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Sigourney Weaver: «Dopo gli alieni combatto gli abusi»

Sigourney Weaver: «Dopo gli alieni
combatto gli abusi»

Sigourney Weaver a 73 anni torna sul piccolo schermo con Ascolta i fiori dimenticati, mini serie cruda e dura in cui lei difende donne e bambini vittime di mariti e padri violenti. A Panorama racconta come lei, che è percepita come una donna forte, in realtà sia timida. «Per questo a 14 anni ho cambiato nome…».


Ha 73 anni ed è prenotata fino al 2031. «Nessuno lo noterebbe se avessi trent’anni, ma l’età è diventata un chiodo fisso e il pubblico si stupisce che io sia ancora in pista. Non potremmo semplicemente viverla senza pensare al numero?». Sigourney Weaver, diventata un’icona con Alien di Ridley Scott nel 1979, attrice di oltre 100 film fra titoli d’autore come La morte e la fanciulla di Roman Polanski e blockbuster come la saga di Avatar di James Cameron, è una forza della natura. Mascherata da un’antica timidezza – dice lei – e una gentilezza d’animo che ha qualcosa di nobile. È più unico che raro vedere un attore commuoversi parlando del suo lavoro. Con lei succede. La sua voce si spezza e la si vede lottare con le lacrime, mentre racconta la storia di Ascolta i fiori dimenticati, miniserie televisiva su Prime Video. È un thriller in sette episodi tratto dall’omonimo bestseller della scrittrice australiana Holly Ringland, diretto da Glendyn Ivin. Al centro, un tema fortissimo che alla Weaver sta particolarmente a cuore: la violenza domestica sulle donne. Una bambina di nove anni, Alice Hart, figlia di un padre-padrone manesco tanto con lei quanto con la madre incinta, resta orfana durante un incendio nell’entroterra australiano e trova riparo dalla nonna June (Weaver), una tipa tosta, creatrice di in un vivaio totalmente gestito da donne dove il papà della bambina era cresciuto. Per i locali è una via di mezzo tra una setta e un covo di lesbiche, ma scavando nella vita misteriosa di nonna e nipote, e delle altre ospiti chiamate «fiori», si scoprirà che è un rifugio per quelle che hanno avuto padri, mariti o fratelli violenti. «Poter usare il mio lavoro per affrontare temi tanto importanti è davvero molto importante per me» dice Sigourney.

Trova che sia una storia d’attualità?

È una sorta di manifesto, oltre che una vicenda piena di suspence. Negli Stati Uniti sono oltre 10 milioni le vittime di abusi e violenze da parte di familiari o partner, 600 mila le donne che sono state stuprate. La presenza di armi nelle case rende alcune situazioni letali, difatti ogni giorno ci sono almeno tre femminicidi. Spero che questa serie possa spingere le vittime a rompere il silenzio su mariti, padri o fratelli che rovinano loro l’esistenza.

June, il suo personaggio, è una donna sola e indurita dalla vita pur avendo creato una comunità che ha qualcosa di «fricchettone».

Non avevo mai interpretato una donna così stratificata, feroce perché sulla difensiva, che ha creato una scorza dura intorno a un nucleo di traumi diventati il suo segreto. Va contro agli uomini che vogliono riprendersi le mogli ribelli. solo per proteggerle. E con il tempo riuscirà a guardare in faccia, e a raccontare, la sua stessa tragedia.

Com’è stato girare tra i paesaggi meravigliosi dell’Australia, che sono quasi dei coprotagonisti della serie?

Non vedo l’ora di tornarci. Eravamo nel nuovo Galles del Sud, un vero paradiso popolato di cavalli e canguri, con una natura talmente spettacolare che, guardando le immagini, si potrebbe pensare siano rielaborate al computer, ma non è così. Ogni tanto verso sera ci si avvicinavano i canguri, che sono timidi, ma anche curiosi. Ho perfino preso in braccio un cucciolo, non potevo crederci. E poi io e mio marito (il regista teatrale Jim Simpson dal quale ha avuto la figlia Charlotte, 33 anni, ndr) siamo stati molto coccolati dalle persone del set».

In che modo?

«C’era ancora il Covid quando abbiamo girato, nel 2021, e mi sono ritrovata con lui in quarantena proprio il giorno del nostro 37mo anniversario. Ci hanno mandato molte cose in camera, perfino fiori di carta e flanella fatti dagli scenografi del set. In autunno la vedremo in The Master Gardener di Paul Schrader: interpreta una donna innamorata del suo giardiniere, molto più giovane, sul quale esercita il suo potere. Una donna reale, molto forte. Quando viene ferita, non riesce più a controllare le proprie emozioni.

Sceglie sempre ruoli diversissimi, anche nei titoli recenti. In The Good House di M. Forbes e W. Wolodarski è una settantenne che ritrova l’amore con un ex, Kevin Kline (non ancora uscito in Italia). In Call Jane di Phyllis Nagy, ambientato egli anni Sessanta, aiuta una giovane Elizabeth Banks ad abortire andando contro le leggi di allora (su Sky e Now Tv). Mentre nella saga Avatar di James Cameron (il 5° episodio arriva nel 2031), è perfino tornata ragazzina.

Ci tengo moltissimo a fare esperienze diverse ogni volta. La più stravagante è stata Avatar 2 – La via dell’acqua, che mi ha fatto tornare 14enne grazie alla tecnologia.

È l’età in cui ha cambiato nome, da Susan a Sigourney. Come mai?

Non mi riconoscevo proprio in Susie, mi pareva il nome di qualcuno piccolo, un topolino, e iniziai a farmi chiamare Sigourney. Mi sembrava molto più tosto e adatto a me. Che ero timidissima.

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