Negli Stati Uniti è già partito il totoministri della nuova amministrazione di Joe Biden. Un tema che, in parte, è indubbiamente prematuro. Non dobbiamo infatti dimenticare che, al di là dei contenziosi legali ancora aperti, il destino del Senato sia appeso ai due ballottaggi della Georgia.
E proprio il fatto che la camera alta risulti ancora in bilico rappresenta una spada di Damocle per Biden: è infatti il Senato che deve ratificare le nomine di giudici e ministri. In tal senso, se dovessero mantenere il controllo della camera alta, i repubblicani disporrebbero di un enorme potere contrattuale sulle scelte del nuovo presidente e potrebbero quindi avere forte voce in capitolo sulla selezione degli stessi ministri. Una situazione che metterebbe prevedibilmente in imbarazzo Biden, il quale – negli ultimi giorni – ha già riscontrato fastidi da parte della sinistra democratica, che sta iniziando sempre più a pretendere dei dicasteri di peso. Dall’altra parte, stanno comunque circolando svariati nomi che – pur basandosi ancora su mere indiscrezioni – danno l’idea di una potenziale influenza clintoniana sulla nascente amministrazione americana.
DIPARTIMENTO DI STATO
Per Foggy Bottom il nome più gettonato al momento sembrerebbe essere quello di Susan Rice. Ambasciatrice statunitense all’Onu dal 2009 al 2013, è stata consigliere per la sicurezza nazionale durante il secondo mandato di Barack Obama e considerata tra le papabili candidate alla vicepresidenza a fianco di Biden. Favorevole a una politica estera fondamentalmente interventista, la Rice fu tra le promotrici dell’intervento bellico in Libia nel 2011 e cercò di spingere lo stesso Obama nel 2013 ad agire militarmente contro la Siria di Assad. Il fatto di essere un “falco” non la rende particolarmente simpatica alla sinistra democratica, mentre anche i repubblicani potrebbero opporsi alla sua nomina. Nel 2012, la Rice finì nella bufera a seguito degli attacchi terroristici di Bengasi, mentre – negli scorsi mesi – il suo nome è apparso nell’intricata vicenda del generale Mike Flynn, durante la transizione presidenziale tra il 2016 e il 2017. Come che sia, il fatto che l’ipotesi di una sua nomina al vertice di Foggy Bottom stia circolando è indicativo di come la presidenza Biden potrebbe orientarsi verso una politica estera di stampo interventista.
Un altro nome che circola per il Dipartimento di Stato è quello del senatore repubblicano dello Utah, Mitt Romney. Non dimentichiamo che, nel 2016, costui fu considerato tra le figure papabili per guidare Foggy Bottom, per poi tuttavia ritrovarsi scartato da Donald Trump. Biden potrebbe puntare su Romney soprattutto per ragioni di politica interna: una sua nomina rappresenterebbe una mano tesa ai repubblicani e gli permetterebbe di aggirare alcune critiche dagli stessi dem, visto che il senatore ha sempre intrattenuto un rapporto abbastanza conflittuale con Trump. Ciò detto, Romney non verrebbe prevedibilmente digerito senza colpo ferire dalla sinistra democratica. E questo elemento rinfocolerebbe le tensioni interne all’asinello. Fermo restando che un Dipartimento di Stato a guida Romney porterebbe probabilmente avanti una linea di stampo nettamente interventista.
DIPARTIMENTO DELLA DIFESA
Al momento, il nome che circola maggiormente come segretario alla Difesa è quello di Michele Flournoy. Funzionaria del Pentagono ai tempi di Bill Clinton e sottosegretario durante il primo mandato di Obama, era tra le papabili a guidare il Dipartimento della Difesa nel 2016 in un’eventuale amministrazione a guida Hillary Clinton. Anche in questo caso, troviamo una figura tendente ad una linea politica interventista. La Flournoy fu tra coloro che, insieme a Hillary Clinton e Samantha Power, convinsero Obama ad attaccare militarmente la Libia nel 2011, nonostante il parere contrario dello stesso Biden (all’epoca vicepresidente). Nel 2016, è stata inoltre coautrice di un rapporto per il Center for a New American Security (da lei fondato), in cui si invocava un approccio muscolare verso la Russia e un cambio di regime in Siria. Più in generale, la Flournoy è una figura strettamente legata alla famiglia Clinton e una sua eventuale ascesa al vertice del Pentagono manifesterebbe – per quanto indirettamente – una loro crescente influenza ai vertici della Difesa americana.
