Si sono sempre proclamati acerrimi nemici della casta e fieramente contrari alle raccomandazioni. Ma alla fine anche i Cinque stelle «tengono famiglia» e hanno sistemato i tanti colleghi che non hanno più trovato posto nel governo Draghi. Posizioni e consulenze spesso retribuite a peso d’oro a personaggi privi di competenze.
Girgis Giorgio Sorial, poliedrico ex deputato, classe 1983. È lui, per distacco, l’emblema dei cangianti dogmi grillini. Intanto ha decisamente abolito la povertà, come da precisi intendimenti di Luigino Di Maio, suo mentore e occulto capo partito. Così, per rassicurare i simpatizzanti, Sorial ha postato un eloquente scatto su Instagram: siede fiero su una Rolls Royce, abbigliato come un gagà, camicia bianca e abito color crema. Anche se, fino a qualche anno fa, assaltava: «A noi non servono auto blu, ci portano in giro i nostri attivisti». Del resto, il multiforme Girgis è pure il simbolo delle palingenesi pentastellate.
Già capogruppo alla Camera, si ricandida invano nel 2018. A quel punto, Giggino o’ Navigator lo chiama con sé al ministero dello Sviluppo economico: vice capo di gabinetto, 110 mila euro l’anno. Da deputato, Sorial azzannava: «Le partecipate sono i poltronifici dei partiti!». Ma anche lui è destinato a immolarsi. Prima entra nel cda della Marina di Portisco, al tempo società pubblica, che gestisce l’omonimo porto turistico a Olbia. Poi, lo scorso marzo, viene nominato presidente della società per il Traforo del Monte Bianco, controllata dai Benetton, i più detestati dal Movimento. Dettaglio che si somma alla passata militanza del prescelto tra i No Tav. D’altronde, uguale e spericolata strada era stata già percorsa da Marco Scibona, ex senatore grillino. Talmente coriaceo, sebbene meno elegante di Sorial, da sfoggiare in aula una cravatta-manifesto contro l’invisa opera. Non rieletto nemmeno lui, è poi entrato nel cda di Ativa, che gestisce l’autostrada tra Torino e il Traforo del Monte Bianco appunto, su indicazione dall’allora sindaca del capoluogo piemontese, Chiara Appendino. Mollata la cadreghina, Scibona si dice disgustato: il Movimento s’è trasformato in casta, analizza.
Tocca darne atto: nessuno, tra chi vanta trascorsi in politica, afferra una liana dopo l’altra con la destrezza e la spavalderia dei pentastellati. Strabilianti vissuti meritano ulteriori ricompense. Ex sindaci, aspiranti tali, consiglieri regionali, assessori comunali, deputati, senatori. E ministri. Come Paola Pisano, che ha guidato il dicastero all’Innovazione nel Conte I. Proprio lei. L’indimenticata inventrice di Immuni, inservibile app che avrebbe dovuto invece permettere il tracciamento dei positivi al Covid. Flop inenarrabile e stigma giallorosso. Comunque sia: visti i suoi inarrivabili trascorsi, il solito Di Maio, alla guida della Farnesina, ha voluto Pisano al suo fianco: «Esperta scientifica per l’economia digitale». Cinquanta mila euro, per sei mesi, dall’1 luglio al 31 dicembre 2021. E adesso, il contrattino sarà rinnovato?
Non vive uguali patemi un vecchio collega: Alberto Bonisoli, già ministro dei Beni culturali nel primo governo Giuseppi. Resta in carica fino a settembre 2019. Tre mesi dopo, viene indicato dalla grillina Fabiana Dadone, ministro della Pubblica amministrazione ora alle Politiche giovanili, per la guida del Formez, centro studi con il titanico compito di modernizzare l’italica burocrazia. Bonisoli avrà tempo. L’incarico termina a dicembre 2024. Adeguato il compenso: 142 mila euro all’anno, più 30 mila per spesucce varie. Totale: 172 mila. Più dei 150 mila percepiti da Pasquale Tridico: ministro in pectore nel 2018, poi pure lui consulente di Giggino ma al ministero del Lavoro, dunque ideatore del reddito di cittadinanza, infine presidente dell’Inps.
Anche Michele Dell’Orco, ex sottosegretario ai Trasporti, era nella compagine guidata dal giurista di Volturara Appula. Chiusa l’esperienza, a marzo 2021 viene chiamato al Viminale dal sottosegretario agli Interni: quel Carlo Sibilia che definì «una farsa» lo sbarco sulla Luna dell’Apollo 11. La collaborazione, ricompensata con 32 mila euro annui, durerà fino al termine del mandato governativo.
