Rush di Ron Howard, 5 motivi per vedere il film

Rush di Ron Howard, 5 motivi per vedere il film

La Formula 1 degli anni '70 e la sfida tra Niki Lauda e James Hunt tornano in una pellicola epica, che fa rivivere le corse di allora come se si fosse a bordo pista

Oggi che Niki Lauda ci ha lasciato, riviviamo il suo terribile incidente al Nürburgring e lo scontro emotivo e sportivo con il pilota James Hunt nel film Rush di Ron Howard, che uscì in Italia il 19 settembre 2013. Ecco cosa ne scrivemmo allora. 

Emozionante, dall'inizio alla fine, per due ore di visione con l'acceleratore del coinvolgimento pigiato. Rush il 19 settembre arriva nelle sale italiane, con l'attesa riservata ai film evento. Del resto alla regia c'è Ron Howard, l'ex Richie Cunningham di Happy Days, che dietro la macchina da presa ha dato vita a titoli memorabili come Apollo 13A Beautiful Mind (premio Oscar) o a blockbuster come Il codice da Vinci e Angeli e demoni
Per di più il duello tra Niki Lauda e James Hunt sulle piste di Formula 1, iniziato ancor prima su quelle di Formula 3, ha già in sé tutti gli elementi per essere una storia da film: passione, spettacolo, epicità. Soprattutto in quel 1976 stregato che vide Lauda passare tra le fiamme dell'incidente al Nürburgring, il circuito che la leggenda della F1 Jackie Stewart aveva soprannominato "L'inferno verde", e poi, dopo solo 42 giorni, di nuovo in pista, a Monza, per non permettere a Hunt di strappargli il primato in classifica. Altri tempi, altri eroi. 

Howard, strizzando l'occhio allo spettatore, congiunge con successo azione e melò, facendo di Rush un film che ha il sapore del cinema di altri tempi. Ecco cinque motivi per vederlo. 

1) Ricostruzione fedele

Già nella scelta del cast, nei costumi, nel trucco e nelle acconciature, è impressionante la somiglianza tra i personaggi di allora e gli attori che restituiscono loro giovinezza oggi. Il tedesco Daniel Brühl (già visto in Bastardi senza gloria), a cui sono stati applicati denti falsi prominenti, è un somigliantissimo Niki Lauda, riservato e introverso, rigoroso nella messa a punto dell'auto, risoluto nel voler diventare il numero uno, inflessibile nel tenere uno stile di vita sobrio. Chris Hemsworth, il Thor australiano dei supereroi Marvel, è forse più aitante e muscoloso del vero James Hunt, ma comunque credibile e affascinante, quanto basta guascone e scapestrato, amante della bella vita e dei vizi, donnaiolo con le sue fragilità, con la tensione che lo divorava prima delle gare tanto da indurlo al vomito. Sembrano estrapolati dagli anni '70 anche Alexandra Maria Lara nei panni di Marlene Knaus, l'amorevole moglie di Lauda, Olivia Wilde in quelli Suzy Miller, modella prima moglie di Hunt, il nostro Pierfrancesco Favino in quelli del pilota svizzero Clay Regazzoni, Christian McKay in quelli di Lord Hesketh, l'eccentrico nobile britannico che introdusse Hunt nella F1 fondando uno dei team più glamour della storia. Gucci ha fornito i vestiti per Hemsworth e Wilde mentre Ferragamo ha vestito Brühl e Lara.
Howard e soci hanno cercato di essere quanto più fedeli ai dettagli della storia, nei limiti ovvi della spettacolarizzazione e della sintesi richieste dal cinema. Prima di certi ciak Brühl ha addirittura chiamato Lauda solo per chiedergli: "Infilavi i guanti prima del casco o viceversa?". 

