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Il patriarcato e la volgarità del rap italiano

Il patriarcato e la volgarità del rap italiano

Nella accuse, spesso surreali, contro il patriarcato si sorvola sui modelli «giovani» dei rapporti uomo-donna. Più che i rapper andrebbero ascoltati i poeti.


Brescia 17 ottobre 2023: «Il tribunale assolve Hasan Md Imrul perché il fatto non sussiste». L’accusa è di aver massacrato di botte per anni la moglie. Si era inventata tutto? No, ma il pm Antonio Bassolino ha chiesto e ottenuto l’assoluzione perché «i contegni di compressione delle libertà morali e materiali da parte dell’odierno imputato sono il frutto dell’impianto culturale atteso che la disparità tra l’uomo e la donna è un portato della sua cultura». Novembre 2021, Perugia: una marocchina denuncia il marito che la maltratta e le impone il velo. Il pm Franco Bettini accompagnando la richiesta di archiviazione scrive: «La condotta di costringerla a tenere il velo integrale rientra nel quadro culturale, pur non condivisibile in ottica occidentale, dei soggetti interessati».

20 novembre 2023 Elena Cecchettin, sorella di Giulia la ragazza di Vigonovo ammazzata dall’ex fidanzato Filippo Turetta che ha ammesso di averla uccisa, scrive una lettera al Corriere della Sera: «Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. I “mostri” sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista. Il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno».

La morte atroce di Giulia è diventata un evento mediatico. Il 25 novembre è stata la giornata antiviolenza; centinaia di migliaia di donne nelle piazze hanno sostenuto l’accusa al patriarcato; che poi abbiano inneggiato alla Palestina dove l’oppressione femminile è totale, che non abbiano taciuto gli stupri di massa di Hamas sulle israeliane, che abbiano «assaltato» la sede del movimento Pro Vita è stato derubricato a effetto collaterale. Il tema centrale è rimasto il dominio dei maschi e l’urgenza dell’educazione alla relazione. Il ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara e la ministra per la Famiglia Eugenia Maria Roccella hanno presentato un progetto per educare all’affettività e alle relazioni nelle scuole: 30 ore di lezione. Come se non vi fossero almeno 27 secoli di cultura dell’amore da rileggere, da spiegare, da esplicitare, magari per contrastare la contemporanea abitudine di riservare all’amore solo parolacce. Forse basterebbe una ciocca di capelli di madame Arnoux, forse basterebbe l’educazione sentimentale di Gustave Flaubert. O far entrare nelle case, come nelle aule i versi di Alda Merini. Un bestseller di poesia stacca oggi 400 copie! Più facile lasciarsi con un WhatsApp che dirsi «Ti faccio dono di tutto se vuoi, tanto io sono solo una fanciulla piena di poesia e coperta di lacrime salate».

Può darsi che ci sia il patriarcato di TikTok dove non c’è posto per considerare: «Che pensieri soavi, che speranze, che cori, o Silvia mia!» nonostante i Canti di Giacomo Leopardi siano i più noti. Ma li recita chi ha nostalgia degli anni. Forse quei versi, come milioni di parole che hanno dato vita ai sentimenti, sono il primo antidoto. La nostra cultura non è quella descritta dal Pm di Brescia. Non è neppure quella urlata nei concerti dai trapper o che passa su YouTube. C’è stato un cortocircuito nei giorni dello sdegno. Elodie, un’icona della sinistra per bellezza e per ortodossia del politicamente corretto, sul palco di Napoli dove era insieme a Sfera Ebbasta – il rapper dai denti di diamante, 3,8 milioni di follower che gli valgono 200 mila euro al mese d’introiti – ha chiesto un minuto di silenzio per Giulia Cecchettin. Dopo ha afferrato il microfono e ha cantato i versi di Gionata Boschetti detto SB: «Sei soltanto mia, mai più di nessuno, odio chi altro ti ha avuta o fatta sentire al sicuro… per te vado in galera e se domani finisce è un problema».

