Boom Bitcoin: come si coniano, quanto ci costano
Il valore di una singola “moneta” è andato oltre i 10 mila dollari. Scopriamo i metodi per ottenerla e i consumi di energia conseguenti
In un solo anno il valore di un bitcoin è balzato del +900%. In parole povere, un singolo soldo del web lo scorso novembre valeva poco più di 700 dollari mentre oggi è ben oltre i 10 mila dollari. La paura che si tratti di una bolla, quella che potrebbe segnare l’intera economia digitale, è tanta, soprattutto perché siamo in un momento di forte acquisto di coin e zero vendita, visto che tutti vogliono accaparrarsi una fetta della cospicua torta.
Cosa sono
Facciamo un passo indietro: cosa sono i bitcoin? Lo dice la parola stessa moneta del web. Non esistono in fattezze reali, che si tratti di spiccioli o carta, ma solo come valuta liquida, virtuale ma sempre più reale. Basti pensare che dopo l’apertura di Tesla all’acquisto dei suoi veicoli tramite bitcoin, tante altre aziende si sono allineate. Su QuiBitcoin c’è una lista con tutti i negozi che accettano la particolare moneta in Italia, molti sono situati al nord ma il resto del paese si sta rapidamente adattando.
Perché le banche non li vedevano di buon occhio
La causa principale del loro successo deriva dal fatto che non vi è un organo centrale atto a gestire i bitcoin. Le banche hanno inizialmente osteggiato tale metodo anche se nell’ultimo periodo la tecnica che vi è alla base sembra poter sfondare anche nel mercato finanziario.
In che senso?
La trasparenza delle transazioni è delegata al processo conosciuto come blockchain. Molti lo intendono come piattaforma da cui i bitcoin sono nati ma in realtà la blockchain è molto di più, un vero e proprio paradigma tecnologico.
Semplificando, è come se un certo numero di persone stesse mano nella mano, in circolo, scambiandosi informazioni a vicenda. Nel momento in cui un nuovo componente entra nel cerchio, deve essere accettato da chi c’era prima e da chi lo segue, così da aggiungere un ulteriore tassello informativo alla catena. Tanti gruppi, organizzati in blocchi, formano una blockchain, mentre le informazioni scambiate non sono altro che le transazioni di bitcoin tra gli utenti.
Ogni transazione è verificata e validata dai blocchi, senza necessità di un organo super partes di controllo. Un’idea dirompente, quasi utopica: è la comunità che si auto-gestisce.
I vantaggi della blockchain
In ambito economico la blockchain è già utile per mettere al sicuro il trasferimento di denaro da conti classici a esercenti, organizzazioni, istituti di credito, non per togliere di mezzo gli intermediari ma semplicemente per assicurare che nel percorso di scambio non vi sia intromissione esterna.
Fedeli nella tecnologia
Ma sarebbe tutto troppo semplice: ogni blocco, e dunque ogni cerchia, prevede l’esistenza di strumenti crittografici per camuffare i dettagli del trasferimento di denaro; in questo modo nessuno conosce la sorgente e la destinazione reale, cioè gli account che hanno preso parte allo scambio. Da qui deriva il nome di criptovaluta o anche moneta anonima. Ed è uno dei motivi per cui il più vasto uso di bitcoin è nel dark web, dove con questi si comprano armi, droga e materiale pedopornografico.
Come si coniano
Appurato la fase di scambio, tocca capire come si ottiene la moneta. Un tempo, quando il valore dei bitcoin era minimo, si poteva pensare di comprarli con uno scambio di denaro. Certo, ancora oggi vale la tecnica ma la sensazione è che ci si vada più a perdere che altro. E poi, il bello della criptovaluta è che si può ottenere a casa, semplicemente lasciando il computer acceso. Cioè?
La definizione di mining
In gergo, l’ottenimento dei bitcoin è definito mining, proprio così estrazione. Mai termine fu più adatto perché le più piccole parti dei coin si hanno estraendo il valore partendo da dati crittografati tramite complessi calcoli matematici. Per farlo c’è bisogno di una certa potenza, supportata dal processore di un computer e/o dalla sua scheda video. Oggi è impensabile minare i bitcoin da soli, dal proprio PC di casa, perché la complessità del calcolo cresce all’aumentare del possesso della moneta a livello globale. Cioè: più persone hanno bitcoin, più si aggravano le tecniche per ottenerne altri. Per questo molti studiosi pensano che nei prossimi anni il soldo digitale sarà come e più dell’oro: rarissimo.
Valore in crescita
Non a caso l'italiano Giacomo Barbieri, co-fondatore di DoubleBit, che opera nel settore delle cryptovalute offrendo un servizio di mining, ci ha detto: "Il valore è destinato a crescere perché i bitcoin sono in riserva limitata. Ne esistono solo 21 milioni e oggi siamo circa a 17 milioni. Più ci avvicineremo all’indisponibilità della moneta, maggiore sarà il prezzo, anche se il numero di investitori rimanesse lo stesso. Non è un’idiozia pensare che nei prossimi 12 mesi il prezzo si aggirerà intorno ai 60 mila dollari anzi, qualcuno di rilevante nel panorama finanziario mondiale sostiene che possa arrivare a 40 mila già a dicembre 2018. È semplicemente la legge della domanda e dell’offerta".
Cosa serve per “minare”
Le vie per creare bitcoin sul proprio account digitale sono due (in alternativa all’acquisto e al mining solitario): in pool e in cloud. Nel primo caso ci si affida a una rete di utenti classici, che mettono a disposizione degli altri le prestazioni del proprio computer per creare mining farm molto grandi. Ci sono però due premesse: una è che per avere un ritorno concreto sul medio e lungo periodo, bisogna mettere a disposizione del network un computer degno di questo nome, con CPU e GPU di un certo tipo e questo comporta degli investimenti.
Poi, accendere la macchina e inserirla nel circolo di miners vuol dire consumare tanta corrente elettrica perché il computer comincia a succhiare energia come un forsennato. Il tutto a causa dei soliti calcoli matematici che deve compiere. Non è un caso se il guadagno finale risulta minore della spesa da sostenere alla fine di un bimestre di rata.
La crescita nel consumo elettrico dovuto al miningBitcoin Energy Consumption Index
Quanta energia consuma una transazione
Stando a una recente indagine della britannica Power Compare, il mining di una singola trasformazione (quindi l’ottenimento di un solo bitcoin del valore di più di 10 mila dollari) comporta una spesa elettrica pari a quella di 159 paesi europei messi assieme in un solo giorno. In un anno, il lavoro di calcolo arriva a consumare 29,5 TWh di elettricità, circa il 10% dell’intero consumo energetico dell’Italia. Eppure nel mondo minare ha ancora il suo perché: estrarre bitcoin ogni 12 mesi costa 1,5 miliardi di dollari a fronte di un guadagno di 7,2 miliardi, di cui molti nelle mani delle grandi reti.
La strada della nuvola
Tornando alle possibilità di accumulo bitcoin, resta l’opzione cloud, la nuvola. A differenza del lavoro solitario (eccessivo in quanto a guadagno-costi) e del pool (anche questo non indifferente), il cloud consente di noleggiare computer (in realtà sono server) che sgobbano al posto del nostro PC. In tal caso si risparmia l’energia casalinga ma ci si tuffa in un altro rischio: se il mining è un’attività che va coltivata nel tempo, nessuno ci assicura che chi mette a disposizione i propri server azioni una potenza idonea a far rientrare il cliente del prezzo di noleggio.
Morale? Dopo qualche mese di canone potremmo aver sborsato più per l’abbonamento che ricevuto una pari cifra in bitcoin.