La sconfitta di Napoli, per come è maturata oltre che per le conseguenze su una classifica sempre più asfittica, hanno aperto nuove crepe nel difficile percorso di ridefinizione dell’autostima della Juventus. Partita approcciata male, giocata peggio e lasciata a un avversario in piena emergenza infortuni capace, però, di mettere in campo tutto quello che oggi la Vecchia Signora non ha. Fotografia impietosa del momento bianconero che si prolunga da tre stagioni almeno e che non sembra avere rimedi.
Nell’occhio delle critiche è finito Luciano Spalletti, reo di aver stravolto la formazione iniziale rinunciando a un attaccante per riciclare più avanti Yildiz e Conceicao e colpevole poi di aver tolto il turco nel momento decisivo del match; Yildiz che da solo riusciva a creare qualche minimo problema alla difesa di Antonio Conte e che, una volta, tolto, ha consentito al Napoli l’ultimo e vincente assalto.
Prendersela con l’allenatore è la via più breve per evitare di discutere dei problemi complessivi di un progetto sportivo incompleto. Un errore che la Juventus non si può permettere di fare perché il recente passato ha dimostrato come non serva bruciare un tecnico dopo l’altro per venire a capo della situazione. Allegri, Thiago Motta, Tudor e ora Spalletti: un valzer che non ha portato ad alcuna medicina per la malattia juventina.
Cinque domande a Spalletti sul futuro della Juventus
Nonostante questa premessa, però, alcune domande a Spalletti dopo la notte del Maradona è lecito farle considerato che a capo dello spogliatoio è stato messo da Comolli con il compito di garantire i due obiettivi minimi societari: un posto nella prossima Champions League e la rivalutazione del mercato dell’ultima estate, la prima con al comando il manager francese. A Luciano, dunque, alcune cose si possono chiedere:
– con in rosa due attaccanti dal cartellino e dall’ingaggio ingombranti come David e Openda rifarebbe la scelta di dichiararsi attratto dall’esperimento Yildiz vicino alla porta, confinando i due in panchina come alternative e limitando le potenzialità del talento turco?
– la retrocessione di David e Openda a riserve anche in assenza di Vlahovic ne certifica una bocciatura tecnica se non definitiva quasi, visto che si corre veloci verso la metà della stagione?
– considerata l’urgenza di risultati di una squadra che ha bisogno di vittorie e punti per non scivolare pericolosamente verso il centro della classifica, rifarebbe scelte sperimentali anche a costo di dover verificare sul campo la scarsa funzionalità immediata delle stesse?
– a Bologna e contro la Roma, prossime due gare di campionato, sarà una Juventus definita o alla perenne ricerca di una propria identità?
– ridirebbe che l’obiettivo è giocarsela per lo scudetto insieme alle altre, frase con cui si è presentato al mondo Juventus e che ha alimentato non poche speranze salvo non trovare conforto nei fatti?
A Comolli che ha scelto Spalletti dopo aver rottamato il traghettatore Tudor va una sola, cruciale, domanda: gli otto mesi del contratto breve con cui ha legato alla Juventus il nuovo tecnico sono davvero solo l’antipasto di una lunga convivenza o, come si sospetta da subito, un modo per non legarsi le mani e valutarsi (magari a vicenda) nel cuore della stagione? Perché senza il supporto dei risultati Spalletti è destinato a diventare un allenatore sempre più debole nell’universo juventino ed è un lusso che nessuno, nemmeno Comolli, può permettersi.