Nicola Gratteri, capo della procura di Napoli, scandisce: «Questi crimini sono in larga misura determinati dall’abbandono dei giovani, alla cattiva educazione, e all’egoismo dei genitori: il patriarcato non c’entra». Luciana Litizzetto di rimando arringa dalla «9»: «Esiste una responsabilità collettiva che i maschi si devono assumere». Giusto. È forse quella cantata da Fedez, adorato come il paladino di tutti i diritti, che firma e interpreta questi versi: «Bitch, ogni giorno / non mi lasciano libero. / Le ordino da casa / come su Deliveroo. / Schiocco le dita, / arrivan in un secondo. / […] / Anche tua mamma è una mia ex. / Le piace bere a canna, / non vuole il bicchiere»; «Mangio queste tipe come M&M’s. / Museruola e collare. / Lei la tratto come un cane, / vuole che le faccio male». Non si sa se voglia prendere le distanze da sé stesso certo non ha ancora preso le distanze dai diritti d’autore. Federico Leonardo Lucia, poco meno di 15 milioni di seguaci incassa 18 milioni di euro all’anno.

Chi dovrebbe educare sentimentalmente gli studenti maschi magari spiegando Catullo («Se il mio bacio t’offende, se ti sembra un castigo, puniscimi anche tu: rendimi il bacio!») che ventuno secoli prima di Sfera Ebbasta aveva un’altra opinione di come portare avanti l’estasi d’amore o Dante Alighieri non arriva a 30 mila euro lordi l’anno, tredicesima compresa, se sta in cattedra al liceo classico. Ma tocca a lui, non a Fedez, raccontare l’amore secondo Dante e non solo quello del V Canto dell’Inferno – Paolo e Francesca – dove si descrive il più lirico dei femminicidi: «Amor condusse noi ad una morte: Caina attende chi a vita ci spense», ma quello della Vita Nova dove «Tanto gentile e tanto onesta par la donna mia…».

Certo Dante è un patriarca; della letteratura. Che oggi non fa più sospirare perché a scuola si fa di fretta, roba del Trecento, roba vecchia. La liberazione e comprensione sessuale emerge da versi come questi: «Guarda quella / come mastica la cicca. / Le fischio ogni volta / che passa di qui. / Vorrei prenderla da dietro / come in Assassin’s Creed». La firma prestigiosa è di Emiliano Rudolf Giambelli in arte Emis Killa da Vimercate, 180 mila «seguaci», che con afflato lirico a Milano s’accorge che ci sono «I ricchioni che si fanno in strada e vorresti ammazzarli, i fattoni che si fanno in strada coi soldi degli altri». Assai difficile metterlo in relazione con Saffo: «Esser morta vorrei veramente. Mi lasciava piangendo, e tra molte cose mi disse: “Ahimè, è terribile ciò che proviamo, o Saffo: ti lascio, non per mio volere”. E a lei io rispondevo: “Va’ pure contenta, e di me serba il ricordo: tu sai quanto t’amavo”». La differenza? Dei frammenti di Saffo si vendono meno di 100 copie all’anno.

Anche i numeri contano. Dice l’Istat che 9 milioni di famiglie su 26 sono composte da single: patriarchi di sé stessi. Ci sono il 10,7 per cento di famiglie con un solo genitore, le donne sole con figli sono 2,2 milioni, mentre i maschi soli con figli non arrivano a mezzo milione. Tra vent’anni avremo solo un quarto di famiglie con figli, 11 milioni di persone vivranno da sole su una popolazione di 54 milioni con oltre un terzo di over 65 anni. Continueranno i femminicidi? Il male non si estirpa per decreto, ma l’ultimo rapporto del ministero degli Interni (al 12 novembre) rivela: su 285 omicidi sono 102 le vittime donne, 82 uccise in ambito familiare/affettivo. Di queste 53 sono state assassinate dal partner o da un ex. Avventurarsi sul terreno della responsabilità collettiva è il miglior modo di analizzare e contenere questa barbarie?

Karl Popper, il creatore del paradosso della tolleranza in Cattiva maestra televisione, predicava che chi va in video dovrebbe avere una patente revocabile poiché la tv gioca sulle pulsioni. Oggi ci sono i social ed è sorprendente un sondaggio di Alessandra Ghisleri: il 78 per cento dei giovani tra 18 e 24 anni non ritiene che ci sia mancanza di rispetto verso le donne. Sempre la ricerca statistica di Euromedia Reserch dice che il patriarcato è indicato, dopo l’appello di Elena Cecchettin, causa dei femminicidi dal 31 per cento; i motivi preponderanti sono responsabilità individuali e messaggi mediatici. Da Vigoleno a Possagno ci sono 60 chilometri: lì, 230 anni fa, il genio Antonio Canova scolpì Amore e Psiche, ma oggi pare una distanza infinita.

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