Vertice di maggioranza, massima allerta, voci di dimissioni. Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, si rende conto che il problema è serissimo. Sforna un comunicato dopo l’altro, avvia inchieste, mobilita il portavoce e l’intero ufficio stampa del Comune. E tutto perché? Qual è il problema? L’affaire multe. Il “suo” problema personale di accuse per contravvenzioni eluse, tra ipotesi di pirateria informatica e giustificazioni burocratiche.
Sullo sfondo, la querelle con le minoranze, i media e i singoli cittadini che postano video di protesta, perché qualcuno sarebbe intervenuto per evitargli di pagare le multe (lui smentisce). Nel frattempo, i romani affrontano giorno per giorno ben altri problemi. La capitale esplode. Altro che l’emergenza “multe del Sindaco”. Il vertice di maggioranza era contemporaneo all’esplosione della rabbia popolare, agli scontri, ai cassonetti incendiati, alla guerriglia per le strade. Nulla però che agli occhi di Marino meriti un vertice o l’attenzione Campidoglio.
Nel quartiere periferico di Tor Sapienza la popolazione scende in piazza ogni giorno, reclama la presenza del primo cittadino o di qualche assessore e nessuna autorità invece si materializza. Fatta la tara delle infiltrazioni criminali e politiche l’esasperazione è reale, tangibile, giustificata. E pericolosa.
Fra centri di prima accoglienza zeppi di clandestini, parecchi minori (anche se non tutti realmente minorenni), passeggio e passaggio di trans, case e negozi occupati e condizioni estese di degrado in uno scenario progressivo di scivolamento verso stili di vita da terzo mondo (come aveva profetizzato il presidente della Camera, Laura Boldrini, quando aveva detto che i migranti avrebbero portato un nuovo stile di vita?), tutta la preoccupazione del Sindaco è concentrata su se stesso e sullo scandalo delle (proprie) multe.
Una totale mancanza di senso di responsabilità, di dovere civico, di intelligenza politica, di vicinanza con i cittadini. Una certa sinistra è sempre pronta a tacciare di razzismo e ridurre qualsiasi protesta alla solita “guerra tra poveri”, senza rendersi conto che il degrado di Roma e delle sue periferie è frutto di una cultura “buonista” che ha disprezzo per i “poveri”, gli ultimi, i più fragili e, diciamolo pure, spesso i più ignoranti. Nei quartieri della sinistra bene a Roma non si vedono centri d’accoglienza, non c’è la convivenza di tutte le marginalità. C’è la cecità snobistica di un mondo castale incapace di raccogliere il grido (letterale) delle periferie. E di scongiurare l’esplosione di razzismo dando risposte sui problemi reali. Finché non ci scapperà più solo un operatore, un poliziotto, un migrante o una cittadina feriti “leggermente”, ma anche noi dovremo affrontare banlieu in fiamme. E Marino continuerà a convocare vertici su ridicole (e imbarazzanti) amenità contravvenzionali personali.
