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L’effetto Tridico per i tremila assunti ai centralini Inps

L’effetto Tridico per i tremila assunti ai centralini Inps

L’Istituto di previdenza sociale aveva annunciato come una conquista l’«internalizzazione» di migliaia di operatori dei suoi call center. Peccato che in busta paga non figurino scatti di anzianità e regni il caos nei turni. Così l’ex presidente se n’è lavato le mani…


Sarebbe troppo facile dire che quella del call center dell’Inps è una crisi «telefonata» più che annunciata. Non renderebbe, infatti, l’idea della ostinazione con cui la passata dirigenza – presidente Pasquale Tridico in testa – ha inseguito un progetto che attualmente fa acqua da tutte le parti. E che già ai suoi primi vagiti (parliamo del luglio 2021) mostrava già problemi e punti deboli colpevolmente ignorati o, forse, insabbiati da chi avrebbe dovuto, invece, risolverli.

Oggi i tremila dipendenti del contact center multimediale, inquadrati nella società in house Inps servizi dopo un lungo e tortuoso processo di internalizzazione, minacciano fuoco e fiamme per ottenere dalla nuova governance dell’Istituto quel che il professore grillino, silurato il 22 giugno scorso dal governo Meloni, ha promesso e disatteso in un anno e più di inutili trattative. A cominciare dagli scatti di anzianità per passare ai super minimi e finire ai buoni pasto e allo smart working e molto altro ancora. I lavoratori lamentano trattamenti economici da fame (lo stipendio medio è di 700 euro al mese) e l’impossibilità di organizzare i turni secondo le esigenze proprie e del servizio.

In una lettera inviata il 14 luglio scorso al commissario Inps Micaela Gelera, la Triplice e le sigle autonome hanno chiesto di poter presentare il calendario di lotta, a suo tempo già illustrato a Tridico, al fine di avviare la contrattazione. «Non vi nascondiamo le difficoltà che stiamo incontrando nel vedere riconosciute le nostre rivendicazioni» si sono lamentati i sindacati nella missiva. Quel che doveva essere il coronamento di un sogno – il posto fisso nel pubblico impiego – si è trasformato in una beffa della burocrazia. E non solo.

«Nel passaggio a Inps servizi abbiamo perso soldi e diritti» commenta un addetto al call center con Panorama. «Tra bonus e salari accessori sono stati erosi tra i 200 e i 500 euro al mese. Troppo per una platea composta per la stragrande maggioranza da “part time involontari”. Lavoriamo molto e male. L’azienda non ha dato seguito alle sentenze dei tribunali che ci confermano i vecchi inquadramenti contrattuali e nemmeno ci ha ascoltato per quel che riguarda la formazione continua e le ferie». In realtà ad ascoltare sono stati veramente in pochi in questa storia. Quando il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta (Forza Italia), all’avvio dell’iter parlamentare per l’assunzione dei centralinisti Inps, chiese dove fossero e a quanto ammontassero le coperture economiche per una operazione così impegnativa, nessuno seppe o volle rispondere. Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando (Pd), preferì piuttosto soffermarsi sul valore sociale dell’infornata, nonostante il non trascurabile dettaglio che tutti i dipendenti da assumere in Inps erano già assunti, a tempo indeterminato, nelle due società che avevano vinto l’appalto per il contact center dell’Ente previdenziale, la Comdata e la Network Contact.

Di fatto, Tridico e l’ala giallorossa del governo di unità nazionale (con Draghi premier) si sono intestarditi a fare semplicemente un travaso nel pubblico di persone già contrattualizzate e garantite, né più né meno. Con l’aggravante di aver trascurato la «clausola sociale» che imponeva l’obbligo, per l’Inps, di assorbire tutti i dipendenti esterni della commessa. Cosa che invece non è avvenuta lasciando così un po’ di gente a spasso. Già agli inizi di dicembre 2022, data di partenza del servizio di call center, la situazione era, a dire dei sindacati, disastrosa. Tanto che in una nota Cgil, Cisl e Uil parlavano apertamente di «disorganizzazione e confusione» che «continuano a regnare sovrane fino a generare vere e proprie situazioni al di fuori della legge». Ne sono seguiti due scioperi nazionali nel giro di sei mesi: a marzo e a maggio 2023. E, frattempo, si sono moltiplicate pure le istanze: i centralinisti vogliono la quattordicesima, un più congruo bonus connettività e l’abolizione di qualsiasi controllo sul lavoro individuale oltre a una serie di correttivi su contratti e turni.

E Tridico che cos’ha fatto? Nulla. Ha sorvolato lasciando che l’acqua scorresse sotto i ponti e autorizzando di quando in quando un incontro, una call, un faccia a faccia senza però mai affrontare concretamente le difficoltà. Qualche critico, ora che il bubbone è esploso, legge l’operazione contact center come un tentativo dell’allora presidente di ottenere copertura a sinistra per una eventuale riconferma, poi svanita con l’arrivo del centrodestra al potere.

È però un fatto che, fin dall’inizio delle trattative, i sindacati siano stati costretti a rintuzzarlo dicendo basta alla «liturgia dei tavoli inconcludenti» e ricordandogli che «è terminato il tempo delle passerelle politiche e delle medaglie sul petto». «Il massimo che abbiamo ottenuto da Tridico» racconta un altro lavoratore impegnato nel sindacato di base «è il suo impegno a passare ai nuovi arrivati il dossier. Lui se n’è lavato completamente le mani. Eppure, il tempo per intervenire lo ha avuto. Se non per risolvere il problema, almeno per disegnare un percorso amministrativo, istruire i dirigenti e sensibilizzare Inps servizi che da mesi non ci risponde». Gli sarebbe bastata una telefonata. Ce n’erano tremila pronti a rispondergli.

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