I magistrati gli danno addosso, ma Donald Trump nei sondaggi vola. E si intravede più di una possibilità di un suo clamoroso ritorno. Che cambierebbe molte carte in tavola.
A sorpresa, e con un clamoroso gioco di paradossi, tutto congiura a favore di Donald Trump. Sarà lui, a occhio, il vero mattatore della campagna presidenziale del 2024. Against all odds, come dicono gli americani – cioè contro ogni previsione – il vecchio Donald oggi surfa sull’onda delle avversità. Non sembrano sfiorarlo nemmeno i quattro procedimenti penali aperti contro di lui, malgrado si basino su accuse in grado di stroncare un bisonte e nonostante la minaccia teorica di una pena complessiva di 717 anni e sei mesi di reclusione.
Trump si fa forte delle regole democratiche, che anche da imputato gli permettono di candidarsi. E sa bene che a fermarlo potrebbe essere soltanto una condanna a una pena detentiva. Ma ha saputo trasformare in propaganda elettorale anche la cronaca giudiziaria. Da quando gli si è scatenata contro la piccola task-force di procuratori, federali e distrettuali, ha respinto con forza ogni accusa e s’è messo a gridare – efficacemente – alla «caccia alle streghe». Risultato? Per l’ex presidente americano sembra valere la stessa regola che in passato da questa parte dell’Atlantico ha finito (quasi) sempre per favorire Silvio Berlusconi: più la giustizia si accanisce, mostrando contorni persecutori, e più cresce il consenso.
Non è servito nemmeno che in un quinto processo, in sede civile, Trump sia stato condannato lo scorso maggio a risarcire con 5 milioni di dollari la scrittrice Jean Carroll per averla «molestata sessualmente» nel 1996 in un grande magazzino (lei, in realtà, sosteneva di essere stata «stuprata»). In base a un sondaggio pubblicato a fine agosto dal New York Times, il 62 per cento degli elettori repubblicani voterebbe per Trump, contro il 16 del governatore della Florida Ron DeSantis, fino a pochi mesi fa dato per favorito, e contro il 5 per cento dell’ex vicepresidente Mike Pence. All’inizio di settembre Trump è riuscito a sbarazzarsi anche di Vivek Ramaswamy, un terzo concorrente che stava crescendo nei sondaggi, candidandolo come suo futuro vicepresidente. Scelta due volte furba, visto che Ramaswamy, giovane e ricco imprenditore d’origine indiana, si sta imponendo con tesi contrarie alla soffocante ideologia «woke» e al politically correct imperante.
Trump fin qui ha avuto gioco facile anche nell’attaccare i suoi inquisitori. Attraverso date e provvedimenti, i magistrati mostrano fin troppo apertamente la loro antipatia per l’ex presidente. Il procuratore federale Jack Smith, che accusa Trump di aver fomentato l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 e di avere illegalmente fatto uscire dalla Casa Bianca carte coperte dal segreto di Stato, per l’inizio del processo ha proposto il 2 gennaio: ma quel martedì, non a caso, cade alla vigilia delle primarie repubblicane in Iowa. Non è stata da meno Tanya Chutkan, la ricciuta magistrata nera che a Washington giudicherà Trump per l’accusa di aver cercato di alterare le elezioni del 2020, e gli ha appena vietato di usare i social network per divulgare atti a sua difesa.
Trump, si sa, non è uomo dal tratto accomodante. Ha tacciato il procuratore Smith di essere «uno squilibrato che cerca solo di salvare quel vecchio corrotto di Joe Biden», e di avere «manomesso, cancellato e distrutto documenti, immagini, nastri altamente riservati e classificati». Ora proverà a ricusare la giudice Chutkan: «Con lei», protesta, «mi sarà impossibile avere un processo equo». È una tecnica efficace: l’ex presidente ha convinto 77 repubblicani su 100 che le inchieste contro di lui siano soltanto «una persecuzione politica» e che, non riconoscendo l’esito delle elezioni del novembre 2020, non abbia violato alcuna legge. Se nessuno lo fermerà, nel 2024 quasi sicuramente Trump dovrà vedersela ancora una volta con Biden: gli altri candidati nel campo democratico, dall’eccentrico Bob Kennedy jr alla scrittrice e attivista Lgbtq+ Marianne Williamson, non sembrano in grado di attrarre consensi sufficienti a insidiare la candidatura del presidente uscente.