Non si pensi però che le liane si afferrano solo nel sottobosco politico romano. Persino il sindaco di Milano, Beppe Sala, apprezza le doti dei pentastellati. L’ultimo colpo di fulmine è per la contendente sconfitta alle Amministrative d’autunno: Layla Pavone, manager internettiana, ex consigliera del Fatto quotidiano. Uscita dalla porta, è rientrata dal portone. Sempre di Palazzo Marino. Sala, tre settimane fa, la sceglie a coordinare il Board comunale per l’innovazione tecnologica e la trasformazione digitale. Due anni di incarico, 152 mila euro. Riconoscimento alle capacità di Pavone, certo. E un ramoscello d’ulivo ai Cinque stelle, in vista delle prossime Regionali. Del resto, il sindaco aveva già dimostrato stima per le vecchie glorie grilline. Lo scorso agosto nomina nel cda dell’Amat, Agenzia per la mobilità, Silvana Carcano: ex consigliera regionale del Movimento, fu candidata alla guida del Pirellone, estrosa autrice del volume Tremila anni e non sentirli. Una rilettura sorprendente dei Dieci Comandamenti.
Anche i fulgidi e pionieristici trascorsi dell’ingegner Filippo Nogarin, storico sindaco dei Cinque stelle a Livorno, sono ben sfruttati. A febbraio 2019, annuncia di non volersi ricandidare. «Corro per le Europee» informa. Le urne sono inclementi: primo dei non eletti. Ma il talento non va disperso. Nogarin diventa così consulente di Federico D’Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento. Malignano: il solito raccomandato. «Lo dice qualche pennivendolo che non sa cosa scrivere» ruggisce l’ex sindaco. «D’Incà è solo uno dei miei clienti». A giugno 2020 Virginia Raggi, sindaco di Roma, lo vuole pure al suo capezzale: esperto per risanare il disastrato bilancio della capitale. L’adeguata valorizzazione arriva però solo nel marzo 2021: Nogarin è nominato amministratore delegato di Metropark, società delle Ferrovie dello Stato che gestisce una settantina di parcheggi nelle stazioni. Ancora una volta, c’è chi insinua. «Sono solo un ingegnere che fa la sua professione» controreplica l’interessato. «La politica non c’entra niente con la mia nomina».
Nutritissimo pure il curriculum di Massimo Bugani, detto Max, un altro volto storico del Movimento, già numero due dell’associazione Rousseau. Prima capo segreteria del solito Giggino, mentre l’ex leader era vicepremier. Poi capo staff della solita Virginia, fino allo scorso ottobre, quando la sindaca viene sconfitta alle elezioni. Poco male. Infine, il 18 ottobre 2021 Bugani diventa assessore a Bologna, con una messe di deleghe: rapporti con il Consiglio comunale, trasparenza, semplificazione, agenda digitale, servizi demografici.
Invece Antonio Trevisi, consigliere regionale pugliese non rieletto, è chiamato a gennaio 2021 dall’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro: consigliere per «lo sviluppo sostenibile». Compenso congruo anche nel suo caso: 100 mila euro. Ora, si legge nell’ultima biografia, Trevisi lavora per la presidenza del Consiglio: membro del Nucleo tecnico di coordinamento della politica economica.
Già, il Movimento non dimentica chi l’ha servito con dedizione. Non s’è scordato neppure di due ex onorevoli all’Assemblea regionale siciliana, Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca, condannati a un anno, pena poi prescritta, per le firme false presentate dai Cinque stelle alle comunali di Palermo nel 2012. Già collaboratori del leader isolano, Giancarlo Cancelleri, attuale sottosegretario ai Trasporti, continuano a lavorare nelle segreterie di due consiglieri regionali del partito. Stipendio: quasi 3 mila euro lordi al mese. Una cifra che la deposta parlamentare del Movimento, Gessica Rostellato, adesso si sogna.
Vigilessa nel padovano, a differenza degli scalpitanti, sembra accontentarsi: «Sono felicissima. Io, comunque, i mezzi pubblici li ho sempre usati. Andavo con i bus anche quand’ero onorevole». Come fece, il primo giorno del suo mandato, il presidente della Camera: Roberto Fico, ultragrillino. Il giorno dopo s’era già accomodato sui sedili in pelle della sua nuova auto blu.
