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Ansa
Calcio

Il peso della storia del Milan

Rossoneri in semifinale Champions League, piange il Napoli delle mille occasioni e dei tanti rimpianti. Sul risultato del derby italiano dei quarti ha influito anche l'abitudine a vivere serate di questo livello

Va avanti il Milan e non senza merito, anche se il Napoli ha fatto di tutto per ribellarsi al destino e sia a San Siro che al Maradona a tratti è stato superiore, quasi straripante. Passa il Milan perché ha ritrovato nel momento decisivo della stagione la leadership e le parate di Maignan e le volate spacca difesa di Leao proprio mentre il Napoli ha smarrito la travolgente brillantezza che ha consentito di avviarsi a conquistare uno scudetto straordinario. L'immagine simbolo è Kvaratschelia che sbatte contro Calabria dopo essersi divorato all'andata la rete del vantaggio immediato, che avrebbe cambiato il senso del confronto, mentre Osimhen non c'era e c'è stato solo dopo e nemmeno al massimo della condizione. Ma anche così è stato capace di lasciare il segno.

Non ha senso chiedersi cosa sarebbe stato se... Se il nigeriano non si fosse fatto male, se Kovacs e Marciniak non avessero infilato due serate non da Champions League, se Leao non avesse deciso di rifare quasi identicamente l'azione di Gullit '88 che è un altro dei simboli della storia recente del Milan: là per una delle reti scudetto, qui per sigillare il ritorno del Diavolo in una semifinale di Champions League 16 anni dopo l'ultima volta.

Non ha senso, eppure in queste piccoli-grandi cose è racchiuso tutto il motivo per cui i rossoneri vanno avanti e i partenopei si fermano e da qui in poi devono solo pianificare l'oceanica festa scudetto. Ha deciso il peso della storia del Milan, che significa la capacità complessiva dell'intero ambiente di stare dentro una partita a questi livelli che per il Napoli rappresentava una prima volta assoluto. Si è visto anche in campo, dove pure le due rose avevano quasi lo stesso numero di gettoni europei ed erano inesperte allo stesso modo.

Si è visto nella gestione a tratti frenetica dei ragazzi di Spalletti, dalla quale sono nati errori decisivi. In alcuni comportamenti isterici che hanno tolto lucidità e giocatori in momenti fondamentali dell'andata, nella preparazione del ritorno incentrata quasi solo sulle questioni arbitrali che, invece, non erano l'unica spiegazione di quanto accaduto a San Siro. Si è visto nella lucida freddezza con cui il Milan ha saputo soffrire all'alba delle due sfide e poi aggrapparsi a due scintille per prendere campo e coraggio: siccome è accaduto sia all'andata che al ritorno, non può essere un caso.

Spalletti ha spiegato che i suoi sono arrivati col fiato corto e che qualcosa si è rotto con l'ultima sosta delle nazionali; ha ragione e, forse, coltiverà il rimpianto per non aver saputo gestire meglio le forze pur essendo la classifica di campionato una garanzia acquisita. A Lecce con i titolari quattro giorni prima del viaggio a San Siro: perché? La stagione napoletana rimane enorme, storica, ma se c'era un anno per arrivare alla finale di Champions League era questo e il Napoli non si è fatto trovare pronto. Non è una colpa, ma qualcosa che è successo e che non può essere ignorato.

Il Milan al contrario sta sbocciando come accadde nella scorsa primavera, quella della volata scudetto. Ora Pioli dovrà essere un mago a gestire il doppio impegno, perché raggiungere la prossima Champions League rimane comunque obiettivo prioritario per i conti della società. Però ha dimostrato di essere cresciuto in fretta e che la sua squadra non ha dimenticato gli insegnamenti che l'hanno portata a compiere un percorso straordinario dal giugno 2020 a qui. Il bello deve ancora venire, se sarà derby milanese avrà un fascino ancora più particolare.

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Giovanni Capuano