
Bambini seduti sul bagagliaio di un autobus prima di partire per un nuovo campo profughi dopo lo sgombero da Idomeni – 24 maggio 2016

Bicske, Ungheria, 4 settembre 2015: la protesta dei migranti che si rifiutano di abbandonare il treno per raggiungere un campo profughi.

Profughi al confine fra Grecia e Macedonia, 8 settembre 2015

22 marzo 2016. Un giovane ospite del campo profughi di Idomeni, al confine tra Grecia e Macedonia, mostra un cartello su cui si legge “Sorry for Brussels” (mi dispiace per Bruxelles) dopo gli attentati che hanno colpito la capitale terroristici belga.

26 gennaio 2016. I bambini siriani Basma (8 anni), Mohsen (4), Amal (3) e Ahmad (6) posano per una foto per la campagna #withsyria, nel campo profughi di Baalbek, nella Valle Bekaa del Libano.

Siria. Profughi fuggiti da Aleppo al confine con la Turchia, 5 gennaio 2016

S., 32 anni, viene da Negrarh, Afghanistan

J. (a destra), ha 16 anni e viene da Logar, Afghanistan: qui è con suo fratello S. di 18 anni

Campo profughi di Zaatari , Giordania, 20 settembre 2015

Un frame tratto da un video fatto circolare nei canali legati all’Isis – e rintracciato sulla rete dal sito Wikilao – in cui si invitano i profughi a tornare nei loro Paesi, Roma, 18 Settembre 2015.

Monaco di Baviera, 5 settembre 2015, l’arrivo dei profughi

Profughi al confine fra Grecia e Macedonia, 8 settembre 2015

Bicske, Ungheria, 4 settembre 2015: la protesta dei migranti che si rifiutano di abbandonare il treno per raggiungere un campo profughi.

Uno dei profughi in cammino dall’Ungheria alla Germania, con un ritratto della candelliera Merkel al collo

Bicske, Ungheria, 4 settembre 2015: la protesta dei migranti che si rifiutano di abbandonare il treno per raggiungere un campo profughi.

Braccia alzate e tricolore alla mano i residenti di Casale San Nicola protestano contro l’arrivo di un centinaio di profughi nella ex scuola Socrate, Roma, 17 luglio 2015.

La barriera di filo spinato costruita in Ungheria per evitare l’ingresso dei profughi di passaggio dalla Serbia.

Alcuni profughi musulmani soccorsi
Il rapporto annuale dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l’UNHCR (qui il testo integrale) lascia senza parole. I numeri del dramma dell’immigrazione per motivi politici sono impressionanti: nel 2015 il numero degli sfollati è cresciuto fino a 65,3 milioni, il più alto mai registrato.
Questa cifra comprende 3,2 milioni di persone che erano in attesa di asilo e 21,3 milioni di rifugiati ufficiali oltre a 40,8 milioni di persone che sono ormai senza una dimora, ma ancora dentro i confini dei loro paesi d’origine. A livello globale una persona ogni 113 è “un richiedente asilo, sfollato o rifugiato”. Più della metà dei rifugiati nel mondo sono bambini.
Il rapporto è stato pubblicato nella Giornata dei rifugiati che si celebra dal 2000. Per l’occasione l’UNHCR ha lanciato una petizione #WithRefugees che chiede ai paesi che ospitano queste persone di garantire loro l’accesso al lavoro e all’educazione.
Conflict + persecution cause forced displacement to escalate sharply in 2015 – new data https://t.co/9Nx9AfIJBn pic.twitter.com/xQHY0mzqIU
UN Refugee Agency (@Refugees) June 20, 2016
Il rapporto spiega anche che sono tre i paesi del mondo che producono la metà dei rifugiati esistenti: solo la Siria ne produce 4,9 milioni, l’Afghanistan 2,7 milioni e la Somalia 1,1 milioni.
Conflict abuses has forced a record 65 million people from homes at daily rate of 34,000 https://t.co/5NY5ckOlSO pic.twitter.com/VxYxQqrAdG
Gerry Simpson (@GerrySimpsonHRW) June 20, 2016
“La maggior parte degli sfollati lo è a causa della guerra e delle persecuzioni, e questo è già molto preoccupante. Ma il vero problema è che i fattori che mettono i rifugiati a repentaglio si stanno moltiplicando”, ha spiegato Filippo Grandi, l’Alto Commissario per i rifugiati delle Nazioni Unite.
Il rapporto indica tre motivi principali legati al loro aumento: le guerre di lunga durata, come quelle in Somalia e Afghanistan, i nuovi conflitti (negli ultimi 5 anni basta citare Siria, Yemen e Ucraina) e la mancanza di una loro soluzione.
Che di certo, ha detto Grandi, non può passare per la chiusura delle frontiere. “La buona volontà degli Stati di lavorare insieme non solo per i rifugiati, ma per l’interesse generale dell’uomo e che si sta testando oggi è lo spirito di unità che deve prevalere”.
