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Ansa
Calcio

Calhanoglu e gli altri: la maledizione degli infortuni nelle soste nazionali

L'Inter perde il turno per un paio di settimane (almeno), il Milan alle prese con i guai di Kalulu. I club si lamentano ma Al Khelaifi ha appoggiato il nuovo calendario Fifa e dal 2024 si potrà arrivare a 70 partite all'anno

A casa Inter hanno quasi tirato un sospiro di sollievo dopo che gli esami strumentali hanno confermato per Hakan Chalanoglu un infortunio muscolare all'adduttore della coscia destra con, però, la speranza di poter lavorare per rimetterlo in piedi in un paio di settimane. Possibilmente in tempo per l'andata del quarto di finale della Champions League contro il Benfica, primo tempo di un confronto che vale oltre 20 milioni di euro. E saltando come minimo un paio di giornate di campionato, dove in palio c'è una qualificazione all'Europa che conta che di milioni ne porta in dote 60, e il primo atto del confronto con la Juventus per un posto nella finale della Coppa Italia.

Il Milan invece deve fare i conti con il polpaccio di Pierre Kalulu, rovinatosi nel corso della sosta con la nazionale francese in un remake - si spera con esiti meno catastrofici - di quanto accaduto in autunno a Mike Maignan, poi perso per quasi 5 mesi da Pioli. Due casi simbolo di una casistica quasi infinita cui in Spagna hanno dato anche un nome: "Virus Fifa". E' il motivo per cui i club ufficiosamente da anni combattono contro gli organismi internazionali, Fifa e Uefa, perché si riduca al minimo l'impatto delle attività delle nazionali nel corso della stagione. Ufficiosamente, perché in realtà proprio nei giorni del doppio crack di Calhanoglu e Kalulu (e di tanti altri) il presidente della Fifa, Gianni Infantino, e il solito Al Khelaifi, numero uno del Psg e dell'ECA (l'associazione che riunisce centinaia di società europee) hanno firmato l'accordo che sblocca definitivamente i calendari da qui al 2030. Dando il via libera al Mondiale a 48 squadre e con più partite dal 2026, alla nuova formula della Coppa del Mondo per Club a 32 ogni quadriennio, ma salvaguardando la vecchia Intercontinentale e stabilendo anche nuovi indennizzi per le squadre che alimentano le nazionali.

Un assegno che nel 2026 sarà di 355 milioni di dollari contro i 209 dell'edizione 2022 del Qatar. Un bel balzo avanti, cui si uniscono le assicurazioni per gli infortuni di lunghissimo corso, ma che non copre nemmeno minimamente gli investimenti che le multinazionali del pallone fanno per allestire le proprie rose. E perdere i calciatori decisivi nel momento clou della stagione.

Non è un problema che andrà a risolversi. Anzi. Nel prospetto del calendario dal 2024 al 2030 che Infantino ha fatto votare nei giorni della sua rielezione, infatti, è previsto che gli slot per le nazionali non diminuiscano. E' vero che l'ipotesi del Mondiale ogni due anni è caduta sul campo, ma la guerra di potere tra Fifa ed Uefa ha finito per travolgere le speranze di chi in Europa contava di alleggerire gli impegni di calciatori sempre più stressati dal punto di vista fisico. Anche perché la necessità di fare nuovi ricavi ha partorito sempre dal 2024 la Champions League rinforzata e sono pochi a volere, in Italia e altrove, il taglio del numero delle squadre nei rispettivi campionati, pena il calo proporzionale dei diritti tv già in sofferenza.

Alla fine la coperta resterà cortissima e i casi come Calhanoglu e Kalulu sono destinati a moltiplicarsi. Una stima ragionevole dice che si arriverà dalla stagione 2024/2025 a un massimo potenziale di 70 gare per i top player contro le 60 attuali e le poco più di 50 degli anni Sessanta e Settanta. Tante. Troppe. Ma non si trova nessuno disposto a fare un passo indietro.

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Giovanni Capuano