Il ministro dello Sport ha un alibi, inattaccabile. In pochi, forse nessuno, sarebbero usciti indenni dovendo gestire la riforma di un sistema complesso come lo sport italiano dovendo scriverne le fondamenta come espressione di una maggioranza gialloverde (Movimento 5Stelle più Lega) e applicarne le norme dandone conto a un Governo nel frattempo diventato giallo e rosso, avendo imbarcato il Pd.
Roba da mal di testa, ma gli alibi finiscono qui perché nel resto del pasticciaccio che sta facendo tremare alle fondamenta il palazzo del ministero di Vincenzo Spadafora, il già giovanissimo presidente dell’Unicef ci ha messo molto del suo. Provando a fare prima la faccia dura per tenere il punto del Movimento e finendo poi con il cedere e concedere tanto ai nuovi alleati. Col risultato di una bocciatura (almeno temporanea) del testo della riforma con tanto di mail anticipate ai colleghi della maggioranza, mandate al dipartimento per gli affari giuridici come atto precedente il via libera del Consiglio dei ministri e, infine, rimesso nel cassetto in un clima di sospetti e veleni.
TUTTI CONTRO SPADAFORA
La colpa maggiore di Spadafora è stata quella di riuscire, con mirabile sintesi, a far arrabbiare tutti. Si era inquietato il Cio al tempo della prima stesura della riforma, che toglieva poteri e fondi al Coni proprio nei giorni dell’assegnazione all’Italia dei Giochi del 2026, non hanno gradito i nuovi alleati di area Pd, non fanno salti di gioia (eufemismo) quelli che avevano iniziato a picconare dalle fondamenta il sistema di controllo che da decenni mandava avanti lo sport italiano e si sono compattati (quasi tutti contrari) i presidenti delle diverse federazioni. Uno schieramento vasto che ha messo in salita il cammino di Spadafora verso l’approvazione definitiva di una riforma che lui stesso contava – tra un aggiornamento Facebook e una riunione – di poter chiudere prima dell’estate. Invece è finita con lo stop del suo stesso movimento, la minaccia velata di dimissioni e la sensazione di navigare a vista dimenticandosi di come lo sport sia alla vigilia della ripresa più difficile e rischiosa della sua storia, con il mondo dei dilettanti e parte del professionismo che attendono come ossigeno notizie certe (e concrete) a proposito di defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, utilizzo delle palestre, protocolli per l’attività di base e quella di rete di sostegno senza la quale tutto il sistema rischia di saltare. Uno tsunami.
TUTTI I NODI DELLA RIFORMA CONTESTATA
Spadafora ha trascorso la primavera vestendo i panni del ‘Signor No’. No agli allenamenti dei calciatori (poi superato dai presidenti di Regione), no alla ripresa del campionato, ripreso quasi a sua insaputa e concluso senza i problemi che per settimane erano stati preconizzati, no alla riapertura degli stadi e così via. Si è meritato da parte dei più critici l’etichetta di “Ministro contro lo sport”. Etichetta che ha rifiutato spiegando semplicemente di aver seguito la linea della prudenza, ma che certamente sintetizza l’impressione avuta da larga parte del suo mondo di non aver avuto una guida forte nel momento dell’emergenza. Ora Spadafora è finito sotto scacco politico. I nodi venuti al pettine della riforma passata dalle mani gialloverdi a quelle giallorosso – sempre con la sua mediazione – sono noti: gestione della cassa, sopravvivenza di Sport e Salute (ricordate? Il fiore all’occhiello di Giorgetti), ruolo del Governo, poteri del Coni, limite dei mandati per i presidenti, Coni compreso e, in termini assoluti, la visione profondamente diversa che le varie anime di questa maggioranza hanno rispetto allo sport. Spadafora sta in mezzo, fin qui evidentemente non capace di fare sintesi. Da fuori osservano. Tra un anno esatto c’è l’appuntamento con le Olimpiadi di Tokyo e una riforma troppo politico centrica rischia di suscitare le ire del Cio. Col quale si dovrà poi condividere il lungo cammino verso Milano-Cortina 2026. Roba da far tremare le vene dei polsi se il testo che uscirà da questo tutti contro tutti (che è anche e soprattutto un tutti contro uno, Spadafora appunto) sarà il prodotto finale di questo pasticcio.
