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Una patacca per il governatore Bonaccini

Una patacca per il governatore Bonaccini

Avere in casa una fabbrica sino-americana di auto elettriche pareva un grande affare, ma per Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna, si è rivelato un abbaglio. Che poteva costare molto caro ai suoi amministrati.


Un’azienda dal capitale cinese (ma anche americano), con un esponente indicato dal governo di Pechino nel Consiglio d’amministrazione e con perfino un richiamo alla «seta» nella denominazione, avrebbe dovuto produrre auto elettriche di lusso nella rossa Reggio Emilia reclutando tra i 1.500 e i tremila operai. Gli ingredienti ideologici in grado di ingolosire il governatore dem emiliano Stefano Bonaccini c’erano tutti. E lui, infatti, l’aveva presentata come «una straordinaria opportunità», mettendo sul piatto pure 4,5 milioni di euro di fondi pubblici, revocati appena in tempo. A Gavassa di Reggio Emilia, frazione di campagna che doveva veder sorgere lo stabilimento, avevano addirittura cambiato la destinazione d’uso di 30 ettari agricoli (poi revocati pure quelli) per permettere la costruzione del futuristico progetto. Ora, invece, in Tribunale attendono di capire se il piano di risanamento presentato dalla Silk Faw, la joint venture metà cinese e metà americana, porterà la società fuori dalla palude finanziaria in cui si è ritrovata ancor prima di partire, oppure se bisognerà staccare la spina.

I giudici lo scorso maggio hanno concesso 120 giorni di tempo per attuarlo e la dead line è a fine settembre. Bonaccini, che non ha dimostrato un grande fiuto per gli affari, nonostante i segnali d’allarme ci fossero, si è ritrovato il pacco sino-americano. «Avere messo insieme un gruppo cinese e uno americano» scherzò alla presentazione del progetto, «ci fa candidare al Nobel per la pace». E poi sentenziò: «Vince l’Emilia-Romagna, con l’obiettivo della buona occupazione e dello sviluppo sostenibile, in linea con il Patto per il lavoro e per il clima firmato con tutte le parti sociali».

La società non si è mai presentata dal notaio per il rogito del terreno, i top manager esaltati come grandi architetti che avrebbero dovuto garantire il successo del marchio, si sono sfilati uno dopo l’altro e i debiti nei confronti dei fornitori, alcuni dei quali grandi marchi emiliani, si sono fatti presto importanti. La Procura di Reggio Emilia e la Guardia di finanza hanno cominciato a indagare per le ipotesi di tentata truffa aggravata ai danni dello Stato e hanno presto scoperto che c’erano tracce di passaggi di denaro per alcuni paradisi fiscali. In particolare, operazioni di deposito ma anche di transito su conti delle isole Cayman. Gli investigatori si sono presentati negli uffici di Invitalia a Roma, dove Silk Faw aveva inoltrato una domanda per ottenere 38 milioni di aiuti tramite l’accesso ai fondi del Pnrr a fronte di una promessa di 380 milioni di investimenti. Che, a quanto pare, non c’erano.

E, così, il super-progetto in cui credeva Bonaccini è finito quasi a gambe all’aria, con i soci costretti a portare i libri in Tribunale per aprire una procedura di composizione negoziata della crisi. La situazione debitoria si aggirerebbe attorno ai 26 milioni di euro. Ovviamente la narrazione dell’azienda è totalmente diversa e richiama asserite difficoltà «dettate da emergenza geopolitica» che non avrebbe «consentito investimenti». Per ripianare il buco nei bilanci ci sarebbero anche degli investitori: 30 milioni di dollari li avrebbe messi a disposizione la Giga Carbon Neutrality, leader mondiale nella fornitura di sistemi di connessione per veicoli, e ulteriori cinque milioni arriverebbero dalla holding di uno sceicco degli Emirati Arabi, la Abdulla Al Masaood & Sons, una multi-industry attiva in diversi settori: dai gioielli agli yacht, dall’automotive ai trasporti via mare. Nella relazione presentata ai giudici, Silk Faw addirittura rilancia, annunciando di puntare «nei prossimi sei mesi» a produrre «tre nuovi prototipi di autovetture da presentare al salone internazionale» delle auto che si terrà a Doha, in Qatar, dal 5 al 14 ottobre. Tempi che appaiono davvero troppo stretti.

Nel frattempo, alla voce «pagamenti» il database Cerved che raccoglie e monitora le abitudini delle aziende fornisce ancora questo risultato: «Dilazionati». Tra i 51 e 212 giorni. Mentre l’affidabilità connessa alla situazione economico finanziaria viene indicata come a «solvibilità moderata». Oltre a tutti questi segnali, facilmente percepibili, alla Regione Emilia-Romagna era arrivato perfino un alert. Andrea Bedosti, ingegnere dalla lunga carriera nelle multinazionali del settore (tra cui la reggiana Landini-Massey Ferguson) in un’intervista al Sole 24 ore ha svelato di aver inviato una email: «Ricordo bene che nel luglio 2020, poiché ero in costante contatto con la Regione Emilia-Romagna, avvertii sul pericolo che si poteva ben intravedere in quella acclamata impresa, anche perché la Faw cinese l’avevo conosciuta molto bene (…). Bastava una semplice analisi tecnica e un po’ di conoscenza di ciò che sta accadendo in Cina per non avallarlo». Parole al vento. Il richiamo della seta per Bonaccini era più forte.

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