2) Le corse ricreate dal vivo

Le riprese si sono svolte nel Regno Unito, in Germania e Austria, ricreando tutto fedelmente dal vivo. Le scene d'azione sono state girate sui circuiti britannici di Brands Hatch, Donnington, Cadwell Park e Snetterton e sull'antico tracciato tedesco del Nürburgring, dove Lauda ha avuto il terribile incidente, il momento più toccante per la troupe. Sono state effettuate anche riprese a Blackbush Airfield, un tempo luogo di gare di velocità a tempo.
Sono state utilizzate 24 vetture di F1 di allora (la maggior parte prestate da collezionisti), più varie repliche e 16 telecamere. "Non ho mai usato così tante ottiche in tutta la mia vita" ha detto il direttore della fotografia Anthony Dod Mantle. "Erano ovunque sul set: sulle macchine, sotto le macchine, sui tubi di scappamento, sul tettuccio, sotto il tettuccio. Era folle, e io ho spinto la mia squadra oltre il limite".
Lo schianto di Lauda è stato filmato nella tragicamente famosa curva della Nordschleife. La sfida più complicata è stata però girare l'ultimo Gran Premio del 1976 al Fuji, per la necessità di filmare le monoposto in velocità sotto la pioggia battente. "In generale gli attori sono stati inquadrati in abitacolo solo nei box, mentre in pista ovviamente guidavano gli stuntman", ha detto Howard sulle pagine di Lauda vs Hunt - La vera storia di un duello leggendario, il libro con le firme della Gazzetta dello Sport.  

3) Anni '70, quando la Formula 1 sembrava il Far West

La Formula 1 degli anni '70 ci ha consegnato scene ed episodi che non rivedremo più in pista. Si diceva allora che il sesso era sicuro e le corse pericolose. "Metto in conto il 20% di possibilità di morire, di più non lo accetto", dice il Lauda interpretato da Brühl.
Il rischio era alto, i piloti temerari, le auto sperimentazioni (mitica la Tyrrell a sei ruote). Le piste non avevano le vie di fuga e il livello di sicurezza di oggi. Nell'incidente del Nürburgring Lauda fu soccorso ed estratto dall'abitacolo dagli stessi piloti accorsi (Arturo Merzario su tutti). Quando tornò in pista, 42 giorni dopo aver rischiato la morte, aveva le ferite ancora pulsanti e per togliersi il sottocasco dopo la gara dovette strapparlo con decisione dal capo. Le atmosfere erano di un'epicità tragica da Far West. I piloti erano manager di se stessi, stipulavano da soli i contratti con le varie scuderie, senza agenti e intermediari. Non è un caso che Lauda divenne anche imprenditore avviando una compagnia aerea. 
Il Gran Premio del Giappone, l'ultima gara del campionato del 1976, corsa sotto la pioggia, sembra il copione di un film. Lauda si ritira al secondo giro, senza rimpianti, ritenendo troppo pericolose le condizioni della pista. Ad Hunt basta arrivare terzo per vincere il mondiale. A quattro giri dalla fine è però costretto ai box e rientra in pista quinto. Spingendo al massimo riesce ad effettuare due sorpassi e conquistare il suo primo e unico titolo mondiale. Rush ci fa rivivere quei momenti come se fossimo là, a bordo pista. 

4) Sceneggiatura da brividi e sorrisi

La sceneggiatura è opera del drammaturgo britannico Peter Morgan, già dietro ai film The Queen - La regina di Stephen Frears, Frost/Nixon - Il duello dello stesso Howard, Hereafter di Clint Eastwood. Con abilità cesella battute memorabili tra i duellanti Lauda e Hunt e anche scambi divertenti. "Ti trovo bene:", dice sorridente l'Hunt di Rush a Lauda, "sei l'unico che ustionandosi il volto è migliorato".
Il 14 giugno 1993 Hunt chiese all'artista Helen Dyson di sposarlo, il giorno dopo morì d'infarto. Dalla scena finale del film risuona ancora la frase di Lauda: "Non sono rimasto sorpreso. Solo rattristato. Rimane l'unica persona che abbia mai invidiato". 

5) Avvincente anche per chi non ama la F1

Ci sono film capaci di farti appassionare a sport o mestieri per cui non hai mai provato interesse. Alla Mostra del cinema di Venezia, ad esempio, sono rimasta affascinata dal mondo del calcestruzzo grazie a Locke di Steven Knight. Ebbene, Rush è uno di quei film. Non è solo per amanti della Formula 1, perché oltre alle corse racconta la storia di due uomini che tanto si sono cozzati e altrettanto rispettati. Sfido chiunque a non avere la pelle d'oca durante la corsa del Nürburgring.

 



(Articolo pubblicato il 19 settembre 2013, ripubblicato il 21 maggio 2019)

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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