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Quei soliti noti dei 5 stelle con una candidatura come premio fedeltà

Quei soliti noti dei 
5 stelle con una candidatura  				come premio fedeltà

In barba al democratico ricambio, il tasso di rinnovamento tra i pentastellati nel futuro Parlamento sarà inferiore a un terzo degli eletti (nel migliore dei casi). Nello stilare le liste il presidente Conte ha preferito andare sul sicuro, includendo solo chi non gli ha creato problemi.


Quell’«apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno» è avvolto nelle nebbie del passato e delle nostalgie. Era il tempo del Movimento 5 stelle arrembante, quello di Beppe Grillo che dispensava i «vaffa» a destra e a manca. Nel settembre 2022, invece, i grillini della prima ora hanno indossato la pochette di Giuseppe Conte e l’unico obiettivo è di trovare aperta la porta di Montecitorio e Palazzo Madama per rientrarci. La scatoletta piace, eccome. E pazienza se questo comporta uno scarso rinnovamento degli eletti.

Se infatti la regola dei due mandati ha lasciato a casa un bel po’ di parlamentari in carica, nella composizione delle liste non è stato effettuato un ricambio. Tra i blindati del presidente ci sono tanti fedelissimi, come la capogruppo al Senato, Mariolina Castellone, un tempo dimaiana di ferro, convertitasi al contismo. E non poteva mancare l’ex presidente dei senatori pentastellati, Ettore Licheri, che non è stato riconfermato in quel ruolo proprio dopo la sconfitta infertagli da Castellone. Altri tempi. Entrambi si troveranno a braccetto a Palazzo Madama, insieme al ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli. Ma non solo. C’è per esempio il pugliese Mario Turco, spuntato dal nulla alle scorse elezioni e che ha saputo costruire un legame solido con il leader.

Barbara Floridia, invece, riceve con la candidatura blindata un premio di consolazione: poche settimane fa è stata sconfitta alle primarie in Sicilia, prima che il Movimento decidesse la rottura dell’alleanza con il Pd. Nell’attesa di tornare in Parlamento, comunque, è anche sottosegretaria all’Istruzione.

Alle Regionali è stato spedito, con zero chance di successo, Nuccio Di Paola. Tra i riconfermati del già avvocato del popolo ci sono i candidati alla Camera: Francesco Silvestri, aitante deputato romano che è stato eletto capogruppo a Montecitorio ai tempi supplementari, dopo lo scioglimento delle Camere. Ha guidato un gruppo che non c’è, insomma. A concludere il team: i due vice Riccardo Ricciardi, che ha i galloni del fedelissimo di Roberto Fico, e Michele Gubitosa, di professione imprenditore nel settore informatico e pretoriano del verbo contiano a suon di inserzioni Facebook (per una spesa di oltre 52 mila euro). Tra le esperienze precedenti c’è quella nella società di calcio dell’Avellino, sua città natale.

Certo, ci saranno alcuni esordienti, a cominciare dai due ex magistrati Federico Cafiero de Raho e Ferdinando Scarpinato, ma già parlano e si muovono da fedelissimi dell’ex premier. Da considerare poi la quota rosa delle debuttanti in Parlamento, rappresentata dall’ex sindaca di Torino Chiara Appendino e dalla sottosegretaria allo Sviluppo economico Alessandra Todde. Per il resto i «nuovi ingressi» saranno al massimo una dozzina: così il nuovo corso di Conte presenterà, nella migliore delle ipotesi, un tasso di rinnovamento inferiore a un terzo degli eletti. E, in ogni caso, una percentuale prossima al 100 per cento di fedelissimi. Non sia mai che si ricada in altre fuoriuscite di massa, «stile Di Maio».

Alle spalle dei blindatissimi presidenziali, però, scalpitano in tanti per acciuffare l’agognato secondo mandato. Uno dei casi più significativi è quello di Bruno Marton che, dopo aver terminato la precedente legislatura, non era stato rieletto. Per fortuna, nel 2018, l’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vito Crimi lo ha voluto come suo collaboratore in qualità di esperto di editoria. Archiviata quell’esperienza, Marton ha finito la traversata nel deserto ed è tornato in pista da capolista al Senato in Lombardia, esattamente in Brianza. Altro più che possibile ritorno, dopo una pausa di cinque anni, è quello di Enrico Cappelletti, primo nel listino plurinominale alla Camera della circoscrizione di Padova e Rovigo, dopo che alle Regionali del 2020, da candidato presidente del M5S, ottenne un misero 3,2 per cento. Un fallimento che gli ha dato nuova e insospettabile forza…

Altri, invece, puntano a rimettere piede in Parlamento senza nemmeno uno stop. Al Senato, per l’Emilia-Romagna, è in cima alla lista Maria Laura Mantovani, che non ha certo segnato la storia della legislatura appena conclusa. Mentre alla Camera spicca, si fa per dire, il nome di Stefania Ascari, che ha portato avanti battaglie sui diritti per le donne e dell’antimafia, di cui però non si ha grande memoria. L’altra uscente, Alessandra Maiorino, è prima nel plurinominale del Lazio, vantando soltanto di aver favorito l’accordo – passato sotto traccia – con il Partito Gay di Fabrizio Marrazzo.

Fin qui i capilista. Ma abbondano i casi dei secondi in lista dietro Conte, che hanno quasi le stesse garanzie di rielezione, come la campana Gilda Sportiello, dissidente della prima ora. Durante il primo governo dell’ex avvocato del popolo si vociferava di un’uscita, in direzione centrosinistra, a causa del disaccordo sui decreti Sicurezza; invece è rimasta e ha ricevuto un atto di gratitudine.

In tanti, insomma, sperano che il loro leader possa essere eletto altrove, poiché il cervellotico meccanismo della legge elettorale fa scattare il seggio laddove il «pluricandidato», nel caso specifico Conte, abbia preso meno voti rispetto alle altre circoscrizioni in cui, teoricamente, sarebbe eleggibile. Per lo stesso principio ha buone speranze di farcela anche Vittoria Baldino, la numero due di Cafiero de Raho in Calabria.

Per lei fa il tifo Rocco Casalino, che ha sempre apprezzato le qualità di comunicazione della deputata e spera possa continuare il cammino al suo fianco. Purché resti contiana. n

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