DIPARTIMENTO DEL TESORO
La scelta del segretario al Tesoro potrebbe rivelarsi una delle più complicate per Biden, perché si tratta di una poltrona particolarmente ambita dalla sinistra democratica. In tal senso, uno dei nomi che circola è quello della senatrice del Massachusetts, Elizabeth Warren, nota per aver contribuito alla riforma di Wall Street ai tempi di Obama: si tratta tuttavia di un nome che difficilmente verrebbe confermato da un Senato repubblicano, mentre – più in generale – la stessa grande finanza (che ha foraggiato abbondantemente Biden nell’ultima campagna elettorale) non gradirebbe troppo un simile profilo. Un altro nome che circola è quello di Lael Brainard, componente del Federal Reserve’s Board of Governors, ex sottosegretaria ai tempi di Obama ed ex consigliera di Bill Clinton. Viene considerata una centrista e – per questo – potrebbe avere più chances di essere confermata da un Senato a maggioranza repubblicana. Un altro nome papabile è poi, secondo Bloomberg News, quello dell’ex governatrice della Fed, Janet Yellen: un profilo che, almeno in teoria, potrebbe risultare tutto sommato gradito alla sinistra democratica, ma che riscontrerebbe probabili opposizioni da parte dei repubblicani.
DIPARTIMENTO DEL LAVORO
Quello del Lavoro è un altro dicastero delicato, perché – come per il Tesoro – rischia di far scoppiare guerre intestine allo stesso Partito democratico. Negli scorsi giorni, ha dato la sua disponibilità per l’incarico di segretario al Lavoro il senatore indipendente del Vermont, Bernie Sanders. Si tratta di un nome che, in ragione del suo netto spostamento a sinistra, è improbabile possa essere confermato. Non soltanto un Senato repubblicano lo bloccherebbe, ma gli stessi democratici centristi è molto difficile lo vedano di buon occhio. Un nome considerato maggiormente papabile è quello del deputato, Andy Levin: ex sindacalista, viene dal Michigan e sta ottenendo l’appoggio di numerose organizzazioni sindacali. Un fattore che sembra stia spingendo Biden a considerarlo seriamente per il posto di segretario al Lavoro. Ulteriore ipotesi in circolazione è poi quella dell’attuale presidente del Partito democratico, Tom Perez, che ha già servito come segretario al Lavoro nel corso del secondo mandato di Obama. Potrebbe rivelarsi un candidato di compromesso, ma rischierebbe comunque di scontentare qualcuno (soprattutto a sinistra).
DIPARTIMENTO DEL COMMERCIO
Secondo Politico, Biden potrebbe offrire l’incarico di segretario del Commercio a un repubblicano filodemocratico. Il nome più gettonato al momento è quello di Meg Whitman, businesswoman che ha fatto parte dei comitati elettorali di Mitt Romney nel 2008 e nel 2012, candidandosi inoltre senza successo nel 2010 a governatrice della California con il Partito repubblicano. Alle presidenziali del 2016 e del 2020 ha invece sostenuto il Partito democratico. Altro nome che Biden starebbe prendendo in considerazione per l’incarico è quella di Terry McAuliffe: ex governatore dem della Virginia ed ex businessman, si tratta di una figura abbastanza vicina alla famiglia Clinton. Da quanto emerge al momento è quindi relativamente chiaro che Biden voglia tener ben lontana la sinistra del suo partito dal Dipartimento del Commercio. Un fattore a cui nella Rust Belt dovrebbero forse cominciare a guardare con preoccupazione.
AMBASCIATORE STATUNITENSE ALL’ONU
Tra i nomi maggiormente ricorrenti per la posizione di ambasciatore statunitense all’Onu figura quello di Wendy Sherman: già vicesegretaria di Stato facente funzioni ai tempi di Obama, è stato il principale negoziatore dell’accordo sul nucleare con l’Iran. Un altro nome che circola è quello dell’ex sindaco di South Bend, Pete Buttigieg: un profilo che piace ai centristi, ma che difetta di esperienza internazionale (fattore che potrebbe portarlo ad altri dicasteri, come quello dei Veterani). Infine, un recente articolo del Washington Post, ha riportato che, come ambasciatrice all’Onu, starebbe emergendo un’ipotesi: quella di Hillary Clinton.