Freddie Mercury Queen
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Tutto quello che vorremmo vedere in Bohemian Rhapsody 2

Il sequel del «biopic» di culto più visto e premiato al mondo si farà. Tanti sono gli episodi della vita di Freddie Mercury e dei Queen che mancano nel primo capitolo. Ecco tre ipotesi (ragionate) su quale potrebbe essere la trama.

È un mito troppo grande quello di Freddie Mercury dei Queen per essere raccontato in un solo film. Lo avevano scritto in molti ai tempi dell'uscita nelle sale di Bohemian Rhapsody, stroncando senza troppi riguardi quello che è poi diventato il «biopic» più visto e premiato di sempre: 905 milioni di dollari al box office e quattro premi Oscar. Numeri pesanti, che per molto tempo hanno spinto i Queen e la casa di produzione a negare qualsiasi ipotesi di sequel.

Troppo elevato il rischio di un mezzo flop, di un confronto impietoso con gli incassi e gli award del primo capitolo della saga Queen-Mercury. Ma ora qualcosa è cambiato: Brian May, il chitarrista del gruppo, ha confermato di recente il lavoro su una nuova sceneggiatura per Bohemian Rhapsody 2. Con l'attore Rami Malek, ovviamente, ancora calato nei panni di Freddie Mercury. «Quel che serve al sequel è un approccio geniale» ha ribadito il batterista della band Roger Taylor. «Per riprendere i fili di una storia straordinaria, raccontata solo in parte. A disposizione del «capitolo 2» ci sono i successi della band e un'esistenza, quella del cantante del gruppo, che è di fatto una sceneggiatura già scritta. Il dilemma è scegliere in quale direzione andare.

Sono almeno tre gli scenari. Il primo è puntare sugli ultimi drammatici anni di vita di Mercury, dal 1986 al 24 novembre 1991. Le immagini finali di Bohemian Rhapsody, per chi non conosce a fondo la storia dei Queen, potrebbero indurre a credere che il leggendario show di Wembley al concerto di beneficenza Live Aid del 1985 sia stato l'atto finale della band e del vocalist.

Non è così: i Queen suonarono davanti a folle oceaniche in tutta Europa anche nel 1986. L'ultima volta sul palco di Mercury fu a Knebworth, in Inghilterra, il 9 agosto 1986, davanti a 120 mila fan. Il cantante scese dal palco distrutto da dolori in ogni parte del corpo. Stava male, molto male, non sapeva ancora di aver contratto l'Hiv.

Un dettaglio fondamentale, perché nel primo capitolo della saga la scoperta e la rivelazione ai compagni di band della malattia viene fatta risalire al 1985, poco prima del Live Aid. La diagnosi, in realtà, avvenne solo a inizio 1987. Gli ultimi anni del più grande performer di sempre furono una tragica corsa contro il tempo, con Mercury impegnato a incidere quanta più musica possibile fino all'esaurimento delle forze e a difendere strenuamente la sua privacy dalle incursioni dei tabloid inglesi. Lo fece fino all'ultimo, fino a due giorni prima di morire, quando con un breve comunicato stampa ammise la malattia.

Una seconda opzione di sicuro successo e gradimento da parte dei fan sarebbe mostrare il dietro le quinte delle session con altri giganti della musica. Come quella con David Bowie nel 1981 a Montreux, da cui scaturì Under Pressure, una delle perle della discografia dei Queen. O, ancora, il bizzarro e poco produttivo incontro in sala d'incisione tra Freddie e Michael Jackson a Encino, in California. Con un terzo incomodo: un lama, da cui Jackson non si separava mai in quel periodo. Mercury, infastidito, resistette un paio d'ore prima di «fuggire» in auto con il suo assistente personale.

Durò una sola notte, il tempo di una sbronza colossale, il supergruppo con Elton John e Rod Stewart. La band avrebbe dovuto chiamarsi Hair Nose And Teeth, ma il mattino successivo i tre, svaniti gli effetti dell'alcol, realizzarono che un gruppo con tre vocalist non avrebbe mai potuto funzionare.

Una terza e non meno intrigante opzione sarebbe svelare il Freddie Mercury (all'anagrafe Farrokh Bulsara) che nessuno conosce, nato a Zanzibar da una famiglia di etnia parsi e di religione zoroastriana (basata sui precetti del profeta Zarathustra), studente in un college britannico a Panchgani, in India, pugile, tennista e giocatore di hockey su prato, che mise piede in Inghilterra per la prima volta a 18 anni.

Lì incontrò i Queen, imbracciò il microfono e in una manciata di mesi divenne il più amato vocalist del rock and roll...

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Gianni Poglio