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Calcio

Juventus, anatomia di un fallimento

Un mercato di grandi firme (ma incompleto), Allegri che non incide, poca personalità e l'ambiente sfiduciato: così la stagione bianconera si sta avvitando su se stessa

E' l'autunno più difficile della storia recente della Juventus. Peggio anche di quello a metà classifica nell'anno I dell'era Allegri (2015), quando il campo restituiva l'immagine di una squadra senza punti di riferimento ma il resto intorno funzionava e la qualità c'era in abbondanza, tanto che poi la stagione si concluse con scudetto e finale di Champions League. Oggi non è così. Sulla Continassa soffia un vento freddo e la sensazione che l'inverno, non ancora alle porte, si candidi ad essere ancora più gelido e gelante di un mese di settembre che fin qui è stato un disastro assoluto.

Il ko contro il Benfica ha tolto anche l'ultimo velo all'illusione che ci fosse sempre un'altra volta cui rimandare il momento della verità. La Juventus non è già fuori dalla Champions League, ma ora per approdare alla seconda fase serve qualcosa che assomiglia a un miracolo e che, soprattutto, non appare nelle corde di una squadra che ha mostrato una quantità di limiti insospettabile in estate. Allegri è nel mirino di critica e tifosi, gli infortuni continuano a colpire duro, le scelte di mercato sono già messe in discussione e il contesto economico è quello di un club che si avvia ad approvare il peggiore passivo della sua storia (-250 milioni) dodici mesi dopo aver stabilito il record precedente (-201). E che ha la consapevolezza di non poter continuare a chiedere sforzi alla proprietà, che in due anni ne ha messi 700 a fondo perduto, senza presentare uno straccio di progetto sportivo che funzioni.

LE COLPE DI ALLEGRI

Sul banco degli imputati c'è Massimiliano Allegri e non potrebbe essere diversamente. E' vero che infortuni e un mercato che ha lasciato scoperte alcune necessità sono argomenti che il tecnico livornese può portare a sua discolpa, ma dopo un anno e due mesi di lavoro il risultato sconcertante è la totale assenza di identità della squadra che manda in campo. Non è più un problema solo di estetica, di essere brutti e vincenti invece che bellini e perdenti; semplicemente la Juventus gioca un calcio fragile, dura solo qualche fiammata, si rinchiude in un noioso e sterile fraseggio, appena si scopre viene punita in difesa e appare costantemente inferiore all'avversario di turno. Che sia il PSG o il Benfica in Champions League oppure l'onesta Salernitana in campionato.

Allegri è blindato da un contratto an cora lungo - scade nel 2025 - e molto ricco ma la sua permanenza in panchina non può essere legata solo a una questione di contabilità societaria. Non è detto che l'esonero sia la soluzione dei malanni, è certo che il tempo delle parole (anche un po' impermalosite) sia finito: fin qui il valore aggiunto è stato poco o nullo. E qualche spiegazione va data a un popolo che osserva sconcertato e che si è disamorato, come dimostrano i vuoti allo Stadium frutto non solo della contrarietà alla politica dei prezzi.

MERCATO SOTTO ACCUSA

Le difficoltà nascono anche da una rosa che è lontanissima alla qualità di quella che ha corroborato il ciclo degli scudetti. Gli arrivi di Pogba e Di Maria avevano lasciato intuire una sterzata verso il "vecchio ma pronto all'uso": causa anche gli infortuni fin qui non ha funzionato. Vlahovic si è involuto e c'è da capire se per limiti suoi o per colpe del gioco intorno. Altri sono a fine corsa, almeno nella Juventus, ma in estate non c'è stato modo di sostituirli perché i conti non lo hanno permesso.

E' vero che gli interventi sono stati massicci, ma è indiscutibile che la stella polare è stata l'equilibrio con le cessioni e un certo contenimento del monte ingaggi. La conclusione è che anche chi ha lavorato nelle stanze del mercato non è riuscito a dare un valore aggiunto nel momento della rifondazione con l'aggravante che senza un progetto sportivo vincente anche i conti continueranno a soffrire.

IL RUOLO DI ARRIVABENE

Terzo e ultimo livello, quello societario. Maurizio Arrivabene è da quasi un anno il dominus del club con la missione non semplice di coniugare riequilibrio di bilancio e questioni sportive. Ha preso decisioni difficili, basti pensare alla rinuncia a Dybala che ora si esprime con continuità nella Roma, ma necessarie e altre la cui validità andrà testata nei prossimi mesi. L'impressione da fuori è che la Juventus non sia ancora quel monolite granitico che storicamente è stata. La stessa vicenda Pogba, con il giocatore più importante perso in un intreccio di ritardi e sottomissioni alle sue volontà, si è rivelato un pasticcio che ha penalizzato la squadra.

E' noto che quando le cose vanno male è più facile che si aggiunga qualcosa di storto piuttosto che il contrario. Dunque, non bisogna stupirsi che le ultime settimane abbiano restituito immagini che hanno fatto discutere degli uomini-Juventus o che anche semplici battute da strada con i tifosi (Arrivabene) si siano prestate a letture molteplici e non tutte lusinghiere. In generale, il processo di ricostruzione appare ancora lungo e difficile e il campo è solo una spia del malessere complessivo. Non sarà facile uscire dal tunnel, non è detto che possa essere fatto entro la fine di questa stagione.

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