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Stati Uniti: in Iowa è una corsa a quattro per le primarie dem

Il 3 febbraio inizia nello Stato del Midwest la corsa per scegliere l’avversario di Donald Trump alle presidenziali Usa, il prossimo 3 novembre. Al primo posto, Bernie Sanders. Seguito da Joe Biden, Pete Buttigieg ed Elizabeth Warren.


Ormai ci siamo. Lunedì 3 febbraio avrà inizio il lungo processo delle
primarie democratiche. E il primo appuntamento, come da consuetudine,
risulterà il caucus dell’Iowa. Stando all’ultima media sondaggistica di Real Clear Politics, quella che si profila è una corsa a quattro. Al primo posto, con il 24,2% dei consensi, troviamo il senatore del Vermont Bernie Sanders, tallonato dall’ex vicepresidente americano Joe Biden attualmente dato al 21%…

Segue il sindaco di South Bend, Pete Buttigieg, al 16,8%, mentre la senatrice del Massachusetts, Elizabeth Warren, è quarta al 14,7%. Ben più distante si colloca invece la senatrice del Minnesota, Amy Klobuchar, che, con il suo 9,2%, mostra qualche difficoltà ad emergere. Ai vertici, la partita sembra quindi giocarsi sul filo del rasoio, tanto che non è al momento del tutto escludibile un risultato appeso a cifre decimali (il cosiddetto “too close to call“). È del resto anche per evitare un simile scenario che i vari candidati stanno battendo da mesi palmo a palmo l’Hawkeye State, nella speranza di conseguirvi una vittoria netta. Non dobbiamo infatti trascurare che tradizionalmente il caucus dell’Iowa sia considerato un appuntamento elettorale di fondamentale importanza. E questo non tanto per il numero di delegati che mette in palio (quest’anno sono appena 41), ma per altri due motivi. In primo luogo, va sottolineata l’imponente copertura mediatica di cui gode questa competizione elettorale: una copertura mediatica che può fungere da trampolino di lancio soprattutto per gli outsider (si pensi soltanto al caso di Barack Obama nel 2008). In secondo luogo, non va trascurato che – per sedici anni – tutti i candidati democratici che hanno vinto il caucus dell’Iowa sono poi riusciti a conquistare la nomination del proprio partito (Al Gore nel 2000, John Kerry nel 2004, Barack Obama nel 2008 e Hillary Clinton nel 2016).

