Il 19 dicembre il Cile torna al voto per il secondo turno delle presidenziali: José Antonio Kast è avanti rispetto al candidato della sinistra. Così come l’Argentina ha trovato nel deputato Javier Milei un candidato credibile come prossima guida del Paese.
Sintetizzando, trionfo della destra e sinistra barcollante in Cile e Argentina. A Buenos Aires, nelle elezioni parlamentari dello scorso 14 novembre, il kirchnerismo, la versione castrochavista del peronismo, ha preso una batosta senza precedenti, perdendo il controllo del Senato per la prima volta da quando, nel 1983, è tornata la democrazia sulle rive del Rio de la Plata.
Al di là della vittoria della coalizione centrista dell’ex presidente Mauricio Macri, Uniti per il Cambiamento, il vero fenomeno delle elezioni argentine ha un nome e un cognome: Javier Milei. L’economista libertario – il suo partito non a caso si chiama Avanza Libertà – ha ottenuto un risultato storico. Come candidato a deputato nella città di Buenos Aires ha raccolto oltre il 17% dei voti: un’enormità trattandosi di un partito di destra nato appena un anno fa che ha ottenuto i migliori risultati nei quartieri di Villa Soldati, Villa Riachuelo e Villa Lugano.
Tutti luoghi di gente umile, in Brasile si chiamerebbero «favela», che la sinistra considera da sempre un suo feudo, ma questa volta hanno dimostrato di non volere più un Paese pieno di vincoli, sussidi e tasse stratosferiche (in Argentina sono al 70%) bensì di sognare una nazione con più libertà, più mercato e maggiori opportunità di progredire per meriti propri.
Milei da deputato farà sentire forte la sua voce in Parlamento e nel 2023 sarà un candidato alla presidenza con più di qualche chance di vittoria. Certo, molto dipenderà da come l’Argentina, a un passo da un nuovo default, con la terza inflazione più alta al mondo e metà della sua popolazione sotto il limite della povertà, sopravviverà durante i prossimi due anni.
Appena una settimana dopo la débâcle della sinistra nel Paese del tango, in Cile un avvocato conservatore di 55 anni, José Antonio Kast – con un discorso a favore della libertà economica, della vita e della famiglia – ha trionfato al primo turno delle elezioni presidenziali, con il 28% dei suffragi. Di Kast in Italia si è scritto molto a sproposito, riducendolo a macchietta neofascista, definendolo come un semplice candidato dell’ultra destra caduto dal cielo e descrivendolo come un «supporter» di Augusto Pinochet, di cui un fratello fu ministro. Certo, dell’ex dittatore defunto ha più volte in passato elogiato l’eredità economica, così come è vero che suo padre, emigrato in Cile dopo la Seconda guerra mondiale, era un ex militare della Wehrmacht tedesca.
Peccato che Kast non abbia nulla di «estremo». Per rendersene conto basta ascoltarlo quando parla pacatamente, anche se nei contenuti poi promette un approccio duro contro la criminalità e si dichiara a favore di un ruolo limitato dello Stato nella vita delle persone.
«Lavoreremo per ripristinare la pace, l’ordine, il progresso e la nostra libertà» ha detto non appena sono stati ufficializzati i risultati del voto del 21 novembre scorso; e adesso è lui il favorito per vincere il ballottaggio del prossimo 19 dicembre contro l’ex leader del movimento studentesco, il 35enne Gabriel Boric alleato dei comunisti.
Come spiegare però le vittorie della destra in Argentina e in Cile all’interno di un continente che dopo il successo del marxista Pedro Castillo in Perù e il ritorno di Evo Morales in Bolivia, sembrava destinato a una «deriva castrochavista»? Secondo Raúl Tortolero, analista geopolitico messicano, «Kast e Milei hanno tracciato una strada per il successo elettorale: se i partiti tradizionali sono tiepidi e per convincere il maggior numero di elettori restano al centro, immobili, la soluzione per la destra è crearne di nuovi, mantenendo la massima chiarezza su ogni posizione, dalla lotta contro la criminalità organizzata alla gestione controllata dei flussi migratori, dal ruolo dello Stato che non deve abusare del suo potere contro le libertà individuali all’aiuto ai nuovi poveri creati dalla pandemia. E promuovere valori univoci, e con proposte concrete sulle questioni più critiche. Entrambi lo hanno fatto e la popolazione li ha premiati, liberandosi dagli schemi tradizionali dei vecchi schieramenti».
