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Uno e Tridico per il potere

Uno e Tridico per il potere

L’ex presidente grillino dell’Inps è diventato la nuova star dei progressisti: già strenuo alfiere del fallimentare Reddito di cittadinanza (e altri sussidi), oggi punta a candidarsi alle Europee 2024.


Più alla moda delle spiagge albanesi, Pasquale Tridico è l’uomo del momento. Dopo aver lasciato la guida dell’Inps, dov’era stato assiso da Luigino Di Maio nel 2019, il keynesiano di Scala Coeli, paesino in provincia di Cosenza, imperversa ovunque: intervistato, vezzeggiato, ascoltato. La consacrazione è arrivata con gli scoppiettanti editoriali su Repubblica. Il venerato mondo progressista ha una nuova stella. Ed è solo l’inizio. Il professore si prepara a un autunno incandescente. Nuovo Masaniello grillino: sarà il vessillifero di salario minimo, assegni a ufo e sussidi vari. Ideale lancio, tra l’altro, per la sua probabile candidatura alle Europee con il Movimento.

Nulla sarà come prima. Nel suo caso, il tormentato e abbondante quadriennio alla guida dell’Inps. Fratelli d’Italia vorrebbe investigare sui mancati controlli e l’uso politico del Reddito di cittadinanza, di cui Tridico è indiscusso progenitore e indefesso sostenitore. Mentre lui s’atteggia ormai a preminente avversario di questo governo «sciatto e impreparato». La colpa della maggioranza, del resto, appare imperdonabile: come s’è permessa di sostituire l’economista ultra-grillino alla scadenza del suo mandato? Non sarebbe stato preferibile, nell’interesse sovrano, imbullonarlo alla poltrona vita natural durante? «Una decisione immotivata e incomprensibile» svelena difatti l’interessato appena deposto. «Gli istituti si commissariano per inefficienza, malaffare, dissesto o un cambio radicale della governance».

Partendo dal suo combattivo commiato, useremo la massima benevolenza. Escludiamo dunque il malaffare, per carità. E pure il dissesto: l’Inps è inaffondabile per natura. Quanto al resto, invece, le tragiche imprese del deposto presidente meriterebbero un poema epico: la Tridicheide. Comincia a marzo 2019, quando l’ignoto professore dell’Università Roma Tre viene chiamato dai giallorossi alla guida dell’Inps, nonostante la diffidenza degli allora alleati leghisti.

Al pari dell’altrettanto sconosciuto Giuseppe Conte, Tridico era già entrato nel fantagoverno grillino: ministro del Lavoro in pectore. Come il futuro premier, viene però dirottato altrove. La guida dell’ente previdenziale è un ruolo più che strategico per il Movimento, che miete consensi soprattutto grazie a turboassistenzialismo e reddito di cittadinanza. Ma cambiare i vertici non basta. Qualche mese dopo la sua designazione, viene avviato uno spoil system degno di quella primissima repubblica che il Movimento si vanta di aver eticamente scalzato. L’ente viene grillizzato. I dirigenti non graditi fanno ricorso. Con i sindacati che attaccano il presidente: «Premia solo i suoi uomini».

Quando scoppia la pandemia, nel febbraio 2020, l’Inps diventa più cruciale che mai. Nei mesi seguenti, ha il decisivo compito di distribuire i miserrimi bonus escogitati dai giallorossi: quello destinato agli autonomi, per esempio, prevede un contributo di 600 euro, da richiedere online. Ma nel giorno fatidico il sito dell’ente va in tilt, diffondendo migliaia di informazioni sensibili e dati personali. Lo stesso accade due mesi più tardi. Scatta l’ora fatidica per chi, dopo congrua selezione, può chiedere un’altra asfittica mancetta: il bonus baby sitter. Ben 1.200 euro destinati a supplire la chiusura a oltranza delle scuole di ogni ordine e grado decretata da un’altra pentastellata con i contro fiocchi: il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina. Meglio che niente, certo. Ma quando gli esasperati genitori tentano di accaparrarsi il contributo, il turbosito dell’Inps va di nuovo nel pallone.

Poi arriva l’ultimo bollettino dell’Inps. Si scopre che oltre 134 mila lavoratori sono rimasti senza cassa integrazione. Altri 357 mila aspettano mensilità arretrate. Senza considerare il gorgo in cui sarebbero finite mezzo milione di persone: domande non autorizzate, ma nemmeno respinte. Insomma, mancherebbero all’appello un milione di lavoratori. E sui 5,3 milioni di pagamenti, ben 4,7 sono stati anticipati dalle aziende: quasi l’89 per cento.