Ciò detto, si deve comunque fare attenzione ai facili automatismi: nonostante la rilevanza di questo appuntamento elettorale, non bisogna trascurare che l’Iowa sia un territorio piccolo, con alcune peculiarità non reperibili altrove. Un territorio in cui, tra l’altro, il peso delle minoranze etniche è relativamente scarso. Ragion per cui riuscire a conquistare il sostegno degli elettori dell’Hawkeye State non implica meccanicamente la capacità di attrarre quei voti trasversali in grado di proiettare realisticamente un candidato verso la Casa Bianca. Anche perché in Iowa non si tengono primarie aperte ma, per l’appunto, un caucus: un’assemblea ristretta degli attivisti di partito, che assai spesso votano secondo logiche differenti da quelle di un elettore indipendente. La componente ideologica può, in altre parole, prevalere su quella pragmatica. Con il risultato che, a volte, questa competizione finisce col favorire l’emergere dei candidati più radicali (circostanza avvenuta negli ultimi anni soprattutto con il Partito Repubblicano). Tuttavia, raramente come nel 2020 il caucus dell’Iowa potrebbe rivelarsi dirimente per i democratici, viste le fratture che si scorgono da tempo in seno all’asinello.
Bernie Sanders ha registrato in loco un netto balzo nei sondaggi a partire dal 20 gennaio: un balzo che ha portato il senatore del Vermont al primo posto, scalzando Biden dalla posizione di front runner. Del resto, come sottolineato da Jonathan Martin e Alexander Burns sul New York Times lo scorso 27 gennaio, la strategia del senatore socialista è chiara: investire moltissimo nei primi Stati in cui si vota (soprattutto Iowa e New Hampshire) erodendo in questo modo la (traballante) leadership sondaggistica che l’ex vicepresidente americano detiene ancora a livello nazionale. In questo senso, Sanders può contare su una potenza economica non indifferente: basti pensare che, nell’ultimo trimestre del 2019, abbia rastrellato quasi 35 milioni di dollari in finanziamenti elettorali (a fronte dei 23 milioni, conseguiti da Biden). Il senatore del Vermont – notano i due analisti – ha comunque un problema: se la sua forza nel voto giovanile resta indubbia, sono gli elettori democratici più tradizionali (e magari più anziani) a fidarsi poco di lui in Iowa. Va comunque notato che questa diffidenza verso Sanders non stia avvantaggiando al momento gli altri candidati in lizza. Il fronte moderato si è infatti spaccato in due tronconi, tra Biden e Buttigieg, mentre per ora Elizabeth Warren sta arrancando: quella stessa Warren che invece nei mesi autunnali era saldamente in testa ai sondaggi in questo Stato. Quello che è interessante notare è che – stando alla media sondaggistica di Real Clear Politics – il parziale declino della senatrice del Massachusetts in Iowa sia avvenuto sostanzialmente in contemporanea con quello che si è trovata a registrare a livello nazionale. Un fattore interessante, anche perché le difficoltà della Warren sono cominciate alla fine di novembre, negli stessi giorni, cioè, della candidatura di Mike Bloomberg alla nomination democratica. Non è quindi escludibile che una figura così divisiva come quella dell’ex sindaco di New York (un multimiliardario destrorso) abbia spinto l’elettorato di sinistra a convogliare maggiormente il proprio consenso sulla carica antisistema di Sanders, con conseguente danno per la Warren (che rischia di restare talvolta un po’ vittima dell’immagine da intellettuale harvardiana). È pur vero che Bloomberg non si presenterà né in Iowa né in New Hampshire, visto che preferisce concentrarsi sugli Stati che voteranno nel Super Martedì del 3 marzo. Ciononostante non bisogna trascurare che il senatore del Vermont stia cercando (e forse non senza efficacia) di sottrarre consensi alla collega del Massachusetts, proponendosi come l’unico vero rappresentante della sinistra democratica. Insomma, lo “spettro” di Bloomberg rischia di produrre maggiori impatti a sinistra, piuttosto che al centro.
Un centro che – come dicevamo – si contendono in Iowa Biden e Buttigieg. L’ex vicepresidente ha condotto sul territorio una campagna piuttosto convenzionale, sfruttando la sua notorietà e facendo ricorso alla strategia dell’”usato garantito”. Come notato da Alex Seitz-Wald e Mike Memoli su Nbc News, Biden si starebbe concentrando soprattutto su due quote elettorali ben specifiche: le minoranze etniche (che stanno man mano crescendo nello Stato) e i cattolici (concentrati soprattutto nella città di Dubuque: un centro considerato fondamentale per la vittoria di Kerry nel caucus del 2004). In particolare, pare che Biden (che è di fede cattolica) voglia fare affidamento sulla capacità di influenza e mobilitazione delle suore locali. Come che sia, non è esattamente chiaro se l’ex vicepresidente speri realmente in una vittoria in Iowa: va detto che, per lui, l’Hawkeye State non risulti così fondamentale, visto che ripone grandi speranze nel South Carolina. Tuttavia il rischio per Biden è quello di non vincere in nessuno dei primi due Stati (Iowa e New Hampshire): un’eventualità che potrebbe mettere seriamente in imbarazzo la sua campagna elettorale in termini di immagine. Senza poi trascurare che sull’ex vicepresidente continui ad aleggiare lo scandalo ucraino, che ha coinvolto anche suo figlio Hunter.
Sempre restando al centro, Buttigieg sta invece tentando il colpaccio nell’ Hawkeye State. Nonostante nell’ultimo mese abbia perso circa cinque punti nei sondaggi, il sindaco di South Bend non si dà per vinto e sta puntando tutto sugli indecisi dell’ultimo minuto. Apertamente omosessuale, si era originariamente candidato con l’obiettivo di rappresentare la sinistra, per spostarsi col tempo su posizioni maggiormente centriste. In Iowa, ha cercato di muoversi su due piani complementari. Da una parte, sono mesi che sta corteggiando il voto degli agricoltori, tentando di far leva sui problemi che questa classe sociale ha riscontrato a causa dei dazi di Donald Trump contro la Cina: dazi che, ricordiamolo, hanno drasticamente ridotto l’export americano di soia (quella soia di cui l’Iowa è tra i principali produttori negli Stati Uniti). La strategia ha un suo senso e potrebbe funzionare, anche se molti agricoltori pare si sentano ancora politicamente vicini all’attuale presidente. In secondo luogo, Dan Merica su Cnn ha messo in evidenza che il sindaco di South Bend si starebbe rivolgendo a una fascia elettorale ben precisa: coloro, cioè, che – pur avendo votato per Obama nel 2012 – quattro anni dopo sostennero Trump. Le incognite su Buttigieg tuttavia restano. Non solo perché, se vuole realisticamente proseguire la corsa verso la nomination, ha estrema necessità di conseguire un buon risultato in Iowa o in New Hampshire. Ma anche perché si trova insidiato da Amy Klobuchar che, da tempo, ne sta mettendo in dubbio capacità ed esperienza con frequenti attacchi. In questo senso, pur avendo scarse possibilità di vittoria in Iowa, la senatrice del Minnesota potrebbe rivelarsi fondamentale per determinare i risultati dell’imminente caucus: non solo perché – esattamente come Buttigieg – spera negli indecisi dell’ultimo momento. Ma anche perché potrebbe contribuire a frantumare ancora di più il fronte centrista, favorendo però così indirettamente Sanders. Non sarà del resto un caso che, secondo il New York Times, Biden abbia offerto alla Klobuchar una proposta di mutua assistenza nelle circoscrizioni a rischio. Che si tratti di prove generali per una santa alleanza contro il senatore socialista?

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