Sono stato tutti esponenti di spicco della Democrazia cristiana e, con alterne vicende personali, ne hanno seguito il crollo e i tentativi di rinascita. Oggi – qualcuno anche oltre i 90 anni – si rimettono in gioco, generosamente. E tengono a battesimo nuove (?) formazioni. Obiettivo: quell’area né di destra né di sinistra.
Hanno un’ostinazione romantica che commuove, i vedovi democristiani. Al pari di Orfeo, alla ricerca della sua adorata Euridice, da anni scendono nel regno degli inferi (politici) con la speranza di restituire alla vita la Democrazia cristiana. Ma da quei luoghi oscuri riportano indietro solo sospiri, nostalgia e, quando capita, suggestioni di nuovi partitini. Che sono come le storielle dopo il divorzio dal grande amore: buone al massimo per una notte. L’ultimo a provare la resurrezione è «’o Ministro» per antonomasia, Paolo Cirino Pomicino. Regista e sceneggiatore del movimento Popolari, riformisti e liberali.
Una sigla che in politica sta come una confessione chiamata Cristiani, musulmani e buddisti starebbe in religione. Un grande contenitore dove far confluire un po’ di tutto. E infatti lo chef Paolo Cirino ha versato nella pignatta qualche cucchiaio di Forza Italia, un paio di dosi di Udc, un pizzico di Pd e una spolverata di renziani. E ha lasciato lo spezzatino a rosolare a fuoco lento. Sperando che al posto del dorato spunti il doroteo.
L’ambizione, per ora, è crescere e affermarsi come ago della bilancia in Campania mettendo assieme tre liste civiche che a Napoli, Benevento e Salerno alle ultime amministrative hanno raccolto una pattuglietta di consiglieri comunali che, giustappunto, come nella migliore tradizione democristiana, hanno iniziato già a dividersi e a litigare. Pomicino (82 anni) nell’avventura ha coinvolto pure un altro giovanotto della vecchia guardia scudocrociata: Giuseppe Gargani, 86 primavere.
I due si sono dati il compito di presidiare il centro, che di questi tempi è come il Sacro Graal, tutti sanno che può far miracoli (in cabina elettorale) ma nessuno sa dove trovarlo. Italia viva, Azione, Noi Italia, Cambiamo, Coraggio… pare Disneyland. «Si è determinata una frantumazione dei partiti centristi senza neanche indicare una loro cultura di riferimento» ha spiegato Pomicino all’inaugurazione del nuovo movimento, di cui, giura, è solo tifoso e nemmeno tesserato. «Nel nostro sistema politico sono scomparsi i verdi, i socialisti, i popolari, tutte le culture che governano il Parlamento europeo» si è lamentato.
Al loro posto, tanti partiti personali e riproduzioni in sedicesimi dei grandi movimenti di massa. Ma attenzione, profetizza l’ex ministro del Bilancio, perché una «federazione di nani non fa un gigante». Restando in tema, per il ruolo di Biancaneve non avrebbe problemi a candidarsi l’inaffondabile Clemente Mastella (74 anni) che a Roma ha presentato, quasi nelle stesse settimane, la sua ultima creatura: Noi di centro.
Mettendo in scena un revival dei bei tempi che ha sconfitto pure la paura della pandemia: nel teatro Brancaccio le truppe mastellate hanno acclamato l’ex guardasigilli, oggi sindaco di Benevento, sventolando i cartelloni dei luoghi di provenienza. Un po’ concerto rock, un po’ guida turistica Alpitour, un po’ villa Arzilla. «La Dc è irripetibile», ha proclamato dal palco con aria severa. «Io voglio fare una cosa diversa: aggregare a partire da me un’area di centro». Capirai la novità. E per rendere l’idea, Clemente da Ceppaloni si è definito «terrapiattista di centro».
Noi di centro è in realtà la velleità nazionale di un partitino locale che si chiama Noi campani che, nel Sannio, ha preso il posto dell’altro figliuol prodigo mastelliano, di cui mantiene nel simbolo anche il richiamo al Campanile: l’Udeur. Sfasciato dalle inchieste (a dire il vero poi rivelatesi del tutto infondate) e dall’arrivo del Movimento 5 stelle che aveva individuato in Mastella il cinghialone da appendere alla parete di caccia.
Chi invece la caccia non l’ha mai terminata, testardo come un burbero capitano Achab sulle tracce di Moby Dick, è Ciriaco De Mita (93 anni), che della Balena bianca (quella di piazza del Gesù, però) è stato segretario nazionale durante il pentapartito. Dalla natìa Nusco, 4.000 anime. In Irpinia, De Mita è nume tutelare di un movimento chiamato L’Italia è Popolare, che fantasia, una sorta di club a conduzione familiare. Tant’è che la figlia dell’ex premier, Antonia De Mita, con un post su Facebook ha defenestrato dal movimento il cugino omonimo, Giuseppe (erede designato della dinastia, ex deputato ed ex assessore regionale) per lesa maestà.
«Mi dispiace molto far concludere con dignità la collaborazione politica di mio padre con Giuseppe De Mita, abile scalatore ma poco proficuo nella concretezza» ha scritto. «Il Partito popolare di Ciriaco De Mita si esime da qualsiasi collaborazione con l’avvocato, oggi collaboratore di De Luca (il governatore della Campania, ndr). Anche perché io con i collusi potenziali non voglio avere a che fare. E oggi chi lavora con De Luca è un potenziale colluso con la camorra campana. Giuseppe deve fare la sua strada, è ora. Fuori». Poca democrazia. Ancor meno cristiana.