Tredici giorni per investire 50 milioni di euro, uscire dall’emergenza dell’infortunio (grave) dell’attaccante più importante e ristabilire le gerarchie. Ecco cosa ha fatto il Napoli di Aurelio De Laurentiis tra il 18 e il 31 agosto: l’arrivo di Rasmus Hojlund a sostituire Lukaku, fuori per almeno tre mesi, è il segnale che il calcio italiano non è più quello di prima. Comanda il Napoli e sarà così ancora per un po’, visto che la concorrenza si deve riorganizzare, ha necessità di riparare gli errori del passato o deve misurarsi con strategie made in Usa delle proprietà.
Fuori Lukaku, dentro un attaccante prelevato di forza al Manchester United e che nel suo passaggio in Serie A con l’Atalanta ha mostrato di avere enormi qualità, poi non confermate in Premier League. De Laurentiis ha staccato un assegno da 50 milioni di euro, la formula interessa solo i commercialisti delle due parti, e garantito al danese uno stipendio da top della rosa partenopea.
Non è un caso che Hojlund sia finito al Napoli in meno di due settimane dopo essere stato accostato al Milan per un mese come alternativa a Vlahovic, prima di ripiegare su Nkunku. Da una parte un club condannata dalla proprietà al tira e molla estenuante, dall’altra una società con i conti a posto in cui il capo decide e il management, snello, esegue. Così Napoli si candida a dare continuità a un ciclo storico, iniziato nel 2023 con la rivoluzione consegnata a Spalletti e trasformata immediatamente nell’oro di uno scudetto, e poi proseguita da Conte dopo l’annata orribile dei tanti errori e del valzer delle panchine.
Le altre inseguono, chi da vicino e chi dovendo usare il binocolo per osservare la targa partenopea. L’Inter è attrezzata per sostenere la competizione con Conte, ma l’estate ha anche spiegato come i margini di manovra di Marotta e Ausilio, dentro la cornice disegnata dal fondo Oaktree, siano diversi rispetto a quelli di Manna e Conte con ADL. Risultato, rosa super competitiva ma da verificare e, in ogni caso, lontana da quella rivoluzione che era lecito attendersi cambiando allenatore e dovendo smaltire i veleni di una stagione straordinaria finita malissimo.
La Juventus è alle prese con l’impresa di correggere gli errori del passato. Comolli deve prima smaltire gli esuberi e poi ricostruire; i bianconeri sono all’ennesimo Anno Zero della loro storia recente. Alla Continassa non ci sono troppi soldi in questo momento e ci sono i paletti della Uefa, gli stessi che angustiano la prima Roma di Gasperini. Il mercato del Milan è stato un sudoku per esperti, difficile da decodificare tra dismissioni oltre i 200 milioni di euro, acquisti multipli, visioni contrastanti e cambi di modulo in corso d’opera. Il resto non esiste o quasi.
La griglia scudetto mette il Napoli davanti a tutti, ma non racconta tutto del sorpasso storico della grande del Sud rispetto alle squadre del Nord. Comanda De Laurentiis, che lo ha capito e sta investendo. Conte ha avuto, in ordine di ruolo, Milinkovic Savic (21 milioni di euro), Marianucci (9), Beukema (30), Gutierrez (19), De Bruyne (gratis ma con ingaggio top), Lang (25), Lucca (35) e Hojlund (50). Calcolatrice alla mano fanno 190 milioni di euro, solo in parte coperti dall’uscita di Osimhen e altre meno importanti.
Sommati ai 150 dell’estate scorsa, portano il Napoli a livello delle multinazionali d’Europa. Non è un’illusione ottica ma la fotografia della realtà attuale. Non era mai successo nella storia del calcio italiano, nemmeno all’epoca di Ferlaino e Maradona o di Roma e Lazio negli anni Novanta. Prendere nota, tra Torino e Milano.
