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«Sul lavoro troppi errori, il futuro è a rischio»

«Sul lavoro troppi errori, 
il futuro 
è a rischio»

«C’è da aver paura, perché non si capisce cosa voglia fare questo governo». Stefano Colli-Lanzi, a.d. di Gi Group, usa parole dure. Si può ripartire, sostiene, ma con politici di altro calibro.


Non vede l’ora che se ne vada, questo governo. Non solo perché ha fatto danni al mercato del lavoro. Ma anche perché lo vede privo di una strategia da seguire per il dopo-Covid. Usa parole dure Stefano Colli-Lanzi, fondatore e amministratore delegato di Gi Group, la più grande agenzia del lavoro italiana che sotto la sua guida è diventata una vera e propria multinazionale presente in oltre 50 Paesi in Europa, Asia, Africa e America con un giro d’affari globale di 2,6 miliardi di euro, in crescita del 13 per cento sul 2018: il 48 per cento è generato fuori dall’Italia. Ultimo colpo messo a segno da Gi Group è l’acquisizione del ramo outplacement della società californiana CareerArc. Insomma, parliamo di un’azienda di successo italiana guidata da un uomo, Colli-Lanzi, che di lavoro se ne intende parecchio.

Perché lo sbarco negli Usa?

Il nostro piano è di portare il fatturato del gruppo a 6 miliardi in cinque anni. Dopo aver radicato la presenza in Europa, Brasile, Cina e India da tempo ci eravamo dati l’obiettivo di entrare nel mercato nordamericano. L’acquisizione in California è un primo passo: l’azienda acquistata si occupa di ricollocare le persone che hanno perso il lavoro e ha sviluppato una piattaforma tecnologica molto interessante. L’outplacement non è il nostro core business, ma in questo momento è un settore in enorme sviluppo, data la crisi provocata dal Covid-19 e il conseguente boom della disoccupazione negli Usa.

Come vede l’autunno?

Per ora l’impatto della crisi sul sistema economico italiano è paragonabile a quello subìto dagli altri Paesi. Siamo allineati. Il problema adesso è vedere come i governi utilizzeranno le risorse messe in campo dagli Stati e dall’Europa per far ripartire l’economia. E c’è da aver paura, perché non si capiscono gli intendimenti del nostro governo, c’è grande incertezza. Avere a disposizione delle risorse come le hanno i nostri vicini e utilizzarle male sarebbe un disastro colossale. Dovremmo sfruttare questa opportunità per riguadagnare posizioni, ma c’è il rischio che invece il gap con le altre economie si allarghi.

In che modo?

Se invece di investire questi denari sul fronte dell’offerta, per migliorare le infrastrutture, le competenze, la tecnologia, il turismo, la giustizia, si spendono solo per aumentare i consumi, sarebbe un errore.

Si aspetta un aumento dei licenziamenti dopo il blocco deciso dal governo?

No, non mi aspetto un boom di licenziamenti. Ci sono le condizioni per ripartire. L’importante è gestire con attenzione questa fase di transizione, lavorando tutti insieme, senza pregiudiziali ideologiche.

Che ruolo dovrebbero avere le agenzie per il lavoro?

Il governo dovrebbe considerarci dei partner strategici per realizzare il new deal. Le agenzie possono svolgere un ruolo storico nell’aiutare le persone a migliorare le proprie competenze e a rientrare nel mercato del lavoro. In questa fase di cambiamento tecnologico e organizzativo che investe le aziende c’è un grande bisogno di ri-orientare le competenze. Ci vogliono operatori qualificati. Invece di sussidiare chi perde il lavoro, occorre formarlo. Non è questo il momento di alimentare un sistema assistenzialistico. Ma sinceramente, guardando al governo di oggi, viene più di qualche dubbio sul fatto che ci sia chiarezza sulla direzione da prendere e temo che si giochi tutto sull’assistenzialismo di breve termine.

Non siete molto amati dal governo e in particolare dai Cinque stelle…

Questo governo ha trattato malissimo le agenzie per il lavoro considerandole un nemico, non si capisce perché. Un’incomprensione dovuta forse all’ideologia o alla non conoscenza del settore. Sta di fatto che l’interlocuzione con l’esecutivo è stata difficile. Riconosco però che garantire la cassa integrazione durante la crisi anche ai lavoratori temporanei è stata una decisione corretta.

Che cosa pensa dei navigator?

Di che cosa?

I navigator, quelli che aiutano chi percepisce il reddito di cittadinanza a trovare lavoro…

No, guardi, di certe cose non me occupo proprio, le trovo fuori contesto, non funzionano. Le ultime iniziative dello Stato nel mercato del lavoro sono un passo indietro: l’Italia aveva imboccato una strada corretta che rendeva il mercato del lavoro più efficiente, combinando flessibilità be sicurezza a vantaggio sia delle persone sia delle aziende. Poi, con il decreto Dignità del 2018 e i provvedimenti che sono seguiti, ci siamo trovati con quattro regimi normativi diversi in tre mesi, con gente che non ha minimamente capito qual è la direzione da seguire. Dobbiamo aspettare che se ne vadano e riprendere un percorso di medio-lungo termine per costruire un mercato del lavoro più moderno.

Lo smart working si diffonderà?

Sì, lo smart working aumenterà. La gente ha imparato a usare le tecnologie disponibili e ha compreso che lavorando da casa può aumentare la propria produttività evitando spostamenti, consumi, acquisti inutili. E le imprese hanno scoperto che i lavoratori sono molto più responsabili di quanto pensassero.

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