Così, anche se nessuno l’ha ancora dichiarata ufficialmente, sui media americani è già partita la sfida diretta. L’estetica dello scontro, però, è impietosa per Biden, che a 80 anni oggi pare la versione peggiorata dello «Sleepy Joe» (Giovanni l’addormentato) ridicolizzato nelle elezioni 2020 da Trump. Il presidente in carica accusa continui vuoti di memoria, inciampa e cade, è ormai un produttore seriale di gaffe e sembra davvero un fragile vecchietto. Quella volpe di Donald ha appena tre anni in meno, ma al confronto ha l’aspetto di un ragazzino dispettoso. A fine agosto è riuscito a trasformare in strumento di propaganda persino la foto segnaletica cui è stato costretto a sottoporsi nella prigione di Atlanta: l’ha fatta rimbalzare sui social, piazzandole sotto la scritta «Mai arrendersi!». E dal veloce merchandising di cappellini, tazze e magliette ha già incassato una decina di milioni di dollari, ovviamente da destinare alla sua campagna elettorale.
Dopo quel passaggio difficile, i sondaggi sembrano arridere a Trump. Il 30 agosto le rilevazioni di Economist/YouGov per la prima volta l’hanno dato in vantaggio su Biden: Donald ha con sé il 44 per cento degli elettori contro il 43 del presidente uscente, e il 13 resta incerto. Intanto il tasso d’approvazione dell’amministrazione democratica è appena crollato al minimo storico del 37 per cento. Certo, non mancano gli scettici. Come il politologo Edward Luttwack, il quale sostiene che alla fine «Trump non si candiderà, e anche Biden non è affatto sicuro». Ma se alla fine il vecchio Donald riuscisse davvero a lanciarsi in una «second life» da presidente, è certo che il sussulto nella vita degli americani sarebbe notevole. È assai probabile, per esempio, che i movimenti della sinistra radicale, a partire da «Black lives matter», si scatenerebbero contro una Casa Bianca tornata trumpiana, imponendo agli Stati Uniti una conflittualità forse peggiore di quella vissuta quasi tre anni fa con l’assalto a Capital Hill. È altrettanto certo che Trump sovvertirebbe le politiche di Biden sull’immigrazione. L’amministrazione democratica ha smantellato l’alto muro d’acciaio che la Casa Bianca repubblicana aveva deciso d’innalzare ai confini con il Messico, e da ultimo è arrivata a svenderne i rottami in pubbliche aste: i sondaggi però rivelano che la paura degli americani per il crimine torna ad aumentare, e Trump sicuramente si rimetterebbe a erigere il suo muro.
Molto cambierebbe anche nella capacità di governo della Casa Bianca, soprattutto in economia. Trump ha annunciato che riporterà sotto il presidente le varie agenzie indipendenti, dalla Commissione federale sul commercio a quella sulle telecomunicazioni. Ha detto che taglierà l’odiato «red tape», la burocrazia imposta da Biden al mercato del lavoro assieme alle tante sovvenzioni democratiche. E che aumenterà la spesa per il suo immutato programma, «Make America great again» Ma tutta la politica mondiale verrebbe sovvertita da una sua seconda presidenza. Diversamente da quanto ha fatto Biden, da sempre legato a filo doppio all’Ucraina – e spinto ad appoggiare militarmente Volodymyr Zelensky anche dalle controverse vicende giudiziarie che hanno coinvolto suo figlio Hunter in una serie di oscure trame tra Kiev e Washington – Trump potrebbe giocare la sua amicizia con Vladimir Putin per convincerlo a porre fine al conflitto. Mentre aumenterebbe di certo l’aggressività contro la Cina di Xi Jinping, che considera il vero, grande nemico dell’Occidente, e crescerebbe la spesa militare. Porterebbe poi indietro di cinque anni l’orologio dei rapporti con l’Iran degli ayatollah, che grazie alle incertezze e agli errori di Biden hanno potuto recuperare miliardi di dollari di capitali già congelati da Trump, usandoli per accelerare il programma nucleare e per sovvenzionare il terrorismo contro Israele. Fantasie? Ipotesi campate in aria? Si vedrà tra qualche mese. Mai prendere sotto gamba il vecchio Donald, comunque. Soprattutto, mai dimenticare il suo slogan: «Il nemico che ti sottovaluta è il tuo migliore alleato».
