. Protetti dalle alte mura di cinta delle case generalizie, preti, suore e novizi di tutto il mondo si concedevano questi piccoli lussi mentre là fuori, in Italia, era tutto vietato. In questa seconda quarantena, invece, non è andata così bene al parroco di Chivasso che venerdì 4 dicembre è stato multato di 373 euro per aver consentito una partitella di pallone nell’oratorio.

Il micidiale incontro tra la scuola borbonica di un Dpcm Conte e la nota flessibilità sabauda dei vigili torinesi ha pensato bene di abbattersi su un povero parroco. Ma è andato a incappare in un tipo come don Davide Smiderle, già passato alle cronache un paio d’anni fa per non aver dato la comunione a un fedele che durante la messa aveva dato dell’«eretico» a Papa Francesco. Don Davide ha impugnato la multa lamentando una violazione dei Patti Lateranensi, al grido di «lo Stato non deve immischiarsi nelle questioni ecclesiastiche». Come ha scritto il filosofo Giorgio Agamben, laddove la sinistra italiana si è piegata a ogni divieto, i preti invece si sono spesso ribellati.

La gestione della cosiddetta emergenza Covid ha innervosito molti sacerdoti, anche se resta più facole andare in chiesa che a scuola, e ha messo in ombra quel pugno di parroci assai mediatici, come il mitologico don Paolo Farinella di San Torpete, a Genova, o il pistoiese don Biancalani, che si erano guadagnati una discreta fama attaccando dall’altare prima Silvio Berlusconi e poi Matteo Salvini.

A Polesine Zibello, Parma, don Gianni Regolani ha aggirato il divieto di assembramenti a fini religiosi e per tutto il mese di marzo si è più volte librato sui cieli della Bassa parmense per dispensare benedizioni dall’alto di un superleggero che faceva decollare da un hangar di Busseto. Don Gianni, 79 anni, l’aereo non l’ha affittato per il suo gesto dannunziano, ma lo possiede con tre amici. «Sgancio le mie bombe dal cielo», ha detto il prete aviatore ad Avvenire. Bombe fatte di benedizioni sui tetti delle case. Quando le supreme autorità lo hanno fermato, don Gianni si è procurato un camioncino e le benedizioni ha cominciato a spararle con gli altoparlanti, come un arrotino.

E se i miscredenti del governo di Roma hanno un ministro della Salute che usurpa il nome di una virtù teologale, mettendo divieti più o meno a casaccio, sul territorio la Chiesa risponde con Amore. Per la precisione, don Gaetano Amore, parroco di Polignano a mare, la cittadina che ha dato i natali a Domenico Modugno (sì, l’interprete di Volare). Ha 47 anni ed è noto come «il prete Top gun». Regolarmente socio dell’Aeroclub di Bari, don Amore a giugno ha sorvolato sul divieto di organizzare processioni ed è decollato su un monomotore quadriposto, dove uno dei passeggeri era la statua di San Vito. Prima della sacra impresa aveva detto ai parrocchiani: «Affacciatevi alla finestra e salutate San Vito con un fazzoletto bianco».

Ma non sempre tutti i cittadini apprezzano lo zelo pastorale e ne sa qualcosa don Giovanni Cominardi da Pontoglio, nel Bresciano. Per tutto aprile, ogni sera alle 18 in punto, questo sacerdote di 48 anni si è arrampicato su una gru e da 21 metri di altezza ha celebrato messa. Ma un mixer e due potenti casse da discoteca hanno forse esagerato nel diffondere la Parola del Signore e le proteste di alcuni compaesani hanno bloccato «Don Gru».

È andata peggio a don Gianluca Loda, parroco di Castelletto di Leno, sempre nel bresciano. A giugno è tornato nella sua chiesa dopo un periodo di vacanza forzata gestito dai suoi superiori per «disagio personale». Per tutta la primavera si era permesso di attaccare il governo Conte per le norme che vietavano le messe («Contiamo meno dei cani», «Vergognatevi! Andate a casa, fantocci!», «Le autorità ecclesiastiche sono prone al potere») e a maggio si era concesso anche un pranzo in piazza con quattro amici. Don Loda si è quindi beccato 400 euro di multa, ma il problema è che era proprio il giorno del Digiuno organizzato da Papa Bergoglio.