Colpa dell’Inps? Macché. Della svogliatezza e la furbizia degli imprenditori, piuttosto: «Stiamo sovvenzionando con la Cig anche aziende che potrebbero ripartire e grazie agli aiuti di Stato preferiscono non farlo. Per pigrizia, per opportunismo, magari sperando che passi la piena e il mercato riparta come prima» assicura Tridico. Insomma, l’economia italiana boccheggia. I negozi chiudono. Le aziende non riaprono. I consumi languono. E il presidentissimo, piuttosto che chiedere venia per gli sbalorditivi ritardi, aggiunge il carico da 11: imprenditori pigri e opportunisti. Tiè. Dimenticando le defatiganti sessioni sul divano passate dai suoi legionari di cittadinanza.

Una delle puntate più appassionanti della Tridicheide è il successivo scandalo dei politici furbetti, scoppiato nell’estate 2020. Alcuni audaci si sarebbero accaparrati il bonus di 600 euro destinato agli autonomi, a dispetto dei 13 mila euro netti percepiti ogni mese. L’Inps, dopo aver sonnecchiato sui controlli di eventuali abusi, tira fuori i nomi dei primi arditi: tutti leghisti per lo più. Sugli altri, il professore invoca la privacy. E mentre continuano a infuriare le polemiche, arriva il colpo da maestro di Tridico. Anzi «Triplico» come lo rinomina la futura premier, Giorgia Meloni, allora all’opposizione. Si riferisce allo stipendio del presidente dell’Inps. Mentre i contribuenti aspettano la cassa integrazione, il suo compenso lievita da 62 mila a 150 mila euro all’anno. Mentre il suo predecessore, Tito Boeri, si accontentava di 103 mila euro. A quel punto, dal Parlamento s’alza un solo grido: «Dimissioni!». Perfino tra le fila amiche dei grillini, che per anni si sono scagliati contro l’avida casta. Anche Giggino e Giuseppi, nonostante il conclamato trasformismo, arrossiscono. Sembrano pronti a abbandonare il fido Pasquale al suo destino. Ma lui resiste, annunciando strepitosi risparmi ed epici risultati.

Vedi le dismissioni dello sterminato patrimonio immobiliare: uno degli storici buchi neri dell’Inps. È un tesoretto che dovrebbe garantire le pensioni degli italiani. Vale oltre due miliardi. Conta più di 24 mila beni, meno di un terzo però viene affittato. Le vendite di case, palazzi e grandi complessi, a dispetto degli annunci, procedono faticosamente. Risultato: ogni anno, piuttosto che generare reddito, gli immobili dell’Inps costano 60 milioni di euro. L’inarrivabile Reddito di cittadinanza, infine. Non ha «abolito la povertà», come annunciava dal balcone di Palazzo Chigi il festante Giggino, allora ministro del Lavoro e adesso inviato nel Golfo persico per l’Unione europa. In compenso, ha permesso di lambire inimmaginabili vette truffaldine. L’elenco delle prodezze, nella Tridicheide, meriterebbe un tomo a parte. Il settantenne percettore che sfreccia in Ferrari. Quello ai domiciliari con lo yacht. L’attempato disoccupato proprietario di 17 macchine e una motocicletta. I boss ai domiciliari. Gli stranieri fantasma che rientrano a fine mese solo per intascare l’assegno. I clandestini appena sbarcati.

Lista sterminata. Fino alle gesta agli ultimi impavidi: 39 africani beccati a Linate mentre portano all’estero decine di migliaia di euro alla volta. Tutti felici beneficiati. Da gennaio 2021 a maggio 2022, gli ultimi dati pubblicati, sono stati scoperti dalla guardia di finanza illeciti per 288 milioni. Nello stesso periodo, le autorità hanno denunciato più di 29 mila persone. Costato negli anni oltre 30 miliardi, il sussidio aveva però uno scopo prioritario: aiutare i disoccupati a trovare lavoro. Invece, accusa il centrodestra, sarebbe servito a fare clientele, assicurando milioni di voti ai pentastellati nelle regioni più povere e votate all’assistenzialismo. Conclusione: urge commissioncina d’inchiesta sull’operato del portentoso Pasquale. Che, spalleggiato da Giuseppi, si rivolta: come osano insinuare che il Reddito di cittadinanza abbia gonfiato i consensi solo laddove abbondavano gli assegni? Eppure, basterebbe confrontare la mappa del voto ai Cinque stelle con quella dei beneficiari. Combaciano, praticamente. E sono le stesse lande elettorali in cui potrebbe scorrazzare il nuovo Masaniello grillino, nella sua cavalcata trionfale verso Bruxelles.

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