Benno Neumair e la mancanza di materia grigia
Ha fatto molto discutere la vicenda del giovane e del suo cervello ridotto dagli steroidi che sarebbe la causa della sua cieca violenza
Dalla perizia dei consulenti della difesa di Benno Neumair sarebbe emerso che questi soffrirebbe di “Disturbo Narcisistico di Personalità e di Disturbo Antisociale di Personalità”. Tali elementi avrebbero condotto a un’incapacità di agire un controllo comportamentale, ragion per cui, il litigio col padre Peter, circostanza riferita solo dallo stesso imputato, avrebbe fatto da detonatore della sua rabbia, portandolo a uccidere.
Neumair, come evidenziato dai consulenti, avrebbe un “difetto cerebrale riscontrato per mezzo di risonanza magnetica, ovvero una mancanza di materia grigia nella zona destra dell’ippocampo. La massa grigia degenera quando gli steroidi anabolizzanti vengono assunti per molto tempo. Inoltre, i pazienti con un ippocampo danneggiato tendono a non essere in grado di controllare la propria aggressività e non possono controllare le proprie emozioni”.
L’ippocampo è una piccola struttura situata in entrambi i lobi temporali (deputati all’elaborazione dell’affettività, della vita di relazione, delle reazioni e dei comportamenti istintivi, oltre che al riconoscimento visivo, alla percezione uditiva e alla memoria al controllo emotivo) di ciascun emisfero e fa parte del sistema limbico, ossia quel sistema implicato a sua volta in una moltitudine di elaborazioni: dalle emozioni all’umore, dal senso di coscienza alla memoria a breve termine. L’ippocampo sarebbe quindi responsabile del rafforzamento della memoria a lungo termine, soprattutto di quei ricordi fortemente caratterizzati da una componente emotiva; della memoria spaziale (deputata all’integrazione delle informazioni che provengono dallo spazio percettivo, utilizzandole ed organizzandole per svolgere diversi compiti, interagendo così con il mondo che ci circonda seconda una modalità dimensionalmente corretta) e dell’inibizione comportamentale. Da uno studio di Boccardi et al del 2010 sono emerse delle differenze strutturali nell’ippocampo di soggetti con Disturbo Antisociale di Personalità. Sono stati comparati un gruppo di individui psicopatici con storia di violenze e un gruppo con un gruppo di individui privi di precedenti penali e psicopatologie. In generale sono state rilevate le medesime asimmetrie e il medesimo volume in entrambi i gruppi, tuttavia, sulla superficie ippocampale del gruppo sperimentale di individui antisociali, sono state registrate diverse anomalie, tra cui un ampliamento dei bordi laterali e dell’area caudale (l’estremità inferiore). Nel piano coronale (un piano verticale parallelo alla fronte e perpendicolare al piano mediano che divide in parte anteriore e parte posteriore), invece, l’ippocampo tende ad apparire convesso in entrambi i lati, più precisamente emerge un’atrofia, ossia una riduzione di volume e di peso, del giro dentato, coinvolto nel “fear conditioning” (il condizionamento alla paura). ll condizionamento alla paura è un tipo di attività di apprendimento in cui un particolare stimolo condizionale neutro viene associato a uno stimolo incondizionato avversivo che danno luogo a una risposta condizionale di paura (come ad esempio il congelamento). Il condizionamento alla paura viene appreso rapidamente dando luogo a un cambiamento comportamentale molto stabile e duraturo. È stato dimostrato che l'amigdala frontotemporale ha un ruolo importante sia nell'acquisizione che nell'espressione della paura condizionale e che l'ippocampo è necessario per il condizionamento sotto l’aspetto contestuale e di traccia (ambiente e ricordo).
La persona con Disturbo Antisociale di Personalità tende a mettere in pratica atti antisociali a dispetto delle conseguenze negative degli atti stessi. Le azioni aggressive del soggetto antisociale sono generalmente dettate dall’impulsività e inquadrabili come manifestazioni dell’aggressività reattiva, ossia una risposta difensiva rispetto a una minaccia percepita. Anormalità morfometriche, ossia quantitative e comparative, a carico di alcune strutture cerebrali (amigdala e corteccia ventromediale) sono identificabili già in preadolescenti e adolescenti con condotte antisociali e permangono anche in età adulta, con anomalie riportate da studi di neuroimmagine (a carico della corteccia prefrontale, della corteccia temporale superiore, del complesso amigdala-ippocampo e della corteccia cingolata-anteriore). A livello funzionale, l’attivazione anomala dell’amigdala dei soggetti con condotte antisociali si correla con difficoltà nel riconoscimento dell’espressione facciale delle emozioni, come esplicitato in precedenza nella profilazione dei fratelli Sanderson.
L’attivazione anomala a carico della corteccia prefrontale ventromediale è altresì correlata con difficoltà nel processo di apprendimento inverso e nel processo di valutazione delle ricompense, causando difficoltà ad estinguere o modificare comportamenti le cui azioni sono state socialmente punite. Il “reversal learning” o apprendimento inverso, è un paradigma presente non solo nell’uomo, ma anche in molte altre specie animali, come roditori e scimmie e misura la capacità del soggetto di reprimere una risposta automatica innescata da fenomeni o comportamenti che, solitamente, sono correlati ad impulsività e compulsione. In altre parole, l’apprendimento inverso permette agli individui di sopprimere una risposta automatica legata ad un determinato comportamento o meglio alla sua ricompensa. L’apprendimento inverso sembra essere legato alla flessibilità cognitiva. Tale paradigma potrebbe, proprio per queste sue caratteristiche, essere utilizzato per indicizzare la vulnerabilità di un individuo a disturbi caratterizzati da impulsività o che causino processi cognitivi alterati. Si consideri che l’impulsività è stata indagata da un punto di vista neurocognitivo in soggetti adulti con condotte antisociali, rilevando un elevato livello di impulsività, sia in compiti di inibizione della risposta motoria, sia in compiti di integrazione delle modifiche delle contingenze di rinforzo/punizione nelle proprie scelte (misurati da compiti di natura decisionale).
Un’amigdala disfunzionale causa maggiori difficoltà nel processare la valenza emozionale delle situazioni sociali in cui il bambino interagisce con gli altri (come visto ad esempio le difficoltà di riconoscimento delle espressioni facciali delle emozioni) causando una difficoltà di interpretazione delle reazioni emotive dei compagni alle proprie azioni. Una corteccia prefrontale ventromediale disfunzionale causa maggiori difficoltà nell’estinguere o modificare quei comportamenti che sono stati socialmente puniti dalle reazioni negative dei compagni o dalle sanzioni degli adulti. In alcuni soggetti questo processo disfunzionale risulterebbe così marcato da impedire lo sviluppo di un senso morale, inteso come conoscenza delle azioni che possono essere socialmente punibili. Sia in età evolutiva, come nei soggetti adulti, una disfunzione a carico della corteccia prefrontale si associa ad un’alta impulsività, intesa sia come scarsa capacità di inibire risposte comportamentali che come scarsa capacità di modificare le proprie scelte in seguito a modifiche delle contingenze di rinforzo e punizione delle proprie azioni. È possibile quindi che si instauri un circuito vizioso: le condotte antisociali provocano reazioni negative da parte degli altri individui e, i soggetti antisociali,
denotano scarse abilità nel gestire queste situazioni sociali, con conseguente ricorso a forme di aggressività reattiva.