Oltre alla sorpresa Kast, la più grande novità elettorale a Santiago è stato infatti il naufragio delle coalizioni del centro che avevano governato gli ultimi 30 anni nel Paese andino: 20 anni per mano della «Concertación» – l’alleanza della democrazia cristiana con i socialisti – e altri 10 con il centrodestra di Sebastián Piñera. Ma la spiegazione del successo della destra a cavallo delle Ande arriva anche e soprattutto dalla gente della strada, come Maria Osorio, 37enne venditrice ambulante di frutta e verdura al mercato generale di Santiago: «Non vogliamo finire come il Venezuela, qui mi dà una mano proprio un padre di famiglia scappato da quell’inferno e le ricette economiche della sinistra radicale sono alla fine sempre un disastro per la classe media, servono solo a moltiplicare i poveri».
Con oltre mezzo milione di profughi venezuelani, il Cile è uno dei Paesi che più ha assorbito la diaspora da Caracas e, oltre a far aumentare la xenofobia di una minoranza, i racconti di come Chávez e Maduro abbiano distrutto democrazia ed economia nel vicino paese sono ormai noti a tutti.
Ma i fantasmi del castrochavismo sono ancora più forti al di là delle Ande, in Argentina, dove il governo kirchnerista sta implementando le stesse ricette che, una ventina di anni fa, aveva introdotto Hugo Chávez in Venezuela con esiti disastrosi, a cominciare dal controllo dei prezzi, dal cambio controllato di dollaro ed euro e dai sussidi a pioggia che servono solo a mascherare i veri dati della povertà, sempre più drammatici a Buenos Aires.
«Tra due anni voteremo Milei presidente!» grida Marcos Villa, 18enne fattorino che vive in una umile casa di Villa Soldati, «perché la sinistra protegge solo i delinquenti e i corrotti». Se Milei potrebbe guidare nel prossimo futuro l’Argentina, Kast ha ottime chance di diventare prima di Natale presidente del Cile. Innanzitutto perché ha saputo declinare in un programma politico le aspirazioni della sua gente. «L’elettore tipo di Kast non è un estremista di destra ma una persona dal profilo molto chiaro: nazionalista, conservatore, uomo/donna della strada, che crede nel suo lavoro e non nel ruolo dello Stato come regolatore della vita dei cittadini» analizza il quotidiano argentino La Nación, che non ha seguito i soliti luoghi comuni sul neofascismo per spiegare la vittoria della destra.
I riferimenti internazionali di Kast vanno da Margaret Thatcher a Ronald Reagan e lui tocca continuamente i tasti che mettono in discussione come sono gestiti oggi in Cile l’immigrazione, l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini. Il suo elettorato è eterogeneo: integra settori popolari che amano l’ordine e un settore agiato, molto cattolico, contrario al cambiamento della Costituzione.
Se un fratello fu ministro di Pinochet, l’altro, Hans, è stato prete sino al 2019, quando ha chiesto la dispensa all’Arcivescovo di Santiago e ha lasciato il ministero sacerdotale. Il motivo dell’abbandono della tonaca? Lo scandalo pedofilia che ha sconvolto la Chiesa cilena negli ultimi anni: Hans Kast è stato uno dei primi sacerdoti a denunciare gli abusi sessuali sui giovani dell’ex parroco di El Bosque, Fernando Karadima.
«Vedo che alcuni pensano che tutto rimarrà uguale, che potremo continuare a spendere risorse che non abbiamo, che potremo continuare a prendere in prestito. Questo potrà durare un paio d’anni, ma se si continua con la stessa politica di aumentare le tasse, limitare il commercio estero e nazionalizzare tutte le risorse naturali, finirà male. Certamente il Cile sta attraversando un processo di deterioramento economico molto elevato» spiega Kast, che ha già annunciato che ridurrà le imposte sulle società del 17% se verrà eletto. «I cileni il prossimo 19 dicembre sceglieranno tra un futuro di crescita e di libertà e il comunismo» continua ma, di certo, in vista del ballottaggio, questo avvocato che si ispira anche a Milei ha molti margini di crescita.
