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Come sarà la nuova Inter di Oaktree

Come sarà la nuova Inter di Oaktree

Mercato, nuovo stadio a San Siro, seconda squadra e investimenti mirati sui giovani: dopo quasi un anno dallo sbarco nel calcio italiano il fondo californiano ha delineato la strategia del futuro

Nove mesi dopo lo sbarco ufficiale sul pianeta Inter, Oaktree è pronto ad aprire la seconda fase della gestione del club nerazzurro, ereditato quando, dopo mesi di tira e molla, Steven Zhang e Suning non sono riusciti a restituire al fondo californiano il finanziamento acceso nel 2021 perdendo il controllo della società. Nove mesi che hanno segnato discontinuità rispetto al passato cinese senza, però, la rivoluzione che in tanti si sarebbero attesi: nessuna dieta lacrime e sangue o ridimensionamento del progetto sportivo, conferma della struttura che si occupa di questo con promozione di Beppe Marotta a presidente plenipotenziario, rinnovo per i calciatori più importanti della rosa e una stagione che vede la squadra in corsa su tutti i fronti con l’obiettivo di (ri)vincere in Italia e vedere quale possa essere il cammino in Champions League. Tutto con la prospettiva al prossimo 30 giugno 2025 di avvicinare, se non centrare, il pareggio di bilancio che sembrava impossibile nel 2021 quando l’Inter era un’azienda che bruciava 245 milioni di euro all’anno con una montagna di debiti ad appesantire i conti.

L’approccio di Oaktree è stato differente da quello di altri fondi che si sono avvicinati al calcio italiano e ha rispettato quanto era stato annunciato nella primavera scorsa. Stella polare la continuità con un periodo di osservazione attiva della situazione prima di scrivere le nuove linee guida. Ora è il momento di avviare la seconda fase che si poggia su pilastri chiaramente identificabili. Quello più importante, anche se meno visibile nella quotidianità dei risultati, è stata l’accelerazione per dare corpo al progetto del nuovo stadio insieme al Milan in zona San Siro. Anni buttati via e ipotesi alternative mai realmente sviluppate hanno portato alla resa dei conti: marzo sarà il mese della presentazione dell’offerta congiunta per acquistare tutta l’area dell’attuale impianto con l’idea di edificare quello nuovo e poi procedere alla demolizione del Meazza. Operazione congiunta con RedBird, proprietario del Milan, con cui i rapporti sono stati allacciati nell’immediato cancellando mesi di silenzi che avevano caratterizzato l’ultima fase della gestione cinese. Lo stadio è il tassello fondante del futuro dell’Inter, indispensabile per dare forza patrimoniale al valore dell’azienda e per moltiplicare ricavi e possibilità di valorizzazione del marchio. Oaktree ha preso su di sé il peso di portare avanti il dossier, considerato centrale, tanto da salutare l’amministratore delegato area corporate Alessandro Antonello che se n’è occupato dal 2019 a ieri.

Secondo pilastro: l’Inter tornerà ad investire sul mercato. Quanto? Nessuno si deve aspettare gli investimenti degli sceicchi su Psg e Manchester City, ma l’input dato alla parte sportiva è di tornare a inserire calciatori che possano rappresentare un asset anche nel futuro. L’identikit sarà quello dei giovani di qualità, non necessariamente low cost, così da alzare il valore patrimoniale della rosa anche a costo di appesantirne il costo alla voce ammortamenti. Non un diktat che escluda in termini assoluti l’arrivo di giocatori un po’ più pronti, ma un cambio rispetto al recente passato quanto l’impossibilità di Zhang di sostenere economicamente campagne espansive aveva suggerito a Marotta e Ausilio di percorrere la strada dei parametri zero concedendo qualcosa in termini di monte ingaggi il cui peso dal 2021 era progressivamente sceso senza, però, un taglio netto. In ogni caso, la stella polare sarà presentare un progetto sportivo competitivo e che corra per vincere, non fosse altro perché la strada dei risultati sportivi è l’unica che garantisca ricavi adeguati. La campagna in Champions League di questa stagione ha già fruttato all’Inter premi per oltre 90 milioni di euro dalla Uefa con la possibilità di stabilire un primato storico per il club che a giugno volerà negli Stati Uniti per la prima edizione allargata del Mondiale per Club Fifa con ulteriore assegno da 15-20 milioni di euro potenzialmente raddoppiabile facendo strada nella manifestazione. Senza risultati sportivi non c’è equilibrio economico.

La nuova Inter di Oaktree non venderà i suoi calciatori migliori seguendo la logica della valorizzazione fine a se stessa degli investimenti del passato, ma certamente non sarà chiusa al player trading. Nulla di sconvolgente se gli acquisti saranno finanziati anche tramite le cessioni, cosa che per altro accade a tutti i club del mondo e da anni all’Inter dove le ristrettezze dell’ultima fase Zhang hanno obbligato Marotta a camminare sul filo sottile del saldo zero o positivo mentre in altre piazze, meno inguaiate, si investivano decine di milioni di euro. Chi partirà? Detto che alcuni calciatori sono fisiologicamente a fine corsa (e contratto) come Arnautovic e Correa, mentre su altri saranno fatti ragionamenti carta di identità alla mano (Acerbi o De Vrij), chi ha offerte e vuole andare sarà accontentato: Frattesi è il profilo che viene in mente. Non ci sarà alcuna rivoluzione, però: la linea guida sarà la continuità che comprende anche la posizione di Simone Inzaghi.

Dall’anno prossimo l’Inter avrà, poi, anche la seconda squadra. Giocherà a Monza e sarà inserita in uno dei tre gironi della Serie C copiando l’esperienza pluriennale della Juventus e quelle più recenti di Milan e Atalanta. Una fiche da oltre 10 milioni di euro a stagione nella fase di start up considerato funzionale per dare corpo alla politica degli investimenti sui giovani. Storicamente l’Inter ha un settore giovanile che produce plusvalenze e introiti da player trading ma che fatica a promuovere il talento in prima squadra. I ragazzi di Interello più i giovani identificati in giro per il mondo: l’Under 23 farà da incubatore e la Juventus insegna come, dopo qualche anno di lavoro, le soddisfazioni sia sul piano economico che su quello sportivo non manchino. Marotta era a Torino quando Agnelli ha aperto la strada delle seconde squadre al calcio italiano, tra lo scetticismo di molti: ora anche per l’Inter è arrivato il momento di fare un salto in avanti.

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