Anche l’attuale pontefice sa stare alla grande sotto i riflettori e padroneggia un vasto arsenale di strumenti di marketing religioso, ma i suoi pastori li aveva messi più volte in guardia da certi eccessi. Come il 5 maggio del 2014, a Santa Marta, quando sancì: «Un pastore che è vanitoso non fa bene al popolo di Dio». E ha chiesto a più riprese di evitare «gli esibizionismi» e il semplice «rumore».

Non rumore, ma musica, quella che invece anima la vocazione di decine di preti ballerini e canterini. Uno consacrato al successo da vari social è don Nicola De Blasio, della Caritas di Benevento, che a ottobre ha concluso le Prime comunioni ballando in piazza la hit Jerusalema con bambini, mamme e catechiste. Ma la vera stella in questo singolare firmamento è il comasco don Bruno Maggioni, 64 anni, parroco in Alta Valsassina, che non riesce a chiudere un matrimonio senza attaccare lo stereo, cantare e ballare qualunque successo pop del momento. Conoscendone l’estremo riserbo, i parrocchiani gli hanno fatto gli auguri alla fine della messa il giorno del suo compleanno e don Bruno li ha ripagati con uno spogliarello intorno all’altare, al termine del quale è rimasto con indosso le braghe e una maglietta della Juventus, nota Opera pia della famiglia Agnelli-Elkann.

E anche se l’evento scatenante è stato il disagio da Covid, va annoverato tra le tonache votate allo spettacolo don Pasquale Irolla. Su YouTube spopola il video di quello che ha combinato il giorno di Pasqua, quando al termine della celebrazione nella parrocchia di Piano di Sorrento si è messo a cantare, correndo all’impazzata tra le navate deserte. Una scena che neppure gli indimenticati Ciprì e Maresco avrebbero potuto immaginare meglio. Ma è tutta la Campania a dare soddisfazioni canore al Cielo, a cominciare da don Michele Pecoraro, attempato parroco del duomo di Salerno, che con il suo gruppo ha tenuto concerti in tutta la regione.

Mentre in Sardegna, a San Teodoro, loda il Signore cantando in falsetto anche don Alessandro Cossu, con le sue ardite rivisitazioni di brani dance come «Siamo l’esercito di Cristo» (sulle note di Siamo l’esercito dei selfie). E in una parrocchia del centro di Viterbo l’annuncio della Parola può contare sull’ugola dorata di don Dante Daylusan Villanueva, filippino, 50 anni, che canta (gratis) ai matrimoni che celebra. Nel suo repertorio Ed Sheeran, Leonard Cohen e Jeff Buckley.

Per un pubblico più sofisticato c’è invece don Roberto Rinaldo, parroco di Lestizze (Udine), in arte Robert Delay. In lui, la quarantena ha fatto uscire il cantante e performer che si nascondeva sotto la tonaca. Confinato in sacrestia, don Robert ha cominciato a scrivere canzoni a tema religioso e ha pubblicato un nuovo singolo il 30 dicembre. Nei videoclip, sfoggia un impeccabile stile urban con tanto di sneakers fighette e un chiodo di pelle nera che riscrive una volta per tutte il concetto di clergyman.

Ma poi non è che si può stare sempre chiusi in canonica. Molti sono i sacerdoti ciclisti, come don Donato Agostinelli di Cerreto Guidi (Firenze), per i fedeli Dondò, che fa tutto in sella alla sua bici da corsa e per i 60 anni si è appena regalato persino un’autobiografia (Dondò, Cairo Editore). Oppure sono motociclisti come don Filippo Cappelli, di Cesena, classe 1976, laurea al Dams di Bologna e una bella Harley Davidson 1.200 con la quale sfreccia per le strade della Romagna. La diocesi gli ha affidato la «pastorale di strada», lui la fa su strada, a riprova che nei dettagli non si nasconde solo il diavolo.

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